“Leggendo il vostro articolo ho deciso di chiedere un appuntamento ufficiale all’ambasciatore ucraino in Italia”. Carla Garlatti è la Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e da settimane, come il Fatto ha raccontato ieri, segue con attenzione le vicende dei minori ucraini per i quali da agosto è stato disposto i rientro in patria. Nei giorni scorsi abbiamo rivelato l’esistenza di un’inchiesta, condotta dalla Procura di Catania, che vede indagata la tutrice Yuliya Dynnichenko, accusata di violenza e minacce nei riguardi di due minori per convincerli a tornare nel loro orfanotrofio e nel loro Paese in guerra (da ieri ci sono anche le ipotesi di estorsione e tentata estorsione). Sul nostro giornale ha potuto leggere i dialoghi intrattenuti dalla tutrice con il piccolo Marco (11 anni, nome di fantasia) che la supplicava di restare in Italia e che è stato invece rimpatriato.
“Un articolo allarmante” commenta la Garante, “che non può lasciare indifferenti. Soprattutto nel mio ruolo. Quando apprendo di situazioni di questo genere è ovvio che mi preoccupi. L’ambasciatore può darmi dei chiarimenti”.
Di chiarimenti, Carla Garlatti ne ha chiesti anche al prefetto Valerio Valenti, commissario straordinario per l’emergenza migranti. “L’11 agosto ho chiesto informazioni su quanto stava accadendo, sia dal punto di vista numerico, sia da quello procedurale. Mi ha risposto il 13 settembre, spiegandomi che aveva esposto la tematica anche ai ministeri degli Esteri e di Giustizia, ciascuno per le rispettive competenze. Mi ha riferito che il primo agosto c’era stato il trasferimento di 34 minori da Bergamo, che in tre si erano rifiutati e avevano deciso di rimanere, e che per un altro gruppo di 67 minori, il 6 settembre, c’era stato un incontro in Prefettura, alla presenza del console generale e di alcuni sindaci, e s’è stabilito che l’ospitalità continuerà fino al giugno 2024. C’è poi il caso di una sessantina di minori in Sicilia, per i quali sono stati disposti provvedimenti di autorizzazione al rientro in patria, e sono pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria”. Ci sono anche ragazzi che hanno superato i 17 anni e rischiano presto di finire al fronte.
“Quello che mi preme è che siano seguite procedure che valutino caso per caso. Che il minore sia ascoltato e che sia valutato il suo superiore interesse. Che ci siano assicurazioni sul luogo in cui andrà. Zone che non siano sottoposte a dei pericoli. Non possiamo dimenticare che si tratta di un Paese in guerra… E mi preoccupa anche l’eventuale impiego dei 17enni, quasi 18enni, nel conflitto bellico”. La Garante ci tiene però anche a chiarire un altro aspetto. Che riguarda la loro adottabilità e sulla quale è necessario non fare confusione. “Va anche ricordato che i minori ucraini non hanno lo stesso processo migratorio di un bengalese o un afghano, che può essere l’Italia, più spesso il Nord Europa, ma non intende tornare a casa. Sono storie diverse: i minori ucraini scappano da una guerra, ma sono in una collocazione temporanea, si tratta di un Paese nel quale sicuramente prima o poi vorranno fare ritorno. E non li definirei orfani. Non tutti. Sono qui senza genitori. Ma non sono abbandonati. E non possiamo dire che siano adottabili”.