Buone notizie da Firenze per Massimo Giletti. I giudici del Tribunale del Riesame credono al conduttore e dispongono l’arresto per calunnia ai suoi danni di Salvatore Baiardo per la questione della foto che gli sarebbe stata mostrata dall’ex favoreggiatore dei boss Graviano. La foto ritrarrebbe nei primi Anni 90, sempre secondo Baiardo, Silvio Berlusconi, il generale Delfino e Giuseppe Graviano. I giudici non sono certi che la foto (mai riscontrata) sia “vera” ma credono al fatto che Baiardo la mostrò a Giletti.
Giletti segna un punto anche sulla questione delle lamentele di Paolo Berlusconi sul suo editore: ora anche Urbano Cairo ha ammesso con i pm di Firenze di avere ricevuto un messaggio dal fratello del Cavaliere qualche giorno dopo la messa in onda della trasmissione in cui si parlava dell’incontro tra Paolo e Baiardo del 2011. Infine sulle ragioni della cancellazione della sua trasmissione i giudici ritengono “elevata” la probabilità che Giletti sia stato rimosso non per gli ascolti, come dice Cairo, ma per la decisione di occuparsi dei presunti (e mai dimostrati) rapporti tra Silvio Berlusconi e i boss Graviano.
Sulla questione delle lamentele di Paolo Berlusconi Giletti aveva dichiarato ai pm a luglio: “Ho letto che il presidente Cairo avrebbe riferito di non aver mai subito pressioni in seguito alle mie trasmissioni. In realtà, ricordo bene che, dopo che Baiardo aveva riferito in una mia trasmissione dell’incontro con Paolo Berlusconi, avvenuto anni prima presso la sede del Giornale, proprio Paolo Berlusconi avrebbe chiamato Cairo, seccato per la messa in onda del programma”. La trasmissione in cui Baiardo parlò dell’incontro con Paolo era quella del 5 febbraio. Un paio di giorni dopo, ha ammesso Cairo sentito come persona infornata dei fatti nei giorni scorsi, Paolo Berlusconi gli scrisse effettivamente un messaggio nel quale si lamentava con l’editore de La7.
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I pm fiorentini indagano sull’ipotesi che Marcello Dell’Utri possa aver avuto un ruolo di mandante esterno per le stragi e gli attentati della mafia nel 1993 tra Firenze, Roma e Milano. In quel fascicolo, già archiviato più volte, era indagato fino alla morte anche Silvio Berlusconi. Per questa ragione Paolo Berlusconi quando era stato convocato nei mesi scorsi come persona informata dei fatti si era potuto avvalere della facoltà di non rispondere. I pm però lo hanno riconvocato nei giorni scorsi perché ritengono sia obbligato a rendere testimonianza nelle indagini, ora non più sul fratello ma solo su Dell’Utri. Paolo Berlusconi ha chiesto di consultarsi con i legali prima di rispondere.
Intanto del suo incontro con Baiardo si è occupato anche il Tribunale del Riesame di Firenze nelle 27 pagine di motivazioni depositate il 29 settembre con le quali il collegio (presidente Grazia Aloisio e relatore Alessandro Moneti) ha dato in parte ragione ai pm sull’arresto di Baiardo.
Il gip aveva rigettato del tutto la richiesta di arresto in carcere, mentre il Tribunale ha accolto in parte il ricorso dei pm Luca Tescaroli, Luca Turco e Lorenzo Gestri. Il Riesame ha concesso solo gli arresti domiciliari per Baiardo con divieto di contatti con persone diverse dai familiari e solo per alcuni dei reati contestati, in particolare per la calunnia nei confronti di Giletti e del sindaco del comune di Cesara, Giancarlo Ricca. Non è stato invece ritenuto provato il favoreggiamento nei confronti degli indagati Berlusconi e Dell’Utri, pure contestato dai pm.
L’ordinanza sarà esecutiva solo quando sarà irrevocabile. Dunque eventualmente all’esito della decisione della Cassazione sul ricorso che certamente sarà presentato.
Il Tribunale spiega perché non crede a Baiardo sull’incontro del 14 febbraio 2011 con Paolo Berlusconi quando sostiene di aver chiesto solo un lavoro. Questa versione per i giudici non è solo generica e non suffragata ma “appare difficilmente credibile che una persona che ha bisogno di lavorare si rechi a chiederlo a Paolo Berlusconi (e contatti undici giorni prima direttamente Palazzo Chigi), come altri si recherebbe all’ufficio di collocamento o presso un’agenzia interinale e sia poi ricevuto appena finita la pausa pranzo; difficile da credere anche ricordando che Baiardo ha riferito di avere già conosciuto Paolo Berlusconi insieme al fratello, fatto avvenuto però quasi venti anni prima”. Proseguono i giudici “lo stesso Baiardo, parlandone il 2 marzo 2023 col giornalista Paolo Mondani spiegava l’incontro come finalizzato a mostrare la fotografia compromettente ed a far ricordare al fratello del presidente del Consiglio gli impegni a suo tempo presi coi fratelli Graviano e risultando così efficace da far intimorire Paolo Berlusconi (per descrivere il quale muoveva la mano ad indicare la paura infusagli, la ‘strizza’ che gli aveva fatto prendere): questa versione – conclude il Tribunale – è più attendibile non solo perché più consona alla comune logica.
Ma anche perché confermata indirettamente dal personale di scorta a Paolo Berlusconi: Domenico Giancane ricordava la vicenda ed il fatto che dopo il colloquio Paolo Berlusconì fosse turbato e gli avesse detto: ‘Mimmo. tu sei testimone, questa persona è venuta a dire cose che riguardano mio fratello per screditarlo’; Salvatore Tassone ricordava l’episodio perché era stata l’unica volta che aveva visto una persona sconosciuta che chiedeva un colloquio effettivamente ricevuta da Paolo Berlusconi e ricordava – scrivono i giudici del Riesame – che al momento dell’identificazione gli aveva detto che voleva parlare di questioni inerenti il fratello dell’interlocutore, Silvio Berlusconi”.
Sulla foto il Tribunale ritiene che “vi sono solidi elementi per affermare che Baiardo dica il falso laddove nega di averla mostrata a Massimo Giletti”. Per i giudici si può contestare la calunnia contro Giletti ma non il favoreggiamento a Berlusconi e Dell’Utri “potendo l’immagine mostrata a Giletti non essere autentica, bensì frutto di fotomontaggio, o addirittura essere stata male osservata dal giornalista”.
Infine sulla chiusura della trasmissione i giudici scrivono: “Non sono emersi ragionevoli altri motivi per la chiusura della trasmissione. né le indagini hanno fatto emergere una audience bassa in relazione ai programmi similari ed alla fascia oraria di messa in onda. Si segnala anzi la repentinità della decisione. maturata proprio quando veniva sviluppata l’inchiesta sui contatti Graviano-Berlusconi dei primi anni novanta. Tuttavia – per i giudici – la decisione, certamente allarmante sul piano della libertà d’informazione e della tutela del giornalismo d’inchiesta, non avvalora di per sé la fondatezza di una vicenda tremenda per la storia della Repubblica Italiana, quanto il timore di mandare avanti un’inchiesta scomoda”.