Altro che istruttoria, altro che riflessioni. Michaela Biancofiore lo fa sapere ai lettori del Corriere, che forse avranno poco chiara la faccenda, visto che manca un riepilogo della notizia e pure la citazione del Fatto che l’ha data: i tempi sono stretti, anzi strettissimi. Mancano solo due settimane alla Giornata mondiale del cane in ufficio e per quella data, auspica la senatrice centrista, il nuovo regolamento dev’essere varato. Si lavori dunque alacremente per la libera circolazione degli amici a quattro zampe in Senato, al massimo con qualche paletto: saranno ammessi negli uffici ma non in Aula, in biblioteca o alla buvette; guinzaglio per cani e trasportino per gatti in entrata e in uscita dal palazzo; occhio vigile sulla pulizia.
Biancofiore è la testa d’ariete dei parlamentari animalisti e ritiene “inaccettabile” che i pets “possano entrare ovunque e non negli uffici di chi scrive le leggi”. Non sono ben chiari i confini del concetto di “ovunque” per la senatrice Biancofiore. “Saranno in tanti ad apprezzarla – dice ancora al Corriere – In Italia i possessori di animali domestici sono milioni”. Peccato che quella avanzata ai questori del Senato non sia esattamente una richiesta erga omnes. E peccato che non sia un diritto garantito per la stragrande maggioranza dei lavoratori, che si ingegnano per accudire cani e gatti nelle ore fuori casa. Diamo per scontato che il progetto della senatrice sia ben più ambizioso e che vorrà battersi per adeguare tutti i luoghi di lavoro a quelle “tantissime aziende private che già lo fanno”. Esistono fior fior di studi che calcolano l’aumento della produttività dei lavoratori che si fanno accompagnare dalla loro “coperta sul cuore” (copyright Biancofiore). Lo hanno capito in Google Italia, in Unicredit, da Purina. Pensate, può portare il cane in ufficio anche chi lavora da Elisabetta Franchi, quella che prende solo donne che “hanno fatto tutti e quattro i giri di boa”. Ma questa è un’altra storia, o forse no.