I partiti? “Strutture vuote, macchine che fanno vivere i dirigenti”, provoca Albert Ogien, sociologo francese, direttore emerito del Centro studi dei movimenti sociali a Parigi, che su FQ MillenniuM in edicola da domani ragiona su politica e movimenti, con un occhio alla Francia delle proteste di massa sulle pensioni e l’altro all’Italia delle ribellioni sul clima e sulla pace.
Qual è lo stato della protesta in Francia?
La forza dei movimenti di protesta è fuori dai partiti. E non ha uno sbocco politico. Chi fa resistenza sono i partiti, strutture vuote e senza militanti. Alle persone non serve più entrarci per fare politica. Però hanno voglia di farla e si auto-organizzano. La loro forza è più grande di quella dei partiti.
Protestare è il solo modo per smuovere la società?
In Francia i partiti non hanno più militanti. Sono macchine che fanno vivere i dirigenti. È un fatto. Il numero degli aderenti è lo 0,5% della popolazione. Perché i media se ne occupano? In Italia succede con Renzi. Il peso che ha sulla politica è spaventoso. Penso, come sociologo, che la politica si faccia nella società e non per forza nelle istituzioni. Per esempio, su aborto, omosessualità, diritti delle donne, razzismo, sono stati decisivi i movimenti sociali. Bisogna che la società forzi il Parlamento a occuparsi di cose che sono importanti. Per questo è significativo che i giovani siano per l’ambiente. E visto che si è persa l’idea che andare a votare serva a qualcosa, la rivendicazione passa completamente al di fuori dei partiti.
L’obiettivo è il potere?
È una domanda che pongo. Quando arrivano al potere, sembra che non possano fare grandi cose. Però, non si può restare al di fuori del gioco politico. Per esempio il caso Elly Schlein è importante: vedere come un partito istituzionale può avere un discorso avanzato d’alternativa e che cosa succede se va al governo.
La democrazia è in crisi?
Ora c’è una fissazione sull’astensione, sul fatto che se c’è il voto, c’è la democrazia. Per fortuna, il sistema democratico è anche altro: delle istituzioni che fanno vivere lo Stato di diritto. La giustizia, la scuola, l’ospedale, i servizi pubblici: se funzionano, ce ne freghiamo dell’affluenza al 20%. Certo l’astensione dovrebbe allertare i rappresentanti: dovrebbero essere più umili e chiedere alle persone che rappresentano il parere su quello che rappresentano.
La sinistra rappresenta queste proteste?
C’è anche una crisi della sinistra. I partiti socialdemocratici si sono allineati al neoliberalismo e ora non possono venire a dire: votate per noi. All’epoca dell’elezione di François Mitterrand, il programma comune della sinistra era uno stravolgimento della vita. Ora i partiti propongono cose marginali. La destra non ha molte cose da cambiare, la sinistra non sa cosa fare tra l’essere anti-capitalista o essere per i diritti civili.
Cosa succederà in futuro?
Ogni Paese è diverso. Io penso molto alla guerra in Ucraina. Siamo come nel 1932, non per l’ideologia, ma per quanto riguarda l’incatenamento ridicolo di quello che è una guerra. In Italia siete molto forti sul pacifismo, lo apprezzo perché è uno dei rari Paesi dove ci sono delle manifestazioni contro le armi all’Ucraina e per la pace. E non lo vediamo da altre parti.