Con gli oltre 2°C di anomalia termica già raggiunti e il record di eventi climatici estremi registrato nel 2022, l’Italia si conferma come un Paese che soffre più di altri della crisi climatica. Per questo, è indispensabile e urgente accelerare la transizione ecologica, muovendosi decisamente verso la decarbonizzazione e aumentando la sicurezza energetica. A tal fine, nei prossimi sette anni bisogna installare almeno 10 GW di produzione elettrica da fonti rinnovabili all’anno (il triplo di quanto fatto nel 2022), puntare sulle comunità energetiche e, parallelamente, investire sull’innovazione e la ricerca. Una transizione ecologica “giusta” è possibile: l’efficientamento energetico può ridurre le bollette di imprese e famiglie, il taglio delle emissioni può abbattere l’inquinamento e i danni alla salute delle persone, politiche fiscali adeguate possono accelerare gli investimenti e solo nel settore elettrico si possono creare ben 540mila nuovi posti di lavoro entro il 2030.
Sono questi alcuni dei messaggi contenuti nel Policy Brief “Dieci raccomandazioni per la stesura del nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima”, presentato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) per contribuire alla predisposizione del Piano Nazionale Integrato Clima-Energia (PNIEC), che il Governo deve presentare alla Commissione europea entro il 30 giugno. Il Piano, da approvare in via definitiva entro un anno e dalla durata decennale, deve indicare in modo preciso target, scadenze, governance, monitoraggio e forme di finanziamento con cui l’Italia intende affrontare la crisi climatica attraverso politiche energetiche, fiscali e industriali capaci di ridurre le emissioni serra di almeno il 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, come stabilito dall’Unione europea.
“Mentre le temperature in Italia aumentano in misura maggiore rispetto alla media degli altri Paesi e gli eventi estremi crescono di numero e intensità, provocando enormi danni economici e sociali, alcuni pensano sia conveniente rallentare le politiche di mitigazione, sulle quali l’Italia è già in ritardo, soprattutto per quanto riguarda la conversione del sistema energetico. Si tratta di un gravissimo errore – ha affermato il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini. – Con l’attuale andamento, l’Italia non raggiungerà l’obiettivo di tagliare le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030, non aumenterà la sua sicurezza energetica e rischia di perdere le opportunità, anche occupazionali, derivanti dalla riconversione dell’industria, dell’edilizia, della mobilità e delle infrastrutture”. Giovannini ha ricordato, tra l’altro, che nel 2022 la produzione da rinnovabili in Italia è diminuita del 14,7% rispetto al 2021, anche per le conseguenze della siccità sulla produzione idroelettrica, e che l’anno scorso sono stati installati impianti eolici e fotovoltaici per soli 3 GW, a fronte degli 11 GW installati in Germania, 9 GW in Spagna e 5 in Francia.
La prima raccomandazione dell’ASviS riguarda la tempistica dal Piano, che va definito e reso operativo nei tempi stabiliti a livello europeo, così da fornire anche al settore privato la direzione strategica che si intende seguire. Il nuovo PNIEC deve inoltre essere coerente con il PNACC, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (oggetto di una recente pubblicazione dell’ASviS) e con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS), documenti che dovrebbero costituire la base per la stesura di una Legge sul clima, analogamente a quelle approvate da altri Paesi europei.
Il PNIEC deve definire in modo chiaro i ruoli e i compiti delle diverse istituzioni che fanno parte della catena decisionale, evidenziare gli ostacoli allo sviluppo delle rinnovabili e indicare come superare le attuali difficoltà, valorizzando la dimensione strategica delle comunità energetiche e dell’autoconsumo da fonti rinnovabili. Su questo punto, l’ASviS evidenzia che per sostituire tutti gli impianti fossili con pannelli fotovoltaici servirebbe una superficie pari solamente allo 0,7% del territorio nazionale, un decimo della superficie oggi edificata in Italia (fonte I4C) e ricorda che ben il 27% del territorio nazionale è privo di conflitti paesaggistici (fonte: Elettricità Futura) o con altri usi, uno spazio 40 volte più ampio di quello necessario.
Infine, ma non meno importante, è indispensabile che il PNIEC affronti le questioni legate all’innovazione tecnologica e all’investimento nelle nuove soluzioni. Attualmente, tutte le tecnologie per raggiungere gli obiettivi al 2030 sono disponibili sul mercato, mentre quelle necessarie per raggiungere la piena decarbonizzazione al 2050 non sono ancora del tutto provate e sviluppate. È importante che il PNIEC chiarisca le aree sulle quali il nostro Paese intende investire, come la ricerca sul fotovoltaico, sull’idrogeno “verde” e sulle smart grid.
Conclude Enrico Giovannini: “L’Italia è particolarmente esposta alle conseguenze negative del cambiamento climatico, ma allo stesso tempo ha le potenzialità per affrontarlo in modo positivo, cogliendone le opportunità per accelerare il percorso indicato dall’Agenda 2030 dell’Onu e degli obiettivi europei – ha concluso Giovannini. – Possiamo trarre dalla transizione ecologica grandi benefici a livello ambientale, sociale ed economico, costruendo un modello di sviluppo sostenibile che garantisca un benessere giusto nel presente e nel futuro, valorizzando le ricchezze del Paese, l’ambiente e il paesaggio, le persone, le competenze, il lavoro. Dobbiamo agire subito”.