ASCOLTA – 11:36. La strage del Morandi
“Immagina se venisse fuori che i Benetton si sono distribuiti 200 milioni di euro nel momento peggiore della loro vita. Sarebbe devastante, no?”. È il 4 febbraio 2020 e a parlare è Ermanno Boffa, marito di Sabrina Benetton. Boffa parla dei dividendi stellari che non si sono interrotti nemmeno dopo la strage di 43 persone, dopo il crollo del Ponte Morandi di Genova. Questo è uno degli audio esclusivi che potrete sentire ascoltando “11:36”, un podcast del Fatto Quotidiano (musiche originali di Ruben Esposito), ascoltabile da oggi sul sito del Fatto, su Spotify e sulle maggiori piattaforme. Un podcast che, a cinque anni di distanza, ricostruisce quei fatti attraverso le voci degli stessi protagonisti: le intercettazioni inedite, le testimonianze di familiari delle vittime, sopravvissuti e sfollati, il ricordo dei soccorritori e di chi ha lanciato allarmi inascoltati, la cronaca del processo che vede oggi imputate 59 persone, tra cui l’ex ad di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci.
Pochi eventi hanno una portata tale da trasformarsi in memoria collettiva: chiunque ricorda dove fosse in quell’esatto istante, le 11.36 del 14 agosto 2018. Da quel momento prende corpo una storia complessa e terribile: per i pm i report sulla sicurezza erano falsificati, per consentire di massimizzare i profitti e tagliare i costi. Un contesto aziendale che secondo il consulente di parte civile Paolo Rugarli produce “una catastrofe alla Chernobyl”. Tutto questo mentre lo Stato non controllava. Aspi si “autocertificava” la sicurezza del viadotto, come dice Gianni Mion, manager dei Benetton – appaltando i controlli a una sua società, Spea, che per Mion era “una banda di lazzaroni”. Non si può però capire questa vicenda senza ricostruire l’intreccio tra politica e affari, rimasto fuori dal processo: “Mandavano i ciechi a fare i controlli – dice Paolo Berti, uno degli imputati intercettati – e quello là è il presidente Costa, che mangiava il panettone insieme a noi”. Il riferimento è a Paolo Costa, ex ministro del governo Prodi, che ha privatizzato le autostrade e si è ritrovato tra il 2011 e il 2020 a fare il presidente di Spea. Arruolare pezzi di Stato era una prassi dei Benetton e racconta bene il fenomeno che l’avvocato di parte civile Raffale Caruso definisce “un caso scuola di cattura del regolatore”. Il finale di questa storia è amaro: dopo aver minacciato la revoca delle concessioni, lo Stato si è ricomprato Aspi, per oltre 8 miliardi. Un classico delle privatizzazioni all’italiana: i profitti ai privati, i debiti alla collettività.