Olimpiadi invernali

Cortina 2026, troppe lentezze e milioni per l’opera a un passo dal flop

La realizzazione della pista da bob è ancora ferma al palo: burocrazia e normative inefficienti per ottenere una assegnazione lampo dal comitato olimpico per uno sport con pochi praticanti

Di LIBERALinsieme
11 Settembre 2023

Sui ritardi che mettono a rischio le olimpiadi invernali di Cortina 2026, puntiamo il dito sul nuovo Codice appalti voluto dal ministro Matteo Salvini. Dopo aver elaborato costi e benefici del grande progetto, vogliamo mettere in luce gli strani meccanismi della gara andata deserta nonostante l’appuntamento sportivo di livello internazionale sia alle porte e la presentazione sia avvenuta in pompa magna già quattro anni fa, nel 2019.

In particolare, non si può non evidenziare la questione dello “Sliding centre Cortina”, la pista olimpica per lo svolgimento delle gare di bob e slittino. Essa è stata ideata in vista delle olimpiadi invernali del 2026, che sono state assegnate già dal 24 giugno 2019 a Milano e a Cortina. Quest’ultima, in particolare, si era candidata come sede della competizione sportiva con un documento di ben 127 pagine, redatto con cura e tempismo. La fretta nel proporsi come sede del contesto internazionale, però, non si coniuga bene con quello che è successo poi perché tutto si è trascinato per tempi troppo lunghi e secondo noi ingiustificabili.

Il primo è stato per la convocazione della Conferenza dei Servizi finalizzata al nulla osta all’opera da parte del Commissario di governo Luigi Valerio Sant’Andrea, solo 42 mesi dopo l’assegnazione, il 18 gennaio 2023. Lungaggini cui se ne assommano altre, inspiegabili come le prime. Secondo Mauro Boccato, nostro vicepresidente, “non si coniugano bene la cura nel presentare il progetto e la lentezza nella procedura di gara, bandita solo il 28 giugno scorso, 47 mesi dopo la presentazione, e scaduta il 31 luglio in assenza di concorrenti”.

Poi ci sono i costi e i tempi: preventivati euro 81.610.000 (di cui 79milioni circa per lavori soggetti a ribasso e 2milioni di oneri per la sicurezza), con un cronoprogramma preciso di 807 giorni, 2 anni e 3 mesi dalla data di assegnazione della gara . Scadenze non rispettate mentre si avvicina pericolosamente la data del 15 novembre, stabilita per lo svolgimento dei test-event olimpici funzionali all’omologazione dei requisiti tecnico-sportivi dell’impianto da parte del CIO e delle federazioni nazionali e internazionali.

Ad oggi mancano sempre meno giorni all’apertura dei giochi olimpici. Il tempo scorre veloce mentre il grande assente è lei: l’impresa che realizzerà l’opera. A conti fatti e documenti alla mano, interpretiamo la scarsa trasparenza di tutta l’operazione come un modo per scoraggiare la partecipazione alla grande operazione che nemmeno una cordata di imprenditori bellunesi si è sentita di affrontare ritenendo i tempi troppo stretti per un lavoro così grande. Perché questo è il motivo per cui la gara è andata deserta. Per il nostro vicepresidente Mauro Boccato “l’importo per i lavori non è congruo e i tempi effettivi per l’esecuzione dell’opera ormai sforano i tempi indicati nel cronoprogramma: ciò sarebbe stato un deterrente per le imprese che rischiavano di iniziare i lavori e non poterli finire anche a causa di una insufficiente copertura economica”.

Chiediamo chiarezza anche sulla parte economica. L’importo (81 milioni),dichiarato nel bando di gara, infatti, non è lo stesso di cui ha parlato pubblicamente il governatore Zaia (100-120 milioni). Per tutto questo parliamo di una soluzione “in casa”, di un bando lento a partire, poco chiaro, poco appetibile perché “già si sa a chi deve essere affidato” . La risposta arriverà presto. Il nuovo codice degli appalti voluto da Salvini (dlgs 36/2023), permette alla stazione appaltante di assegnare con trattativa privata i lavori ad una ditta scelta in una rosa di tre. Sarà la negoziazione d’urgenza (ora permessa con il nuovo codice), a rendere “appetibile” una operazione che finora non lo è stata per nessuno.

Una “candidatura forzata”, quindi, per realizzare un’opera che non era neanche indispensabile, considerati gli strascichi economici lasciati dalle precedenti esperienze di olimpiadi invernali: Torino 2006 (un debito di 3 miliardi), Montreal del 1976 per la realizzazione del palazzo del ghiaccio (poi mai utilizzato perché il tetto non reggeva il peso della neve), e il costo fu del doppio rispetto al budget iniziale, 770 milioni di dollari, e finanziato con un bond a 30 anni. Uno studio fatto da ricercatori dell’università di Oxford ha rilevato uno sforamento medio del budget iniziale del 172% in tutte le edizioni delle Olimpiadi dal 1960 al 2020.

Concludiamo con una domanda in cui sembra essere implicita la risposta, sempre con le parole del nostro vicepresidente: “Vale la pena di spendere, in un paese oppresso dai debiti e colpito da calamità climatiche, un importo di oltre 120 milioni di euro per un impianto laddove in Veneto ci sono 22 iscritti a tale disciplina?”.

Ti potrebbero interessare

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.