In Italia – La scorsa settimana è cominciata con un caldo ancora estivo e anomalo su tutto il Paese: martedì 12 settembre temperature massime di 34 °C a Ferrara e Foggia e 35 °C a Decimomannu (Cagliari), valori oltre media di 7-10 °C. In seguito l’anticiclone nord-africano si è incrinato al Centro-Nord, a favore di correnti umide da Ponente che hanno riportato nuvolosità varia e rovesci e temporali a intervalli a partire dal Nord-Ovest (mercoledì sera allagamenti e alcune frane a Vado Ligure, Savona), mentre il Meridione restava in gran parte al sereno e talora sopra i 30 °C. Oggi nuovo rinforzo del promontorio nord-africano con punte tra 35 e 38 °C in Sardegna.
Il Cnr-Isac colloca l’estate 2023 ottava tra le più calde dal 1800 con un’anomalia di 1 °C a livello nazionale. I ghiacciai alpini, già reduci da un inverno poco innevato, ne hanno di nuovo sofferto: le misure eseguite giovedì 14 settembre dalla Società Meteorologica Italiana al ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso) hanno rivelato perdite medie di spessore glaciale di due metri e mezzo, tra le peggiori in una serie di 32 anni di osservazioni che ora ne fa un “ghiacciaio di riferimento” del World Glacier Monitoring Service, insieme ad altri 49 ghiacciai di diverse catene montuose del mondo. Ieri al “Meteo Museo Edmondo Bernacca” di Fivizzano (Massa-Carrara) si è tenuto un evento in memoria del carismatico pioniere della divulgazione della meteorologia in Italia a 30 anni dalla sua scomparsa.
Nel mondo – Dopo aver colpito Grecia, Turchia e Bulgaria, il ciclone mediterraneo “Daniel” ha assunto alcune caratteristiche simili ai suoi cugini tropicali avvicinandosi alla Libia, dove è approdato domenica 10 settembre scatenando uno dei più gravi disastri meteo-idrologici mai avvenuti tra Europa e Nord Africa. Piogge torrenziali fino a 414 mm in 24 ore (più della media annua che è di circa 300 mm!) si sono riversate sulla fascia costiera della Cirenaica e hanno determinato catastrofiche alluvioni specie a Derna, qui con il contributo del collasso di due dighe il cui pericoloso degrado era stato denunciato l’anno scorso da uno studio dell’università libica di Sebha. Un quarto della città è stato spazzato via in mare, e il bilancio delle vittime, accertate o disperse, è dell’ordine delle ventimila.
Di fronte a tanta distruzione impallidiscono i pur notevoli effetti delle alluvioni in Giappone e nello stato caucasico della Georgia, nel Sud della Cina e nel Massachusetts, nonché le piogge, i venti e le inondazioni costiere dell’uragano atlantico “Lee” che ieri, benché indebolito a “tempesta tropicale”, ha interessato il New England (Usa) e la Nova Scotia (Canada). Oltre a quella di Copernicus, ora anche tutte le altre serie indipendenti di temperatura globale – Nasa, Noaa, agenzia meteorologica giapponese, Berkeley Earth – confermano l’agosto da poco concluso come il più caldo a scala secolare nel pianeta. Settembre è lanciato sullo stesso stile, complice – tra le altre – l’ondata di calore tardivo in Europa che ha portato un record per il mese di 32,2 °C a Stoccarda e 30 °C in Lituania, lì mai registrati così avanti nella stagione (13 settembre).
L’edizione 2023 del rapporto Onu United in Science indica che, giunti a metà del tempo a disposizione per rispettare l’Agenda 2030 (definita nel 2015) e i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, siamo fuori strada, poco si è fatto per ridurre le emissioni serra e la crisi climatica galoppa. Ma tutto il sistema-Terra è in sofferenza: secondo l’aggiornamento dello stato dei nove limiti planetari di sicurezza per la sopravvivenza nostra e degli ecosistemi (articolo Earth beyond six of nine planetary boundaries, su Science Advances), ben sei sono ormai superati, tra cui i livelli di gas serra, l’integrità della biosfera e dei cicli di azoto e fosforo. È come se due terzi delle spie nella strumentazione di bordo lampeggiassero in rosso: l’aereo sta per precipitare, ma equipaggio e passeggeri se ne fregano.