Non esistono eventi “sostenibili” in spiagge o siti naturali. Lo vediamo quotidianamente leggendo le tristi notizie che arrivano da ogni parte d’Italia: fratini morti a causa dei rumori assordanti dei concerti in spiaggia, dune spianate per fare spazio a gare di motocross o per piazzare le batterie dei fuochi d’artificio, esercitazioni militari in mare.
Per questo motivo, esattamente un anno fa, Marevivo ha lanciato la petizione “No ai grandi eventi su spiagge e siti naturali” che ha superato le 65.000 firme, per chiedere al Governo di introdurre leggi che vietino la realizzazione di tali manifestazioni, pubbliche e private, ludico-sportive o culturali, specialmente all’interno di aree protette e limitrofe, ma anche in spiagge naturali o semi-naturali che, pur essendo soggette a carico antropico, rimangono un importante serbatoio residuale di biodiversità. Eventi e spettacoli che possono e devono essere ospitati nei luoghi storicamente deputati al loro svolgimento, come stadi e arene.
A questo appello, lanciato con ENPA, LAV e Sea Shepherd, si è unito nei mesi scorsi anche il Coordinamento Italiano Tutela Ambienti Naturali dai Grandi Eventi (C.I.T.A.N.G.E.), formato da oltre cinquanta associazioni nazionali, regionali e locali, con cui Marevivo ha scritto al Ministro dell’Ambiente per sollecitare un intervento immediato.
I Criteri Ambientali Minimi CAM, introdotti a fine 2022, che regolamentano gli eventi pubblici e vietano l’utilizzo delle spiagge per questi eventi, dovrebbero, intanto, essere applicati anche agli eventi privati, soprattutto quando questi si svolgono sulle aree del Pubblico Demanio, spesso accordate a canoni di locazione irrisori in confronto al lucro che viene prodotto e, soprattutto, ai danni ambientali spesso irrecuperabili che vi si arrecano. A causa, infatti, di una contestata e singolare norma regionale, è affidata proprio ai Comuni – maggiori beneficiari di simili iniziative – la competenza per procedere alla valutazione della documentazione depositata dall’organizzazione, con palesi incongruenze rispetto a questioni rilevanti come quella ambientale.
Le attività di cui leggiamo costantemente i dettagliati programmi si svolgono tutto l’anno e spesso paradossalmente nel periodo di nidificazione di fratini e tartarughe Caretta caretta. Le due specie, che sono a rischio di estinzione, per vivere e riprodursi hanno bisogno della spiaggia, perché è qui che depongono le uova e lo fanno da migliaia di anni. Tutte le coste italiane, sabbiose o rocciose che siano, subiscono già normalmente una forte pressione antropica; i grandi eventi aggravano notevolmente il loro già precario stato di conservazione, diventando fonte di grave disturbo per la fauna selvatica.
A dare una grossa spinta alla trasformazione di spiagge in palcoscenici pericolosamente suggestivi è stato Lorenzo Cherubini che, con i suoi Jova Beach Party, dal 2019 al 2022 ha consentito la presa d’assalto dei litorali di tutta la penisola da parte di decine di migliaia di persone. Come era prevedibile, sono seguiti a catena eventi dalle conseguenze altrettanto disastrose, come le gare di motocross organizzate nel corso del 2022 e 2023 in molte regioni d’Italia, le manifestazioni golfistiche in zone protette, dove sono stati eseguiti lavori di pulizia meccanica e spianamento, fino al concerto in Emilia-Romagna di Bruce Springsteen, che ha arrecato seri danni al parco pubblico Bassani di Ferrara – il cui ripristino ambientale è a carico della collettività – in pieno periodo di nidificazione per l’avifauna. Per non parlare del Cous Cous Fest – Festival internazionale dell’integrazione culturale, in programma a settembre a San Vito Lo Capo, in un lembo di terra circondato da due riserve naturali, con il mega concerto finale in spiaggia. Peccato che a non essere integrato sarà proprio l’ambiente che, però, è entrato di diritto nella nostra Costituzione.
Qualcosa non torna! Quello che non tutti sanno è che l’organizzazione di simili manifestazioni porta inevitabilmente all’abbattimento di alberi e allo spianamento di dune per la creazione di palchi e parcheggi, al pesante calpestio che compromette il prezioso ecosistema dunale, protetto da Direttiva habitat o, ancora, all’inquinamento acustico e quello da smog che disturbano la fauna diurna e notturna.
La pulizia post-evento non basta di certo a ricostituire l’equilibrio della flora preesistente, così come i presunti “ripristini” ambientali non possono ricreare artificialmente quanto la natura crea spontaneamente e sedimenta in anni. Inoltre, notevoli quantità di piccoli rifiuti, tra cui plastica, mozziconi e carta, rimanendo nella sabbia finiscono in mare, rappresentando una minaccia reale per gli animali che lo abitano, ed entrano poi nella catena alimentare umana.
Queste manifestazioni, oltre al gravissimo danno ambientale (e dunque anche erariale), rappresentano momenti di alta disinformazione per i cittadini di cui si fanno “complici” Enti e Istituzioni nel momento in cui abdicano al loro ruolo educativo e di amministrazione delle leggi italiane e delle Direttive comunitarie.
Piccoli passi avanti sono stati fatti, dal momento che alcuni sindaci illuminati, nonostante la contestazione di locali e turisti, hanno recentemente vietato l’utilizzo di mezzi meccanici per la pulizia dei lidi o per la realizzazione di concerti, dimostrando di avere a cuore l’ambiente. Ma la strada da percorrere è ancora lunga.