Cronaca di un flop. E di un enigma chiamato Jacobs. Budapest, giovedì 17 agosto 2023, quartier generale della Puma, azienda tedesca che sponsorizza, tra molti fuoriclasse dell’atletica leggera, anche Marcell Jacobs, l’inatteso campione olimpico dei 100 metri ai Giochi di Tokyo 2021. Due anni dopo quel clamoroso successo, solo briciole di piccola gloria, pochissime gare, tanti sospetti, molte polemiche.
Marcell si presenta ai Mondiali ungheresi con il 200esimo tempo dell’anno, a questi campionati 50 iscritti alla gara hanno fatto meglio di lui. Dichiara ai giornalisti che “corro oltre il dolore, ma questo Mondiale voglio portarlo a casa, è l’unico trofeo che mi manca”. Nessuno gli crede. Neanche lo sponsor che lo ha presentato, guarda caso, come The Mistery Man. Definizione ambigua. Avvalorata da un dettaglio abbastanza significativo: sul murale celebrativo della Puma non c’è il suo ritratto, mentre spicca quello di Gianmarco Tamberi. Come mai?
Sponsor stizzito perché Jacobs non ha corso quasi mai? L’alibi di Marcell è la precarietà della sua salute. I malanni lo perseguitano da sempre, “ho avuto troppi infortuni, l’ultimo, una lesione al nervo sciatico che mi bloccava anche la schiena”. Tuttavia, aggiunge: “Ora sono qui”. Certamente è ai Mondiali per onorare pure l’oneroso contratto. Si presenta ai blocchi di partenza nell’ultima batteria di sabato 19 agosto. Acchiappa per il rotto della cuffia l’accesso alla prima semifinale, piazzandosi terzo. Lento: 10”15. Il giorno dopo finisce quinto, pur migliorandosi sensibilmente: 10”05. Fuori dalla finale per quattro centesimi: “Potevo non venire, ci ho messo la faccia”.
Aveva corso, prima di Budapest, un solo 100 metri, a Parigi, il 9 giugno, raccattando un desolante 10”21. La faccia, semmai, l’aveva persa due mesi fa, “ma stavo davvero male”. Jacobs rimpiange di non avere avuto “un mese di più nelle gambe”. Confida: “Certo che rosico…”. Sarò pronto per la staffetta, promette. In Federazione la lunghissima telenovela di Jacobs è stata vissuta dapprima con ansia, poi con qualche perplessità. I mugugni si sono irrobustiti, eccome. In discussione è la gestione assai indipendente del suo team guidato da Paolo Camossi. Però, dopo Tokyo, Jacobs ha avuto due stagioni illuminate dalle luci del titolo mondiale indoor sui 60 metri nel 2022, e da quello dei 100 europei.
Quest’anno, invece, spicca la sconfitta agli Europei indoor, battuto da Samuele Ceccarelli; soprattutto le incertezze derivanti dagli acciacchi e dagli infortuni. La controprestazione di Parigi, lo scorso giugno, ha allarmato il mondo della pista. E rialimentato speculazioni che già avevano fatto clamore due anni fa: quando un “underdog”, per rubare la citazione alla premier Meloni, ruba la scena all’élite degli sprinter mondiali, e conquista la medaglia più ambita, quella che ti trasforma in eroe nazionale e in mito dello sport, ti devi aspettare che a qualcuno non vada giù e che si scateni l’ambaradan della calunnia.
Adam Kilgore, gran reporter sportivo del Washington Post (e premio Pulitzer), fu il più lesto a inzigare: “Prima del 2021 Jacobs non aveva mai corso i 100 in meno di 10”03, un tempo che non lo avrebbe qualificato per la finale dei Trials. Eppure, oggi solamente dieci uomini hanno corso più veloce di lui nella storia”. Nel maggio del 2021 per la prima volta scende sotto i 10 secondi. A luglio fa 9”84 nella semifinale olimpica e 9”80 in finale. Migliora incredibilmente di 20 centesimi in tre mesi. Una crescita “improvvisa ed esponenziale” che rivoluziona le leggi biologiche… Il Times è perfido. Scrive che delle 50 migliori prestazioni mondiali, se si escludono le 14 di Bolt (sempre pulito ai controlli), ben 32 furono frutto di velocisti poi beccati dall’antidoping. L’incredulità non basta.
L’Équipe va oltre. Si sofferma su un nutrizionista (ed ex culturista) condannato e poi assolto per doping, coinvolto nel 2019 in un’inchiesta per traffico di ricettari e anabolizzanti, esercizio abusivo della professione medica e ricettazione, segnalando che Jacobs l’avrebbe frequentato sino al marzo 2021.
È la sorte di chi si ritrova “solo contro tutti”, di chi era un signor Nessuno o quasi e d’improvviso si ritrova al centro del mondo. L’emancipazione (a livello di sponsor e di ingaggi extrasportivi) produce stress supplementari, e per essere in grado di competere a livello planetario occorrono risorse e strutture adeguate, meno, diciamo così, “artigianali”. Il problema non riguarda solo Jacobs. Ma tanti altri atleti di grande potenzialità in mano a team familiari. Una soluzione che rischia di deflagrare. L’Italia dell’atletica sperava infatti a Budapest di confermare Tokyo, seconda solo agli Usa. Impresa ardua.