Un processo per truffa che ha travolto dieci dipendenti pubblici, che invece di recarsi a lavoro vedevano le partite al bar piuttosto che andare a caccia o accudire il bestiame della masseria di famiglia, rischia di finire in prescrizione senza neanche arrivare e sentenza di primo grado. Tutto è nato dall’esposto di Matteo Pio Ciavarella, un dipendente del Consorzio di bonifica della Capitanata, in provincia di Foggia, che nel 2015 ha denunciato i suoi colleghi per ripetuti episodi di assenteismo: centinaia di ore non lavorate e pagate con soldi pubblici.
Grazie alle indagini della Guardia di Finanza di San Severo, che ha registrato anche gli spostamenti dei furbetti del cartellino con il Gps, è emerso “un sistema collaudato mediante il quale i dipendenti del Consorzio, in concorso tra loro, con condotte autonome e indipendenti, si rendevano responsabili di episodi di assenteismo ripetuti nel tempo”. Inoltre sono risultate anche delle irregolarità sulle indennità di viaggio con alcuni dipendenti che hanno dichiarato di aver percorso migliaia di chilometri per incassare i rimborsi mensili ma in decine di casi il rilevatore Gps, installato dalla Finanza, non ha rilevato “spostamenti per tale chilometraggio”, quanto basta per chiudere l’inchiesta in pochi mesi. “Le indagini si sono concluse a fine dicembre 2016 ma il pm della Procura di Foggia ha chiesto il rinvio a giudizio solamente due anni dopo, a seguito di una denuncia integrativa del mio cliente”, spiega Luca Castello, legale di Ciavarella. Dopo un altro anno circa il gup manda a processo i dieci dipendenti per truffa, a inizio 2020, e prima dell’inizio del dibattimento in primo grado, Ciavarella “viene inspiegabilmente estromesso come parte civile dal processo”, prosegue Castello. “Ammettere la costituzione di parte civile del mio cliente – sottolinea l’avvocato – sarebbe stato importante ovviamente sotto il profilo probatorio visto che la sua denuncia ha dato impulso all’azione penale. Inoltre sarebbe stato un segnale forte per tutte le persone che si trovano nella sua situazione, per dare forza a chi ha il coraggio di denunciare”.
Dopo questa discutibile decisione da parte del giudice monocratico il processo prosegue a rilento ed ora la prescrizione è dietro l’angolo. “Per la truffa i termini sono sette anni e mezzo dalla commissione del reato, ad aprile 2024 scadono. Ad oggi il pm deve ancora finire di sentire i suoi testimoni e devono ancora essere ascoltati quelli per ogni imputato. Impossibile arrivare a sentenza in tempo utile e comunque, a prescindere da un eventuale miracolo giuridico, la prescrizione scatterebbe in appello”.
In questo periodo i dipendenti assenteisti del consorzio, finanziato ogni anno con decine di milioni di soldi pubblici per occuparsi dei corsi d’acqua del territorio, non sono mai stati sospesi neanche in via cautelare e alcuni hanno ottenuto anche promozioni e relativi aumenti di stipendio. Inoltre, come evidenziato da un servizio delle Iene nel maggio 2021, questi dipendenti pubblici hanno continuato ad assentarsi dal lavoro anche dopo essere finiti sotto processo. Matteo Ciavarella invece, dopo aver denunciato tutto, è stato prima licenziato con l’accusa di aver messo le telecamere, installate invece dai finanzieri per l’indagine, è rimasto per circa sei mesi senza stipendio e poi, quando la Procura ha chiesto la restituzione delle telecamere al consorzio, scagionando quindi Ciavarella, l’azienda è stata costretta a riassumerlo. Dopo essere stato reintegrato però è stato mandato in un altro luogo di lavoro, “in un posto isolato e privo di servizi senza alcuna mansione a 30 chilometri da casa”, spiega al Fatto Quotidiano. “Qualche mese fa mi sono anche incatenato per protesta davanti alla sede della Regione Puglia ma non ho avuto nessuna risposta dalle istituzioni, mi sento ormai completamente abbandonato. In questo Paese se denunci vieni isolato”.