Quando lessi, giorni fa, del patrocinio della Regione Lazio, governata dalla destra, dato al Gay Pride che sfilerà a Roma sabato prossimo, devo ammetterlo: ebbi un trasalimento e mi sentii in un certo senso disorientato. Fu come se una imprevista ventata primaverile avesse scompaginato le mie convinzioni, tessere di un mosaico fino a quel momento ben salde e ordinate. Vedi, pensai, come è facile farsi ingannare dalla faziosità del partito preso? Quanto è sbagliato l’essere prevenuti a prescindere qualsiasi decisione promani dal potere per cui non hai votato?
Per effetto della salutare sorpresa mi sottoposi a un rapido esame di coscienza etico-politico. Chiesi a me stesso: come si fa a considerare tutto ciò che ha una matrice di destra come omofobo, discriminatorio, negatore dei diritti delle donne, avversario dell’orgoglio Lgbtq e della libertà di ciascun individuo tutelata dalla Costituzione? Perché tutto ciò che la destra promuove deve essere per definizione reazionario, retrivo, oscurantista, punitivo e, diciamolo, anche un po’ fascista?
Già immaginavo il fluido e illuminato governatore del Lazio, Francesco Rocca, sfilare insieme al popolo gay avvolto in una bandiera arcobaleno. E, perché no, sovrastato da una squillante parrucca bionda a significare quanto l’amore non possa essere represso dentro i più angusti confini ideologici.
Quando ebbi notizia delle vibrate proteste contro il patrocinio sollevate dall’associazione ProVita, antiabortista, nemica giurata delle cosiddette teorie gender, attivissima nella campagna per rendere reato universale la pratica della maternità surrogata (che loro chiamano utero in affitto) non dubitai. Ero convinto che il leonino Rocca avrebbe reagito con un’alzata di spalle rivendicando il diritto-dovere di una istituzione repubblicana come la Regione Lazio a perseguire i propri intendimenti, a non farsi condizionare dalle minacce di qualche conventicola di stampo medievale.
Non fu così, perché Rocca, in un battibaleno, si rimangiò il patrocinio e un pezzo della propria dignità. Mentre il suddetto si esibiva in penose piroette io ritrovai, per incanto, l’orientamento.
Le tessere del mosaico tornarono tutte ben salde e ordinate così come le mie convinzioni sull’immutabilità del pensiero vessatorio, e abbastanza vergognoso, della destra italiana.