Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio, querela Mario Natangelo. Per l’ormai nota vignetta pubblicata sul Fatto Quotidiano il 20 aprile scorso, che trattava della “sostituzione etnica” evocata da suo marito, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Una vignetta che scatenò un putiferio politico e addirittura provocò la reazione della stessa premier, con un lungo post sui social. “Se qualcuno pensa di fermarci così, sbaglia di grosso”, tuonò la presidente del Consiglio. E ancora: “Si colpisce una persona che non ricopre incarichi pubblici colpevole solo di essere mia sorella”. “Una replica solerte, mentre per commentare i fatti di Cutro ci mise sette giorni”, scrisse il nostro vignettista sui suoi canali social.
Natangelo per quella vignetta è stato sottoposto a un procedimento disciplinare da parte dell’Ordine dei giornalisti, con attacchi molto duri da parte del presidente Carlo Bartoli, e del segretario di Stampa Romana, Paolo Tripodi, salvo poi essere archiviato, con tante scuse, il 20 giugno scorso. “Il fatto era reale, la frase del ministro sulla natalità aveva suscitato interesse (…). I tratti e le parole usate non erano offensive né insultanti (…). Natangelo, con la sua matita satirica, ha esercitato il proprio diritto di critica senza superare i limiti (…). Per questi motivi il collegio archivia l’esposto presentato con votazione all’unanimità”, scrive il consiglio di disciplina dell’Odg. Nessuna offesa ad Arianna Meloni, dunque, ma tutto secondo il sacrosanto diritto di satira, che evidentemente nel mondo politico e giornalistico a qualcuno sfugge.
Parole ben diverse da quelle pronunciate, due mesi prima, da Bartoli, secondo cui si è trattato di “una vignetta in cui il diritto di satira cede il posto a un contenuto sessista e disgustoso”. E di quelle di Tripodi, per il quale “coinvolgere la moglie di un ministro con battute sessiste lede i principi deontologici della professione giornalistica”. Tanto che fu lo stesso Ordine del Lazio ad aprire un procedimento che poi, come si è visto, è stato archiviato all’unanimità. Ora, invece, arriva la querela di Arianna Meloni, sorella di Giorgia, protagonista della vignetta in questione.
Ma che per la satira sia un momento complicato lo dimostrano anche gli attacchi subiti da Riccardo Mannelli per la vignetta pubblicata in prima pagina sul Fatto il 26 marzo scorso, protagonista questa volta la giornalista Francesca Mannocchi e le sue opinioni sulla guerra in Ucraina. La definizione “cranio impoverito” riferito alla cronista scatenò un bel po’ di polemiche e attacchi al nostro quotidiano, dal mondo politico ma soprattutto giornalistico. “Prima stavano tutti con Charlie Hebdo. Oggi c’è una compagnia di giro che da decenni gironzola per le tv, sempre gli stessi. Due cose mi fanno imbestialire. La prima è l’ignoranza e la cialtroneria di chi dà per scontato che l’arte satirica debba coincidere con umorismo o comicità. La seconda è dire: non mi fa ridere. Ma la risata è una delle espressioni più intime della persona umana”, sostenne Mannelli in un’intervista a Tommaso Rodano.
Qualche giorno prima il circo politico-mediatico aveva invece cannoneggiato Francesco Federighi per una caricatura di Elly Schlein a corredo di un ritratto della segretaria del Pd da parte di Pino Corrias. Una Schlein, secondo le invettive, disegnata con naso troppo adunco, quindi strizzando l’occhio all’antisemitismo. Naso adunco che avrebbe avuto pure Volodymyr Zelensky in una vignetta di mesi prima, questa volta da parte di Vauro. “Sono i dittatori che ingaggiano pittori di corte per farsi il ritratto autorizzato. Dove la stampa è libera, i potenti vengono sbeffeggiati dalla satira e dalla sua forma più bonaria: la caricatura. Ovvero un ‘ritratto che, senza abolire la rassomiglianza con la persona, ne accentua in modo ridicolo o satirico i tratti caratteristici (Treccani)’”, scrisse Marco Travaglio a difesa di Federighi. Aggiungendo che “qualche gigante del pensiero tira in ballo l’antisemitismo per via del nasone che la titolare, più spiritosa dei servi sciocchi, definisce ‘etrusco’”. Andando ancor più indietro, Mannelli venne ferocemente criticato anche per una vignetta su Maria Elena Boschi. Mala tempora currunt per chi fa satira, sui giornali e pure in tv.