Negli ultimi anni, le grandi multinazionali dell’agribusiness e del settore delle biotecnologie hanno silenziosamente e progressivamente lavorato per apportare modifiche alle normative sugli OGM in tutto il mondo, rafforzando il loro controllo sul sistema alimentare globale.Oggi gli effetti di questi processi sono arrivati anche in Europa.
Lo scorso 5 Luglio la Commissione Europea ha presentato una proposta per escludere buona parte dei nuovi OGM, ovvero organismi geneticamente modificati attraverso le nuove tecniche di editing genetico, dalle normative oggi in vigore, le quali prevedono l’obbligo di tracciabilità, etichettatura e valutazione del rischio per i prodotti dell’ingegneria genetica.
Attraverso questa proposta, i prodotti ottenuti con l’editing genetico contenenti fino a 20 diverse modifiche genetiche, sarebbero considerati “equivalenti” a tutte le piante e prodotti convenzionali, senza necessità di esplicitare o dichiarare la loro natura di organismi geneticamente modificati.
OGM di seconda generazione
Nel corso degli ultimi cinque anni, le nuove tecniche di editing genetico, denominate con un ampio ventaglio di nuovi acronimi, dalle NBT (New Breeding Techniques), alle NGT (New Genomic Techniques), alle TEA (Techniques of Assisted Evolution), si sono insinuate nelle normative vigenti in diversi Paesi, per aggirare le restrizioni ed i controlli esistenti in materia di biosicurezza previsti per gli OGM.
Secondo le grandi aziende che operano nel settore, siccome queste tecniche non prevedono l’inserimento di un DNA estraneo attraverso la transgenesi, non possono essere considerate equivalenti alla prima generazione di OGM e possono quindi essere regolamentate come colture, microrganismi e animali convenzionali.
Una questione di biosicurezza
Come dimostrato da numerosi studi e ricerche indipendenti tuttavia, l’editing genetico non è così preciso, sicuro o sostenibile come sostiene l’industria. Il processo, considerato nel suo complesso, induce centinaia di mutazioni indesiderate in tutto il genoma della pianta. Questo può influenzare molteplici funzioni geniche con conseguenze sconosciute alla biochimica delle proteine e all’attività metabolica.
Abbiamo già visto come le promesse di sicurezza alimentare, sostenibilità e adattamento ai cambiamenti climatici che hanno giustificato in passato l’utilizzo di prodotti chimici altamente tossici, gli OGM e l’espansione senza limiti delle monocolture, siano state altamente disattese.
Considerando le conseguenze devastanti già causate dal sistema alimentare industriale in termini di inquinamento ambientale, perdita di biodiversità, destabilizzazione del clima e distruzione delle piccole economie rurali, sono ben poche le ragioni per credere che lo scenario sarà diverso per quanto riguarda le nuove tecniche di editing genetico. Specialmente se i soggetti da cui sono sostenute e promosse sono gli stessi che hanno alimentato per decenni un modello agricolo di sfruttamento e disastro ecologico.
L’esclusione di questi prodotti dalle normative sulla tracciabilità, sull’etichettatura e la mancanza di ricerche indipendenti sulla loro reale sicurezza per la salute umana e ambientale, lascerebbe i consumatori e gli agricoltori all’oscuro sul tipo di OGM rilasciati in natura, sui rischi legati alla loro diffusione e sui danni ecologici e/o sanitari che possono causare, violando direttamente il principio di precauzione a tutela dei diritti dei cittadini, degli agricoltori e dell’ambiente.
Sovranità alimentare sotto attacco delle multinazionali
La carenza di ricerche approfondite sulla salubrità, oltre che sugli effetti di lunga durata di questi prodotti sull’ambiente, lede il diritto il diritto fondamentale dei popoli ad un cibo sano e sicuro e favorisce la centralizzazione dei sistemi alimentari a svantaggio dei sistemi agroalimentari locali.
La vera posta in gioco è un ulteriore processo di appropriazione e controllo da parte delle imprese non solo del nostro sistema alimentare, ma di tutti i sistemi viventi. In questa nuova “bioeconomia”, l’obiettivo delle aziende del biotech e dell’agritech è far sì che l’editing genetico e l’ingegneria biologica diventino il principale strumento di produzione e lavorazione di tutto il materiale naturale, riducendo la produzione agroalimentare ad un sistema artificiale di brevetti esclusivi e licenze.
L’avvento di queste nuove tecnologie sta consentendo alle aziende di brevettare specifiche sequenze genomiche aggirando le fondamenta delle attuali norme in materia di biosicurezza, stabilite dalla Convenzione sulla Diversità Biologica e dal Protocollo di Nagoya.
Cosa sta accadendo in Europa?
Le prime reazioni da parte della società civile non hanno tardato ad arrivare. In Italia, La Coalizione Italia Libera da OGM si oppone a questa prospettiva, chiedendo agli Europarlamentari italiani e al governo “di schierarsi contro questa proposta in tutte le sedi, anche in ossequio alle due sentenze già emesse dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e alle posizioni contrarie già dichiarate da Austria e Germania. Le NGT sono equivalenti agli OGM, pertanto devono essere regolamentate come OGM. I produttori devono essere tenuti a valutare il rischio, garantire la tracciabilità lungo tutta la filiera e indicare le modifiche genetiche in etichetta, a salvaguardia delle persone e dell’ambiente”.
Il desiderio di controllare tutto ciò che è vivente e la costituzione stessa degli esseri viventi, è un attacco alla diversità e alla vita. La diversità è alla base della vita sul pianeta ed è l’unico antidoto che abbiamo per creare resilienza ecologica, sanitaria e climatica.
Le nuove tecnologie di editing genetico continuano a spostare l’attenzione dalle reali alternative che possono guidare la rigenerazione ecologica. Le soluzioni risiedono nella creazione di sistemi ecologicamente integrati, basati sulla biodiversità, sulla cura e su una scienza che comprenda e rispetti le interconnessioni tra la vita e la natura.