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MELONI IN CONFUSIONE: DAL MES A SANTANCHÈ, UNA PREMIER SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI. Giorgia Meloni si mostra inquieta, sempre più spesso. Ieri lo ha dimostrato plasticamente, nell’intervento in Aula per informare gli onorevoli sulla linea del governo al Consiglio europeo che si è aperto oggi: la premier è ricorsa ai toni da comizio “patriottico” sbracciando e alzando la voce, attaccando frontalmente la Bce sul rialzo dei tassi e il commissario economico Gentiloni per la scarsa vigilanza sul Pnrr. In mattinata alla conferenza stampa di Bruxelles, prima della riunione dei 27, Meloni si è presentata senza i suoi fedelissimi (dopo le dimissioni del capo ufficio stampa Mario Sechi): né la segretaria Patrizia Scurti, né la portavoce Giovanna Ianniello hanno accompagnato la leader. Meloni però ha ostentato ottimismo per via dei 12 miliardi destinati ai migranti annunciati da Ursula von der Leyen. Per il resto, a Palazzo Chigi le grane abbondano, a partire dalla ratifica del famigerato Mes. È il Meccanismo europeo di stabilità, l’ex fondo Salva stati che aveva “strozzato” la Grecia. Il suo compito è prestare soldi ai Paesi in difficoltà in cambio di “riforme”: tagli alla spesa per risanare i conti. Meloni e Salvini lo hanno sempre bocciato, ma domani la legge di ratifica approderà in Aula. Oggi la maggioranza ha disertato la Commissione Esteri della Camera: il testo è passato con i voti delle opposizioni. Favorevoli Pd, Azione-Italia viva e +Europa, astenuti M5S e Alleanza Verdi-Sinistra. Meloni punta a rinviare il più possibile la ratifica del trattato, ma l’Europa preme. Ad agitare la premier c’è anche il caso Santanchè. Ieri la maggioranza ha approvato un ordine del giorno per punire le aziende – come Visibilia quando era amministrata dalla Pitonessa – che hanno beneficiato della Cassa Covid infrangendo le regole. Un avviso alla ministra, oppure un governo e una premier in confusione. Sul Fatto di domani vi racconteremo tutti le mine che tolgono il sonno a Giorgia Meloni, sempre più sola nella gestione del potere.
“COCAINA PER MICCICHÈ”: ARRESTATO A PALERMO IL PUSHER DEI VIP. DROGA&PALAZZI: I SEPOLCRI “IMBIANCATI” DELLA DESTRA. Proprio in un momento di particolare “nervosismo”, lunedì durante la giornata mondiale contro la droga, Meloni ha lanciato parole di fuoco contro i fautori della legalizzazione della cannabis e contro le serie tv che esalterebbero l’uso di stupefacenti. Il governo quest’anno ha finanziato un surreale spot tv con protagonista il ct della Nazionale Roberto Mancini che recita il messaggio: “Tutte le droghe fanno male, non esistono droghe pesanti o leggere”. Per gli esperti di sostanze e riduzione del danno, significa tornare indietro di decenni. Le cronache poi raccontano anche di un grande ipocrisia della politica rispetto a questo tema. A Palermo, stanotte, il gestore del ristorante Villa Zito, noto ristoratore dei vip siciliani (e pure chef per due Papi, ricordano le cronache) è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di spaccio. Cocaina, secondo gli inquirenti che hanno chiesto l’arresto di altre cinque persone (tra cui due fornitori di Di Ferro). Tra i clienti più conosciuti del ristoratore ci sarebbe anche l’ex presidente dell’assemblea siciliana e senatore di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, che non risulta indagato. Secondo le indagini la droga veniva fatta viaggiare a bordo delle auto blu della Regione Siciliana, con tanto di lampeggiante acceso, e veniva prenotata al telefono come fosse un tavolo del ristorante. “Ognuno di noi qualche errore nella vita lo ha fatto. L’importante è essere a posto con la propria coscienza”, ha dichiarato Miccichè. Di Ferro ad aprile era stato sorpreso a vendere cocaina anche a un altro ex funzionario della Regione. Sul Fatto di domani partiremo da questa vicenda per raccontare i tanti casi che hanno scoperchiato la diffusione della droga nei palazzi di potere. Nell’ipocrisia della politica.
SULLA DELEGA FISCALE TANTO RUMORE PER NULLA: SALTA QUASI TUTTO. Meno tasse sulle tredicesime per i dipendenti, mentre autonomi e piccoli imprenditori (tanto cari alla destra) potranno rateizzare gli acconti e i saldi nell’anno successivo. La commissione Finanze della Camera ha dato l’ok anche all’emendamento che mette in stand by la flat tax incrementale per i dipendenti. Il 10 luglio il testo approderà in Aula. Ma oltre alle mini-norme contenute, salta all’occhio quello che non c’è più nella tanto attesa delega fiscale: sparita la flat tax incrementale, niente stop immediato al superbollo e nemmeno quello alla tobin tax. In sostanza siamo alle solite: tra quello che vuole fare il governo e quello che fa effettivamente, la distanza è siderale. Sul Fatto di domani vedremo tutte le promesse mancate e quel poco che resta nella tanto sbandierata legge.
