“La maggioranza degli italiani vorrebbe essere come me”, “grande amatore dell’altra metà del cielo” che può permettersi di avere sempre alla sua tavola “presenze femminili gradevoli”. Così diceva, mostrando ancora una volta l’affinità elettiva con gran parte del Paese e col pensiero dominante. Di Silvio Berlusconi e del rapporto tra i sessi, della sua concezione della donna e dei ruoli di genere, del velinismo fatto pensiero e politica, si è scritto per decenni. Ma “Berlusconi non l’aveva portato la cicogna”, come disse Ida Dominijanni nel suo bel libro Il trucco. Sessualità e biopolitica nella fine di Berlusconi. E le notti di Arcore, poi declinate nelle famose cene eleganti, andavano in onda – vedi il documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo, che fece il giro del mondo – su più reti, da almeno vent’anni. Fino a quando Patrizia D’Addario svelò per prima in diretta tv, ad Annozero di Michele Santoro, quanto fosse realtà il Bagaglino. Era il 2009. Vennero poi Ruby Rubacuori, Marysthell Polanco, Nicole Minetti, il bunga-bunga. Ma Berlusconi, a pensarci bene, non creò nulla. La mercificazione del corpo femminile non nasceva con le sue tv, lo scambio sesso-doni/denaro/carriera, non usava solo dalle parti di Palazzo Grazioli o di Arcore (a raccontarcelo sarebbe stato il #metoo). Fu in grado di interpretarla, la realtà: lo fece in modo strabiliante e sfrontato, prima con le sue televisioni e il suo immaginario, e poi con la sua politica. Ragazze desnude usate come ornamenti e necessarie “distrazioni”, da Drive-in ai programmi più disparati, dal meteo a Striscia la notizia al Grande Fratello, divenuti all’occasione uffici di collocamento. Candidate per le elezioni europee scelte tra veline e modelle avvenenti: “Mi domando in che Paese viviamo, come sia possibile accettare un metodo politico come quello che si è cercato di utilizzare per la composizione delle liste elettorali del centrodestra”, si chiedeva nella celebre lettera del 2009 l’allora moglie Veronica Lario. Era “il ciarpame senza pudore”, “le vergini che si offrono al drago per rincorrere successo e notorietà”. E per una strana alchimia, scriveva Veronica, il Paese “tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”. L’ordine non era quello del terrore ma del narcisismo, dell’onnipotenza. Soprattutto, di una certa “servitù volontaria”. Le “vergini” non erano vittime sacrificali ma facevano la fila e sgomitavano per far parte della corte (come dimenticare le intercettazioni delle giovani ospiti di Arcore…). I “servitori” erano un esercito di uomini e donne che dopo aver occupato posti chiave in partiti, istituzioni, tv e giornali, si prodigavano per chi portava più fanciulle e si facevano grancassa per le bugie e le “coperture” (da Ruby nipote di Mubarak, votata da 232 parlamentari la notte del 27 maggio 2010 – premier Meloni e presidente del Senato La Russa compresi – alla relazione con Francesca Pascale). E ad affrontare Berlusconi, a decretarne l’inizio della fine, non furono i suoi oppositori a cavallo, ma due donne umiliate e offese: Veronica Lario e Patrizia D’Addario.
Saltati i confini tra sfera privata e sfera pubblica, il corpo, il rapporto uomo-donna venivano a trovarsi, all’improvviso, nel cuore della politica, rimanendo impigliati nei vari risvolti pubblici – l’intreccio tra tv e politica, per esempio – o appiattiti sulla “questione privata”. Il vaso di Pandora era stato scoperchiato, ma dopo aver insistito sui pericoli per la democrazia si finì per spostare i riflettori in altre direzioni. Abbiamo la prima premier donna, è vero, ma oggi quanto possiamo dire di essere cambiati?
Berlusconi, sì, disvelò un’“autobiografia nazionale” e decenni di costruzione di un’immagine paternalista e sessualizzata della donna-oggetto, dalla velina alla “culona inchiavabile” per parlare di Angela Merkel. Ma del corpo delle donne né la politica né la cultura se ne sono occupati più molto. Che lo si consideri un maschio alfa o una vittima del suo machismo, nessuno può illudersi che, insieme al suo potere, con Berlusconi si eclissi l’immaginario sessuale che tutti noi abbiamo più o meno inconsapevolmente introiettato. Quel suo volto liftato e così invecchiato è la maschera di un sistema di valori e di ruoli che per molti, e molte, resta ancora gradito, “naturale”.
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