Tutto comincia in un armadio milanese da cui saltano fuori tre fogli a protocollo. Sono piegati e ingialliti, ma il tempo è stato gentile: il contenuto è perfettamente leggibile, così come la firma dello studente che ha scritto quei compiti in classe, e il giudizio del professore. L’alunno del liceo Dettori di Cagliari si chiama Antonio Gramsci, il professore Vittorio Amedeo Arullani. L’armadio invece è di Francesco Scotti, partigiano, primo segretario della federazione comunista milanese e deputato all’Assemblea costituente: i temi di Gramsci probabilmente erano in suo possesso per via dell’amicizia con Carlo, il fratello più piccolo di Antonio. Lo scorso anno la famiglia Scotti li ha donati alla Fondazione Gramsci, che ne ha riconosciuto l’autenticità e ora li custodisce, in attesa che prendano posto nell’edizione nazionale degli scritti di Gramsci.
Ma questa storia i nostri lettori la conoscono già, perché i temi li ha pubblicati Il Fatto esattamente un anno fa, con il commento di Gad Lerner che li ha scoperti. Che c’è di nuovo, dunque? Che le idee, quando son buone, continuano a lavorare sottotraccia, scavano e restano lì, in attesa di venire rimesse in circolo. E allora questi tre temi sono diventati lo spunto per tornare a studiare il grande italiano: è nato così Il sogno di Gramsci, una lettura teatrale portata in scena da Gad Lerner e Silvia Truzzi con la regia di Simone Rota, che sarà in scena al teatro di Tor Bella Monaca di Roma il 16 luglio sotto il patrocinio della Fondazione Gramsci.
Il filo rosso dello spettacolo sono i compiti in classe del ragazzo prodigio, destinato a diventare uno degli intellettuali italiani più studiati al mondo dove compaiono, in nuce, alcuni capisaldi del suo pensiero. Non c’era Internet quando, anticipando le riflessioni dei Quaderni su “Americanismo e fordismo”, il giovane Nino, come lo chiamano in casa, riflette sul torto dell’età moderna, cioè l’avere disgiunto l’arte e la bellezza dalla vita comune: “Si permise che il popolo imbarbarisse in una ributtante volgarità, che piano piano s’infiltrasse la convinzione che noi moderni, pratici e spregiudicati, dobbiamo disprezzare tutto ciò che non interessa il nostro utile immediato; avvenne, se si potesse così dire l’americanarsi della vecchia Europa”. Un’intuizione straordinaria se si pensa che siamo nel 1911, in una Sardegna arretrata e poverissima, e si considera che l’autore ha avuto un curriculum scolastico frammentato, nonostante il buon rendimento: a scuola ci è andato a 7 anni per via della salute malferma (aveva contratto, in tenerissima età, una forma di tubercolosi ossea) e a 11 ha dovuto mettersi a lavorare perché la famiglia era precipitata nella miseria dopo l’arresto del padre.
Non per nulla quando Palmiro Togliatti si ritrova tra le mani i quattro componimenti liceali già noti prima di questi, li definisce “i primi colpi d’ali dell’aquila” che quel ventenne rivelerà di essere. Mentre grazie alla filigrana dei temi gli spettatori ritrovano nel prodigioso studente il futuro pensatore, si svela anche un Gramsci privato: il bimbo che scopre, con i corsari di Salgari e Robinson Crusoe, il gusto per la letteratura e l’esplorazione; il ragazzo appassionato di teatro e musica che non si perde uno spettacolo in piccionaia; l’uomo che a 31 anni trova finalmente l’amore in Giulia, la violinista che diventerà la madre dei suoi due figli; il deputato incarcerato dal fascismo per impedire al suo cervello di funzionare, che in cella scrive quel meraviglioso epistolario sentimentale – ai figli, alla moglie, alle sorelle e alla mamma – che sono le Lettere dal carcere.
“Occorre immaginare il corpo debole di un pigmeo e, su questo corpo, la testa di un Danton”: con questa fulminante immagine Sandro Pertini racconta Gramsci in una delle testimonianze audio – raccolte mezzo secolo fa da Mimma Paulesu Quercioli, nipote di Antonio – che gli spettatori potranno ascoltare insieme a molte altre. Dalla Sardegna alla Torino dei consigli di fabbrica, dall’Unione sovietica alla cella di Turi, filmati e rare immagini d’epoca ci accompagnano alla scoperta del Sogno di Gramsci, illuminando le radici di una sinistra da cui abbiamo ancora tanto da imparare.