GUERRA IN UCRAINA: SUROVIKIN, LA FIGLIA DEL GENERALE NEGA IL SUO ARRESTO. WAGNER, STOP AI COMBATTIMENTI. MISSIONE DI ZUPPI, IL CREMLINO: NIENTE ACCORDI. La figlia del generale russo Sergei Surovikin ha smentito le notizie riportate dal Moscow Times e poi dal Financial Times sull’arresto del padre per un coinvolgimento nella rivolta di Prigozhin, capo della milizia privata Wagner. “Non è successo niente al comandante in capo delle forze aviotrasportate” ha detto Veronika Surovikin in un’intervista al media russo Baza. Al contrario, il Financial Times ha confermato l’arresto del generale russo citando tre persone a conoscenza della vicenda e inquadrando la mossa del Cremlino come “un giro di vite sui simpatizzanti della Wagner dopo il fallito ammutinamento della milizia la scorsa settimana”. Sul Fatto di domani leggeremo altri particolari. Il generale Sergei Surovikin non appare in pubblico da sabato scorso. Il New York Times, citando fonti anonime dell’intelligence americana, ha riferito che Surovikin era a conoscenza della rivolta di Wagner. E a proposito della milizia armata che dal 2014 è stata schierata nelle repubbliche separatiste – quando ancora Mosca faceva finta di disconoscerla – e poi in modo evidente durante il conflitto, specialmente sul fronte di Bakhmut, si apprende che non parteciperà più agli scontri. Il presidente del comitato di Difesa della Duma, Andrey Kartapolov, ha reso noto che Prigozhin non ha firmato il contratto con il ministero della Difesa, ricordando che già prima della rivolta, avvenuta alcuni giorni fa, il ministero della Difesa aveva chiesto “ai gruppi che svolgono compiti di combattimento di firmare un contratto. Tutti hanno accettato. Tranne Prigozhin”. Infine, domani leggeremo anche della missione del cardinale Zuppi, inviato speciale di Papa Francesco per un dialogo di pace tra Kiev e Mosca. Zuppi ha incontrato Maria Lvova-Belova, la commissaria russa per i diritti dei bambini. Belova, che assieme al presidente Putin è colpita da un mandato d’arresto internazionale per deportazione e trasferimento illegale di bambini dall’Ucraina alla Russia, ha riferito sul suo canale Telegram di avere parlato con Zuppi di questioni relative ai diritti dei bambini. Il Cremlino: al momento nessun accordo. Nell’agenda di Zuppi anche un confronto con il patriarca Kirill, il capo della chiesa ortodossa russa che è un sostenitore dell’ “operazione speciale” in Ucraina.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Scioperano i dipendenti delle basi militari Usa. Gli addetti italiani delle basi militari Usa hanno aderito in massa alla prima giornata di sciopero indetta da Fisascat/Cisl e Uiltcs/Uil per protestare contro il taglio del personale in servizio a Vicenza e per lo stallo delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale collettivo, fermo dal 2021. Un presidio si è svolto stamani anche davanti alla base americana di Camp Darby, tra Pisa e Livorno.
Francia, 40 mila agenti schierati per sedare la rivolta delle banlieue. Dopo l’uccisione del 17enne Nahel a Nanterre da parte di un poliziotto, martedì, durante un controllo stradale, oggi pomeriggio si è tenuta una “marcia bianca” chiamata dai familiari del ragazzo per protestare contro la morte ingiusta. Alla conclusione del corteo si sono registrate tensioni con le forze dell’ordine. C’è attesa per la notte, dove le violenze rischiano di esplodere come nelle due precedenti. Il governo ha annunciato che schiererà un totale di 40.000 tra poliziotti e gendarmi, di cui 5.000 soltanto a Parigi e in banlieue.
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Le confessioni del narcoboss camorrista Imperiale: “Ai miei pagavo pure la quattordicesima”
di Vincenzo Iurillo
Pomeriggio del 22 novembre dell’anno scorso. Raffaele Imperiale, il camorrista stabiese che è stato tra i più ricchi e potenti narcotrafficanti del mondo, detenuto a Rebibbia dopo più di un decennio trascorso a Dubai tra alberghi di lusso inimmaginabili per chi vive di stipendi e di lavori onesti, guarda negli occhi il magistrato di Napoli che lo ha accompagnato nella decisione di pentirsi, il sostituto procuratore Maurizio De Marco. “Ero stanco, dottò. Ero stanco di fare il latitante. Ero pronto a scappare, avevo i passaporti per la Turchia, ma ero veramente stanco”. Il pm, otto anni di esperienza in Dda ad inseguire gli assassini della faida di Scampia, pare mostrare empatia verso l’interlocutore. “Ogni volta che la vedo, la vedo più sereno”. Imperiale gli affida le sue riflessioni: “Mi sono tolto da un peso, da una responsabilità”.
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