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L’IRAN: “PAESI ARABI UNITI CONTRO I SIONISTI”. MA L’ANP REPLICA: “STOP ABUSI SUI CIVILI DA ENTRAMBE LE PARTI”. IL JERUSALEM POST: “BIMBI DECAPITATI, LA NOTIZIA È STATA VERIFICATA” . “Ribadiamo il monito: Stati e non Stati pensate a cosa fare in questa situazione, non agite contro Israele”. Così il segretario di Stato, Antony Blinken, ha confermato oggi l’appoggio degli Stati Uniti allo Stato Ebraico, durante la sua visita a Tel Aviv. Un messaggio esplicito rivolto a quella parte del mondo arabo che vorrebbe una jihad contro Israele. Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, durante un colloquio telefonico con il principe saudita, Mohammed bin Salman ha ribadito: “I Paesi islamici hanno il dovere di cooperare e unirsi per fermare al più presto i crimini dei sionisti contro i palestinesi”. Poco prima, Raisi aveva rivolto lo stesso invito al presidente siriano Assad. Ma Fatah non si allinea e l’anziano leader Abu Mazen, incontrando il re Abdallah di Giordania, dichiara: “Rigettiamo le pratiche relative all’uccisione o agli abusi sui civili da entrambe le parti perché violano la morale, la religione e il diritto internazionale”. Il quotidiano Jerusalem Post intanto torna sul massacro dei bambini del kibbutz di Kfar Aza e scrive: “Confermiamo, sulla base di foto verificate, che le notizie su bambini decapitati e bruciati durante l’assalto di Hamas sono corrette”. Alcune foto sarebbero state mostrate da Netanyahu a Blinken. Un dirigente di Hamas, Ali Baraka, in una intervista a Russia Today ha confermato che il movimento islamico preparava il raid da due anni, ma solo un numero ristretto di affiliati era a conoscenza del piano. Su questo tema Halevi, capo di Stato maggiore dell’esercito di difesa israeliano, ammette che l’Idf ha fallito nel prevenire l’attacco e preannuncia una inchiesta, ma ora è il momento della guerra: “Gaza non sarà più quella di prima”. Sul campo, il numero dei morti aumenta: le autorità israeliane portano a 1.300 il numero dei caduti dopo il raid di Hamas di sabato scorso, e a Gaza sono 1.417 le persone che hanno perso la vita sotto i bombardamenti, con 6.268 feriti, secondo il ministero della Sanità palestinese. Alla pioggia di fuoco che colpisce Gaza – sono stati sparati 6.000 proiettili di cannone – e le basi degli estremisti, Hamas risponde con lanci di razzi; a Sderot ne sono arrivati 50, e il sindaco della città israeliana ha chiesto al governo l’evacuazione dei civili. Anche come far evacuare la popolazione da Gaza resta una questione aperta: l’Egitto si dice disponibile a usare il valico di Rafah se Israele accetterà una tregua, e anche il ministro italiano Crosetto fornisce un impegno dell’Italia a partecipare a corridoi umanitari. Sul Fatto di domani leggeremo altri particolari sulla giornata, sul tentativo di formare un fronte panarabo, il diario di Manuela Dviri da Tel Aviv, e una intervista all’analista Sami Nader.
HAMAS E I SUOI DUE AVVERSARI: LO STATO EBRAICO E L’AUTORITÀ PALESTINESE. Sul giornale di domani ci sarà anche un focus su Hamas – acronimo arabo per Movimento di resistenza islamica – che è stato creato dallo sceicco Ahmed Yassin nel 1987. Fu proprio Yassin, rifugiato palestinese che viveva a Gaza, immobilizzato su una sedia a rotelle, che strutturò la formazione estremista: per l’ala politica si ispirò ai legami con uno dei gruppi sunniti più importanti del mondo, i Fratelli Musulmani, fondati in Egitto negli anni ’20. Yassin ha supervisionato pure la creazione dell’ala militare di Hamas, che ha effettuato il suo primo attacco suicida nel 1993. Hamas governa la Striscia di Gaza dal 2007, avendola strappata all’Autorità Nazionale Palestinese; con Fatah, Hamas ha molti punti di rottura; gli islamisti radicali mal sopportano la laicità dell’Anp e la loro disponibilità a provare la soluzione dei Due Stati con Israele. Per Hamas, come ha scritto nel suo statuto, esiste solo la possibilità di uno Stato Islamico. Yassin è stato ucciso dalle forze di sicurezza israeliane nel 2004 e da allora diversi leader sono cresciuti; come Khaled Mashaal, Yehia Sinwar e Ismail Haniyeh. Questi dirigenti hanno riallineato il gruppo all’Iran e ai suoi alleati, compreso Hezbollah libanese. Da allora, molti leader di Hamas si sono trasferiti a Beirut. Sebbene le condizioni di vita dentro la Striscia per la maggior parte della popolazione siano di povertà, ai dirigenti di Hamas arriva un fiume di denaro: solo nel 2020 l’Iran ha inviato a Gaza 100 milioni di dollari, e non meno cospicue sono le donazioni del Qatar, dove oggi vive Meshaal, che ha stanziato quasi un miliardo, ufficialmente per la ricostruzione della Striscia. Nel focus di domani in edicola, anche un’intervista a Bobo Craxi sulla validità di aprire un dialogo con tutte le componenti del mondo arabo.
