Fermi tutti: nell’anno record del turismo, quello in cui già da marzo gli operatori avevano iniziato a prospettare un sorpasso sui numeri del 2019 (il precedente anno record) l’alta stagione non sta andando come previsto. Anzi, sta andando peggio del 2022, primo anno del rimbalzo post Covid (rimasto però comunque sotto i livelli visti prima della pandemia). Il dato inatteso sta emergendo a macchia di leopardo ormai da qualche settimana, e non riguarda solo le regioni, come Sicilia ed Emilia-Romagna, colpite da eventi estremi tra giugno e luglio. Tanto che ieri la ministra Daniela Santanchè ha ammesso che c’è “qualche flessione” ma dovuta “anche al cambiamento dei turisti, degli italiani. Non siamo più legati agli anni 70-80 quando le vacanze erano per la maggioranza nel mese di agosto”.
I dati sono parziali e preliminari, e variano da meta a meta. Gli allarmi più forti arrivano dalla Puglia (-20%) e dalla Toscana (con l’isola d’Elba a -10% sul 2022), ma flessioni del 5-10% negli stabilimenti balneari si sono registrate un po’ ovunque, dalla Liguria alla Sardegna, al Friuli-Venezia Giulia. Questi cali si aggiungono a quelli registrati, nella Riviera romagnola, nella Sicilia colpita dagli incendi e dal blocco parziale dell’aeroporto di Catania e in Basilicata dove le principali linee ferroviarie sono ferme per manutenzione. Il 1º agosto è arrivata la stima di Assoturismo-Confesercenti: per questo mese sono stimate 82 milioni di presenze turistiche (cioè notti dormite) presso le strutture ricettive italiane, circa 7,6 milioni in più dello scorso luglio, ma 800mila in meno rispetto ad agosto 2022. Una battute d’arresto, visto che nei primi sei mesi si erano registrati livelli superiori allo scorso anno.
Assoturismo se lo spiega con “l’alluvione in Romagna avvenuta proprio in un periodo chiave per le prenotazioni straniere” o anche per via di “Caronte e l’ampio risalto che la stampa internazionale ha riservato all’ondata di caldo in Italia”. Ma è evidente che il problema centrale sono i prezzi in crescita: secondo gli ultimi dati disponibili, raccolti a marzo dalla European Travel Commission, l’inflazione è la prima preoccupazione dei turisti europei (24%), seguita dalla propria situazione finanziaria (17%). Costi aumentati anche in funzione del boom registrato nella prima parte dell’anno, con b&b e hotel 3 stelle a 500 euro a notte da Roma a Gallipoli, prezzi di voli, traghetti, lettini e ombrelloni schizzati verso l’alto. Tanto che il calo riguarda soprattutto il turismo interno e che in particolare nel caso della Puglia si misura con il record di partenze in traghetto verso l’Albania per passare le vacanze. Sulle cronache locali gli operatori non lo nascondono, notando come in sempre più luoghi, da Sorrento (dove viene denunciato un -40%) alle Marche, le presenze si concentrino nel weekend. “C’è meno gente, siamo attorno a un -20%, perché le famiglie si sono accorte che hanno meno disponibilità di spesa e i nodi vengono al pettine”, dichiarava già alla fine di luglio Leandro Pasini di Federalberghi Cesenatico al Resto del Carlino. “Mancano all’appello soprattutto i turisti italiani, su cui pesano molto i rincari dei carburanti e la ridotta capacità di spesa”, diceva Fabiola Materozzi di Confagricoltura Toscana, a commento del crollo del 30% delle presenze negli agriturismi della regione. Calo che comunque non riguarda le città d’arte, nota Giuseppe Roscioli di Federalberghi Lazio, per il quale su Roma “va tutto bene”, seppur le permanenze degli italiani sembrino farsi più brevi. Tiene invece il turismo straniero, in crescita ancora del 4-5% sul 2022, e anche il settore del turismo del lusso, con un ritorno massiccio degli americani.
Un qualche ruolo lo gioca anche l’aumento delle temperature, che ormai da anni sta rendendo più appetibili periodi dell’anno, fino a pochi anni fa meno battuti: il ponte pasquale è stato il più turistico di sempre in Italia, e probabilmente accadrà lo stesso in autunno. E i cambiamenti nel mondo del lavoro, che da tempo rendono le ferie estive meno garantite per molti. Presto dunque per tirare somme, ma la frenata inattesa avrà un impatto indubbio. Lo ha detto ieri anche Santanchè: destagionalizzare, tenere aperto più a lungo, dimenticare la concentrazione in estate. Una trasformazione che impone investimenti nuovi e diversi, un cambio nei rapporti di lavoro (sempre meno stagionali) e negli schemi che hanno funzionato per decenni.