Alla mercificazione delle nostre bellezze naturali e culturali non c’è mai fine e così, nei giorni scorsi a Riva del Garda, l’assessore al turismo della Provincia di Trento, Roberto Failoni, ostentando disprezzo per le associazioni (Italia Nostra, Legambiente e WWF in primis), i comitati e i cittadini, ha liquidatorio le obiezioni mosse alla ciclabile del Garda con un lapidario: “La sostenibilità ambientale è importantissima ma non facciamoci prendere dall’ansia […] Ambientalisti contrari? Chi se ne frega!”. Più sobrio, il Commissario ad acta, Ing. Francesco Misadaris, ha rassicurato Confcommercio di Trento dicendo chiaro e tondo che la ciclabile si farà. E, sebbene la sindaca di Riva del Garda, Cristina Santi, si auguri che non si replichino le brutture di Limone e che i tecnici migliorino il progetto, le Amministrazioni sembrano compatte nel voler andare avanti per la loro strada.
Eppure, il progetto era nato sotto i migliori auspici, inserito nel Sistema Nazionale di Ciclovie Turistiche (SNCT) che individuava 11 percorsi nazionali e collegava la ciclabile del Garda con il “Percorso del Sole”, a sua volta inserito nella rete europea ciclabile Eurovelo.
Come noto, era prevista una fase di confronto con tutti i portatori di interesse al fine di definire la migliore soluzione sotto tutti i profili, anche quelli ambientali e paesaggistici, ma così non è stato. Nessuna meraviglia, quindi, che sia venuto alla luce un ciclomostro che presumibilmente provocherà danni ambientali a tutto il sistema delle rive del lago.
Esaminando i vari progetti che costituiscono la Ciclabile del Garda, elaborati dalle tre regioni e le varie provincie rivierasche del lago, è immediatamente evidente quanto poca attenzione si sia data nella sua progettazione alla tutela del paesaggio. Eppure, si tratta di uno dei siti più belli e famosi d’Italia, decantato da Goethe, meta storica di un turismo culturale medio alto e luogo dove l’uomo ha saputo coesistere con la natura in modo virtuoso per secoli. Pur con la motivazione di realizzare un’infrastruttura a servizio della mobilità dolce e sportiva, si è infatti scelto di sfregiare la costa con un’opera di circa 165 km che impatta su un’area già fortemente antropizza e sottoposta a grandi flussi turistici, trattando il lago più grande e importante del Paese come una piscina a uso e consumo del divertimento. E tutto questo al costo esorbitante di 344 milioni di euro, destinati presumibilmente a lievitare ulteriormente, come spesso accade in Italia.
A questo, si aggiungano le preoccupazioni per la pericolosità dei dissesti su tutto il versante roccioso del lago, difficilmente arrestabili con barriere di contenimento, che determinano da sempre crolli e la caduta di sassi, anche di notevole dimensione, sulla viabilità esistente. Nel 2014 si è verificato un enorme distacco a Campione del Garda mentre l’ultimo, seppure minore, verificatosi il 13 gennaio 2023, ha riguardato la statale fra Toscolano e Bogliaco. E se non bastasse, come non ricordare che nel 2013 venne inaugurata una ciclopedonale in località Meandro poi chiusa lo stesso giorno per pericolosità. Insistere a realizzare questa ciclabile così come progettata significa aggiungere dissesto a dissesto, creando le premesse per danni e costi di ripristino che le Amministrazioni non si possono più permettere.
Le parti del progetto più criticate riguardano le pensiline a sbalzo di 3,5 m di larghezza (uno più di quelle già realizzate a Limone e che già sono uno sfregio), distaccate dalla parete rocciosa per più di 1 m, per un totale di quasi 5 metri di aggetto, da realizzare con pesanti strutture metalliche agganciate alle pareti rocciose mediante trivellazioni, scassi e getti di cemento armato, con aggiunta di pesante copertura e file multiple di barriere, alcune in quota, per fermare le frane. Tutte opere bisognose di manutenzione periodica se si vuole garantire la sicurezza della ciclabile che rendono così l’opera non solo eccessivamente costosa da realizzare ma anche da esercire.
Problemi si riscontrano, però, anche per la fruizione mista ciclo/pedonale, per i numerosi attraversamenti della già congestionata statale 43Bis, per il non sostenibile consumo di spiaggia e per il mancato collegamento con il nodo intermodale della stazione di Peschiera.
Il bisogno indotto di percorrere in bici una scogliera su una pensilina è una pretesa insensata, creata da chi vuole guadagnare distruggendo la bellezza del Lago. Intanto è già partita la gran cassa mediatica con titoli del tipo “La pista ciclabile sospesa nel vuoto per pedalare tra cielo e terra lungo le sponde del Garda” che inneggiano alla natura incontaminata. Semmai natura asfaltata dal turismo di massa, stuprata e consumata come un video gioco!
Chiunque conosca il Lago di Garda riconosce facilmente che la stessa orografia e morfologia delle sue rive respinge la costruzione della pista ciclabile come progettata. Infatti, per superare le barriere naturali, si è ricorsi a soluzioni estreme. Queste artificializzazioni non risultano accettabili, sono da rigettare per il loro impatto sul paesaggio, per la brutalità dell’intervento nei confronti della parete rocciosa e per la loro pericolosità. Per questo Italia Nostra ritiene che la soluzione proposta dalle tre amministrazioni regionali coinvolte costituisca uno sfregio inaccettabile al paesaggio.
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