Il saggio

Donne con le palle: quando un modo di dire rovina l’esistenza (anche degli uomini)

Cosa rispondere? - Laura Nacci e Marta Pettolino Valfrè analizzano 25 frasi fatte con cui cresciamo e che ci condizionano la vita alimentando i cliché. Ma le due autrici offrono anche molte soluzioni linguistiche alternative

Di Laura Nacci e Marta Pettolino Valfrè
20 Settembre 2023

Quante volte abbiamo sentito dire di una donna che “ha proprio le palle!”; o che le donne “non sanno fare squadra”; e quante volte il nervosismo viene associato al ciclo mestruale? Laura Nacci, linguista, studiosa e docente di temi legati alla gender equality in ambito professionale, e Marta Pettolino Valfrè, giornalista, docente universitaria ed esperta di comunicazione e di linguistica cognitiva, dedicano agli stereotipi un illuminante volume da far leggere nelle scuole. Che palle ‘sti stereotipi! 25 modi di dire che ci hanno incasinato la vita (da ieri in libreria per Fabbri Editori) analizza, con un linguaggio semplice e diretto, le frasi fatte con cui cresciamo e che ci condizionano la vita alimentando i cliché. Ma le due autrici offrono anche molte soluzioni linguistiche alternative. Ne pubblichiamo uno stralcio tratto dal primo capitolo.


Hai proprio le palle!

Hai due coglioni così!

Sei una con le palle!

Abbiamo deciso di iniziare proprio da queste espressioni perché è con loro che è emersa l’idea di questo libro. Ci siamo raccontate come nelle lezioni che abbiamo tenuto in contesti aziendali, ma anche universitari, troppo spesso sentivamo modi di dire che volevano essere un complimento, ma che in realtà non lo erano affatto. Espressioni rivolte di frequente a donne, ma contenenti attributi maschili.

Anche a noi sono state spesso dette frasi come: “Sei proprio una donna con le palle!”, comprendendo a pieno l’intenzione dell’espressione, ma sentendola al contempo non appartenente a noi e vuota di significato.

Quando spieghiamo in aula che è un’espressione sessista, subito dopo arriva il commento: “Ah, ok Prof, allora dobbiamo dire ‘Una donna con le tette!’ (o ‘ovaie’)?”. E adesso cosa c’entrano le tette? Tralasciamo il fatto che la differenza tra un uomo e una donna, volendo sbilanciare la cosa al femminile, non sta in quello, concentriamoci sulla questione fondamentale: perché il coraggio deve essere associato a un organo sessuale e di genere?

Le metafore che collegano mente e corpo si possono certamente usare e molte sono decisamente efficaci. Pensiamo “Mi Rodo dalla bile” o “Ho un travaso di bile”. La bile è necessaria alla nostra digestione e così, metaforicamente, possiamo associarla anche alla difficoltà nel digerire determinate situazioni. Sappiamo che per il coraggio possiamo far riferimento al fegato. Avrai di certo presente l’espressione: “Hai un gran fegato”. Per i Greci era proprio il fegato la sede della forza e del coraggio. È un organo capace di rigenerarsi da solo e ricopre un ruolo fondamentale per il corpo umano: lo purifica da sostanze nocive, è essenziale per nutrire le cellule e funziona come deposito di sostanze di emergenza che tira fuori solo quando ne abbiamo bisogno. È coraggio questo? Potremmo anche interpretarlo così, e tutti noi abbiamo un fegato non di genere.

Il parallelismo tra corpo e mente è molto utile solo se questo parallelismo funziona.

I testicoli nulla hanno a che vedere con il coraggio, anzi, a ben pensare rappresentano il lato più vulnerabile dell’uomo, fisicamente parlando. Volendo complimentarci con una persona che ha dimostrato coraggio, le diciamo che ha un punto debole e pure ben visibile. Ci avevi mai pensato? Allora perché usiamo proprio le palle come sinonimo di coraggio?

Be’, perché c’è stato qualcuno molto abile a farci credere che quella è la sede della forza, dell’audacia e del valore di una persona. Ci ha fatto credere che la sessualità ha a che fare con caratteristiche molto apprezzate dall’intero genere umano e che naturalmente la possono avere solo i maschi. Perché sono loro quelli coraggiosi. Non solo perché hanno le palle, ma anche perché a loro è concesso metterle in mostra. Il coraggio non ha nulla a che fare con il sesso biologico ed ecco perché anche le tette e le ovaie non c’entrano nulla.

Ma cosa succede a livello mentale se continuiamo a parlare così?

Succede che inconsciamente continuiamo a pensare, e ci convinciamo sempre di più, che il coraggio sia una prerogativa esclusivamente maschile. Questo pregiudizio danneggia sia gli uomini sia le donne. Gli uomini perché, avendo di serie il kit del coraggio, quella roba lì la devono avere per forza. Per cui, gli uomini che si sentono poco performanti, poco coraggiosi o, peggio ancora, che si mostrano vulnerabili, sempre o solo qualche volta, allora non sono veri uomini. Quante volte abbiamo sentito dire: “Quello non è un vero uomo” solo perché non ha calzato alla perfezione lo stereotipo del maschio? Etichette, e ancora etichette, che fanno male a tutti. Un uomo resta un uomo e resta unico anche se vive delle situazioni in cui non gli sembra di avere le palle.

Per le donne funziona in un modo molto simile.

Loro non possono avere geneticamente le palle per cui una donna non può scientificamente avere coraggio. È contro natura. E quelle che, in rare occasioni, lo dimostrano allora sono l’eccezione e ci sentiamo in dovere di dirglielo, come a sottolineare che sono diverse da tutte le altre: loro hanno le palle! omg sono degli omg! (Oh, My God,sono degli Organismi Modificati Geneticamente!).

Questo a livello sociale influenza le persone per tutta la loro vita. Le donne sono più abituate a ricoprire ruoli di medio o basso rilievo a livello di prestigio, dal momento che sono state educate a stare un passo indietro, perché meritano cose meno visibili e soprattutto meno individuali, perché la carriera è per uomini e perché la paura di sbagliare e di non essere all’altezza è sempre in agguato soprattutto per l’educazione stereotipica ricevuta.

Comporta anche che le donne, che non si sentono uguali allo stereotipo che viene abbinato all’essere donna, si sentano spesso sole, o peggio ancora, diverse. Perché magari non vogliono avere dei figli o formare una famiglia, o perché non si sentono particolarmente accudenti o sono stanche di essere giudicate con il metro della gentilezza, o perché vogliono ricoprire ruoli prestigiosi e fare carriera, o anche solo perché hanno voglia di altre cose non contenute nella descrizione di genere femminile. Del resto, quando nasciamo lo facciamo urlando la nostra presenza, ma poi ci insegnano a stare composte e a fare esattamente quello che la società si aspetta da noi. E dalle donne la società si aspetta che siano dolci, gentili, accudenti e non determinate e coraggiose. E così diventiamo. Pur di essere accettate. Tanto che quando incontrano “qualcuna con le palle”, la ammiriamo ma poi sottovoce molte (non tutte per fortuna!) si ripetono che quella donna è troppo maschile, aggressiva, per nulla femmina.

E cosa succede agli uomini se non si sentono di rientrare dentro lo stereotipo di determinazione e coraggio? Semplice, loro non sono uomini!

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