Il prolungarsi della guerra genera sempre nuovi mostri, maschi alfa che dall’esibizione di brutalità traggono alimento al proprio potere e alla propria ricchezza. Arriva il momento che la ricerca del loro tornaconto di moderni soldati di ventura finisce inevitabilmente per strappare il velo della retorica patriottica, trasformando gli autocrati che li avevano assoldati in apprendisti stregoni. Il nazionalismo, del resto, oggi altro non è che un’ideologia artefatta: rivestimento della delirante avidità, smania di sopraffazione, degli autocrati stessi.
Potrebbe riassumersi così la vicenda dell’ammutinamento della Wagner: il cane Evgenij Prigozhin che morde la mano al padrone Vladimir Putin dopo aver accusato i comandi militari russi di non essere stati abbastanza spietati nel fare la guerra agli ucraini. Secondo Prigozhin bisognava seguire l’esempio di quell’altro mostro che è il ceceno Ramzan Kadyrov, capace di radere al suolo la capitale del suo Paese, Grozny, pur di averla vinta. Quindi di bombardare Kiev e Odessa fino a distruggerle, come la siriana Aleppo. Non è detto che non ci si arrivi se la guerra si prolunga senza che le parti in causa prendano in considerazione un cessate il fuoco. L’implosione del militarismo, la necessità di reclutare guerrieri mercenari per fare il “lavoro sporco”, il succedersi di imprevisti disastrosi (gasdotto, centrale nucleare, diga, devastazione ambientale) prima o poi, è fatale, sfuggiranno al controllo dei vertici. La “pugnalata alle spalle” della Wagner non sarà l’ultimo di questi imprevisti perché la guerra, oltre che generare mostri, alimenta il disordine. E l’escalation del conflitto non solo rischia di allargarla coinvolgendo altri Paesi, ma per l’appunto incrina la compattezza del fronte interno perfino di una superpotenza nucleare come la Russia.
Ciascun capobastone ha un esercito mercenario, prima che un popolo, da saziare. Putin ora deve fare i conti con questa dinamica disgregatrice, venuta meno la sua illusione di trasformare con una guerra-lampo l’Ucraina in Stato vassallo come la Bielorussia. Contrariamente a quanto da lui sostenuto, nei giorni scorsi il Cremlino non ha dovuto fronteggiare un pericolo di guerra civile (quelle le alimenta lui contro le minoranze nazionali dell’impero multietnico che sogna di far risorgere). È il suo monopolio della forza a finire nella centrifuga. Cercherà di correre ai ripari epurando inetti e traditori nei suoi vertici militari, come fece Erdogan in Turchia dopo il fallito golpe del luglio 2016. Varerà un’ulteriore stretta autoritaria, ma non è affatto detto che il suo richiamo alla disciplina funzioni anche con dei guerrieri che non combattono certo per nobili ideali.
La ribellione della Wagner, figlia della tendenza contemporanea alla privatizzazione degli eserciti professionali, dovrebbe suonare come un campanello d’allarme per tutti i leader che s’illudono di saper pianificare e contenere i conflitti militari. Vale anche, sul fronte opposto, in Ucraina, dove il governo si è sentito costretto a incorporare nelle forze armate alcuni famigerati battaglioni che hanno la medesima matrice di estrema destra di quelli nemici. Ma fenomeni simili stanno verificandosi anche in altri Paesi dove più radicata era la tradizione dell’esercito di popolo, benché imperniato su reparti altamente specializzati.
In Israele, pur di tornare al potere, il governo di Netanyahu ha dovuto concedere al suo alleato fanatico suprematista, Itamar Ben-Gvir, la costituzione di una Guardia Nazionale composta da suoi fidi che non promette niente di buono. In questi giorni la militarizzazione incentivata dei coloni nei territori occupati sta dando luogo a incursioni violente nei villaggi palestinesi che gli stessi vertici delle forze armate israeliane definiscono “atti di terrorismo”. E che godono però della copertura dell’estrema destra, la quale a sua volta accusa di tradimento l’establishment militare. Anche in Israele, dunque, più che il pericolo di una guerra civile, si affaccia lo spettro di una frattura incontrollabile negli apparati di sicurezza.
Del resto la Russia di Putin non è l’unica grande potenza che ha malauguratamente deciso di consentire l’allestimento di eserciti privati miranti al profitto, come la Wagner. In Occidente si adopera l’eufemismo contractor: professionisti della guerra, ben retribuiti, che per il momento non hanno acquisito né le dimensioni né il potere dei mercenari russi. Ma la tendenza pericolosa è quella. Al di là di ogni considerazione geopolitica, credo che oggi si comprenda meglio perché gli ucraini, russofoni e non, abbiano giustamente vissuto come una minaccia mortale l’invasione scatenata dal Cremlino, e facciano di tutto per resistere. Urge un cessate il fuoco, prima che sia troppo tardi e chissà quali altri Prigozhin vengano a insanguinare il suolo europeo.