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Scuola Valditara: stupirà, a fronte del quasi totale silenzio sul tema, sapere che neanche questo governo è immune all’affanno del comparto dell’istruzione a cui siamo comunque da decenni abituati. Gli storici problemi della scuola sono lì e se possibile, dopo quasi un anno di gestione all’insegna del “Merito”, si sono pure calcificati. E tra dimensionamento, classi pollaio, concorsi in ritardo e caro libri, la scuola sta sempre peggio, gli allarmi si moltiplicano e sarà sempre più difficile ignorarli all’avvicinarsi della prima campanella.
Dimensionamento.
Sono appena iniziati i mesi difficili per le Regioni che dovranno ridimensionare il numero delle istituzioni scolastiche come previsto dalla legge di Stabilità, che fissa a 961 il numero minimo di alunni. Quelle che hanno presentato le loro proposte devono vedersela con i territori, quelle che non l’hanno fatto dovranno verificare ed eventualmente contestare la decisione presa dal ministero stesso. Già la nascita del decreto non aveva tenuto conto della conferenza Stato-Regioni, ora se ne avvertono le conseguenze. Secondo la Cgil, ad esempio la Puglia potrebbe perdere 58 scuole, per lo più al primo ciclo, e in generale ci saranno circa 3mila dirigenti scolastici in meno. A Terni, i gruppi consiliari del Pd e del M5S hanno promosso una interrogazione per tutelare il diritto allo studio dei ragazzi della città, che potrebbe perdere una scuola sulla decina in tutta la regione. Ma non solo. In Campania il numero delle istituzioni scolastiche passerà da 950 a 820, con una riduzione del 16 per cento in media. Nella provincia di Benevento, ad esempio, si arriverà a sfiorare il 25 per cento. “Chiediamo sicuramente delle deroghe e il mantenimento invece di istituzioni scolastiche e di autonomie – ha spiegato qualche giorno fa Eva Viele della Flc Cgil – soprattutto nelle aree dove il venir meno del presidio scolastico, seppur presente ma privato dei centri dirigenziali e amministrativi, non potrà che avere riflessi negativi per le comunità locali”. Nel Salernitano si stimano 36 scuole con reggenze, nel Reatino dieci istituti su 26 non avranno preside. A Teramo è il presidente della Provincia a chiedere alla Regione un ripensamento. Proteste destinate ad aumentare.
Classi Pollaio.
Altra faccia della medaglia, le sempiterne classi pollaio nonostante il calo demografico e nonostante gli impegni presi anche in ambito Pnrr. Ne parlano i dirigenti scolastici e i sindacati. Il trend è sempre lo stesso perché le norme sono invariate: un minimo di 27 studenti per classe alle superiori, il che crea situazioni critiche soprattutto nelle grandi città. Verosimilmente, insomma, poco cambierà. L’anno scorso 2.459 classi prime della secondaria superiore su 25.026 (parliamo quindi quasi del 10 per cento) avevano tra i 28 e i 32 alunni per classe, in aumento rispetto agli anni precedenti.
Ritardo assunzioni.
Molto probabilmente non si arriverà in tempo al 2024 per l’assunzione di 70mila insegnanti come previsto dal Pnrr e come si declama da tempo. Al punto che il governo ha chiesto a Bruxelles una proroga di due anni: in mezzo ci sono infatti due concorsi da avviare e l’avvio dei percorsi abilitanti. La conferma è arrivata qualche settimana fa dal responsabile scuola della Lega, Mario Pittoni, che ne ha parlato a Orizzonte Scuola: “È stata formalizzata la richiesta a Bruxelles di spostare di due anni la scadenza della fase transitoria prevista nel 2024”.
Agende e Invalsi.
E mentre prende forma l’Agenda Sud, il piano del ministro che coinvolge 150 scuole meridionali selezionate dall’Invalsi per sperimentare tempo pieno e didattica innovativa, l’istituto che è promotore delle periodiche e contestate verifiche della preparazione degli studenti, viene bacchettato dalla Corte dei Conti per la gestione 2019-2022: “Il 65% delle risorse stanziate per lo svolgimento delle prove omonime è stato destinato alla remunerazione di servizi esternalizzati, con il ridotto concorso delle professionalità interne. Il dato relativo al 2022, pari a 7.240.235 euro, è in aumento e indica una programmazione non orientata all’efficiente utilizzo delle risorse assegnate”. Anche qui, vecchia storia.
Nord bistrattato.
A tutto questo si aggiunge il problema dei docenti che non vogliono spostarsi dalla loro residenza, complice anche il caro vita, soprattutto al Nord. A mostrarlo è stato l’esito della cosiddetta “call veloce”, l’iter che permette di essere assunti con una via più rapida se si accetta di andare a coprire uno dei posti messi a disposizione, spesso in un’altra regione, senza attendere l’esito della graduatoria. In Emilia-Romagna, ad esempio, solo 17 docenti su 2137 hanno accettato la cattedra lontana dalla propria provincia mentre in in Lombardia su oltre 2.600 posti disponibili sono stati circa cento le richieste di immissione. Pesano caro vita e stipendi non adeguati all’inflazione, nonostante il rinnovo del contratto. L’Italia resta ancora agli ultimi posti rispetto alla media Ue per i salari della scuola.
Sostegno e posti vuoti.
E così, da Nord a Sud è già allarme per l’avvio dell’anno scolastico senza tutti docenti in cattedra, mentre i numeri parlano chiaro per la difficoltà mai risolta degli insegnanti di sostegno: sono meno delle richieste e cambiano ogni anno a discapito della continuità. Nel 2022-23, dei 186.205 docenti di sostegno, soltanto 80.672 avevano un contratto a tempo indeterminato. Sei alunni su dieci, secondo le associazioni che hanno anche scritto al ministro nelle scorse ore, non avranno lo stesso docente. Con la beffa. In Calabria, ad esempio, insegnanti di ruolo e specializzati sul sostegno non potranno rientrare nella loro Regione perché l’Ufficio Scolastico regionale e le maggiori sigle sindacali hanno siglato un accordo “basato – dicono – su una interpretazione della norma che ci danneggia” e che dà la precedenza ai precari, facendo finire i fuori sede dietro in graduatoria nonostante il ruolo. L’ufficio scolastico ha spiegato “di aver applicato legittimamente la normativa” e che “non ci sono margini per agire diversamente”.