Fino al 2004, quando venne approvata la legge “salva coste” – che impose come misura di salvaguardia l’inedificabilità dei territori entro i due 2 chilometri dalla battigia – la distruzione della nostra isola sembrava inarrestabile.
Con la successiva emanazione del piano paesaggistico – approvato sotto la direzione del grande Edoardo Salzano – la dichiarazione della fascia costiera come bene d’insieme e l’inedificabilità per le aree più a rischio fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici, il pericolo appariva definitivamente scongiurato.
Ma non fu così. Subito iniziarono i ricorsi per ottenere l’annullamento del piano. Respinto quello alla Corte costituzionale ne arrivarono centinaia davanti ai giudici amministrativi, che ne confermarono legittimità e impianto. Ci fu addirittura un referendum popolare abrogativo, fallito per il mancato raggiungimento del quorum.
Nel frattempo, le procedure per l’adeguamento dei piani urbanistici al Ppr, subirono un rallentamento protraendo l’efficacia delle norme di salvaguardia, che difesero i beni comuni sino al varo del primo “Piano casa”, introdotto nel 2009 dalla nuova maggioranza politica, eletta con il compito di smantellare definitivamente il Piano paesaggistico regionale.
Vennero sospese tutte le misure di protezione vigenti ammettendo persino la realizzazione di nuove opere all’interno dei 300 metri dalla linea di battigia.
Le deroghe introdotte dal Piano casa si applicavano fino all’approvazione dei nuovi piani urbanistici adeguati al Ppr e solo pochi sindaci virtuosi rinunciarono a tale “vantaggio”, completando l’adeguamento degli strumenti urbanistici.
Dieci anni fa ci fu persino l’approvazione di un nuovo Ppr che rimase in vigore solo alcuni mesi e recepì tutte le disposizioni del Piano casa, cancellando ogni tutela.
L’allora presidente della Regione, sulla stessa linea dell’attuale, intervistato dalla Nuova Sardegna dichiarò che “se oggi si vuole fare un intervento di rilevanza strategica è necessario levare alcuni vincoli. Ma non solo. All’interno di quel processo di revisione c’è anche il recepimento dei progetti strategici previsti dal Piano casa che richiedono una attenzione straordinaria e un approccio multidisciplinare”. “Progetti strategici” che pare valgano 50 milioni di metri cubi. Come diecimila palazzi di sei piani. Un nuovo capoluogo di oltre 200 mila abitanti sparpagliato lungo le coste della Sardegna. Progetti che, a quanto pare, aspettano ancora di essere realizzati, nonostante le ampie deroghe concesse abbiano già consentito la distruzione di molte aree tutelate dal Ppr.
Il Piano casa spacciato per Piano paesaggistico, totalmente illegittimo, venne annullato l’anno successivo dalla nuova maggioranza, ma il tentativo di demolizione del Ppr “ripristinato” è proseguito inesorabile e senza soste.
Le disposizioni “straordinarie” del Piano casa, inizialmente previste per un anno e mezzo, sono state integrate e prorogate per quattordici anni, incuranti delle solenni bocciature sancite dalla Corte costituzionale per la continua violazione delle norme di tutela, salvate dal Giudice delle leggi.
L’ultima appena l’anno scorso. La Corte, con la pronuncia 24/2022, ha ribadito il valore di bene paesaggistico d’insieme della fascia costiera, che si estende ben oltre i 300 metri tutelati dalla normativa statale, rimarcando che “la legge regionale, consentendo interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, trascura l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica, e così danneggia “il territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale”.
A parere della Corte, inoltre, “è proprio l’indefinito succedersi delle proroghe, ancorate all’entrata in vigore di una nuova legge regionale sul governo del territorio o a termini di volta in volta differiti, che interferisce con la tutela paesaggistica”.
In questo quadro si inseriscono le nuove disposizioni in via di approvazione da parte dell’attuale consiglio regionale. Evidente il palese tentativo di aggirare le prescrizioni della Corte costituzionale, con dichiarazioni di principio opposte alla solita prassi seguita. “Ci siamo posti come obiettivo quello di riqualificare e pianificare per indirizzare meglio le volumetrie con una idea di Sardegna precisa, tarata su uno sviluppo duraturo e sostenibile”, ha dichiarato in aula l’Assessore degli Enti locali. La solfa è sempre la stessa, uno sviluppo duraturo e sostenibile garantito da milioni di metri cubi di cemento. Come se il fallimento di simili soluzioni non fosse già sotto gli occhi di tutti. Unica differenza il fatto che mentre sinora per ottenere gli incrementi volumetrici era necessario non adeguare i piani urbanistici al Ppr, dopo l’approvazione delle nuove disposizioni avverrà il contrario, i comuni con l’adeguamento otterranno il recupero del 25% della capacità volumetrica cancellata dalla legge salva coste.
L’illegittimità di tutta l’operazione è palese, al fine di garantire un incremento delle costruzioni, si modifica una legge nata per eliminare le volumetrie allora previste e “salvare la costa”.
Una riqualificazione al cemento, per realizzare nuovi alberghi a 5 stelle o superiori e “garantire il riequilibrio tra la funzione residenziale e quella alberghiera”, anche all’interno della fascia costiera, dichiarata inedificabile dalla medesima legge in cui s’inseriscono tali disposizioni. Visto che si è concesso di realizzare un numero illimitato di seconde cose, dunque, deve essere concessa la costruzione di un altrettanto numero di alberghi. In un’isola in cui le strutture esistenti non raggiungono la piena occupazione neanche due mesi l’anno e la pressione antropica, nel periodo estivo, rende invivibili le aree costiere. Una follia. Ma non è tutto. L’incremento del 25%, delle volumetrie può essere utilizzato anche per le strutture ricettive già esistenti, persino in area vincolata, unico limite il rispetto degli indirizzi applicativi che l’Assessore dell’urbanistica emanerà, previa condivisione con il Ministero della Cultura. Ecco la nostra speranza. Dall’organo di tutela ci aspettiamo la difesa e l’applicazione rigorosa delle norme paesaggistiche che vietano ogni edificazione nelle aree vincolate, in modo che non si avveri la triste profezia di Cederna e la nostra isola sprofondi sotto il peso del cemento.