IL CNEL S’INCHINA A MELONI E BOCCIA IL SALARIO MINIMO. Alla fine la politica prevale sulla logica, anche in un organo che dovrebbe essere tecnico. La proposta formulata dai 5 consiglieri indipendenti, nominati dal presidente della Repubblica, è stata bocciata. E il testo gradito al centrodestra – ossia niente salario minimo – è passato nonostante il voto contrario di Cgil, Uil e Usb. 39 sì, 15 no, 8 astenuti. “Il capolavoro di Meloni è stato quello di spaccare un organo costituzionale. La posizione della maggioranza del Cnel è tutta politica, platealmente filogovernativa e non dice niente di nuovo”, taglia corto Franco Mari, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra nella commissione Lavoro della Camera. E questo mentre la stragrande maggioranza degli italiani (anche a destra) è favorevole alla misura: il 17 doveva approdare in Parlamento la proposta delle opposizioni, i famosi 9 euro lordi. La discussione era stata rinviata questa estate proprio con la scusa del parere del Cnel. Ora slitta ancora, ufficialmente per dare modo al governo di approfondire il documento in questione. L’opposizione è insorta: “Una fuga vigliacca della destra” accusa Arturo Scotto, capogruppo Pd alla commissione Lavoro. Mentre il capo del Cnel, Brunetta, non nasconde la soddisfazione e afferma che “una contrattazione forte è l’unica garanzia per un mercato del lavoro efficiente, equo”, anche perché “dire 9 euro l’ora non significa nulla se non c’è la sostenibilità economica. Perché o sparisce il lavoro, o sparisce l’impresa o aumentano i prezzi”. Impostazione, quella del governo, che continua a essere bocciata anche dalle sentenze, l’ultima della Cassazione, con cui i giudici ribadiscono il “diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Questione sposata proprio dai 5 consiglieri esperti. “La Cassazione apre le porte a quello che ho chiamato reddito civile, ossia la definizione di un livello retributivo dignitoso calibrato sul costo della vita reale dei lavoratori in funzione del contesto o territorio di appartenenza”, ha detto il giuslavorista Francesco Rotondi del Cnel. Sul Fatto di domani vedremo anche perché il governo teme così tanto il salario minimo.
APOSTOLICO, PIANTEDOSI CONFERMA IL MURO DI GOMMA. NORDIO APRE UN’ISTRUTTORIA SULLA MAGISTRATA. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato sul caso del video della giudice Apostolico diffuso da Matteo Salvini. Lo ha fatto nel question time del Senato di oggi. Ma, come il suo sottosegretario Molteni, ieri, non ha aggiunto niente alla vicenda. La diffusione del video resta un mistero non chiarito. Tutto è fermo alle dichiarazioni del carabiniere che, secondo il comando di Catania, avrebbe prima detto di essere l’autore del video e poi avrebbe ritrattato. Oggi Piantedosi ha ripetuto che il video che ritrae il giudice Iolanda Apostolico nella manifestazione al porto di Catania il 25 agosto del 2018 “non proviene da documentazione della Questura di Catania” e gli uffici di polizia non conservano video non ufficiali. Ha aggiunto anche che “in nessuno degli atti redatti dal personale impiegato nei servizi di ordine pubblico è menzionata la dottoressa Apostolico”. Nulla su come sia stato possibile che Salvini sia entrato in possesso del filmato. Perfino il berlusconiano Giornale oggi si pone le stesse domande (con un certo ritardo, va detto). Ma i fatti sono finiti sotto la lente della Procura di Catania. Vedremo se questo porterà chiarezza. Intanto il ministero della Giustizia di Carlo Nordio ha avviato un “accertamento preliminare” nei confronti della magistrata Iolanda Apostolico. Sul Fatto di domani ci soffermeremo sull’effetto di tutta questa vicenda sulla magistratura: intimidire i giudici che pensano di disapplicare le norme volute dal governo, con fondati motivi: leggi, il decreto Cutro.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Zaki allontanato dal Salone del libro, dopo Che tempo che fa. Il giovane attivista egiziano è stato cancellato dal programma dalla fiera letteraria di Torino (la prima diretta da Annalena Benini) per le sue posizioni sul conflitto israelo-palestinese. Zaki ha detto che “la situazione che stiamo vivendo è conseguenza delle politiche dell’attuale governo israeliano. Io sono contrario a ogni violenza contro civili innocenti, comprese quelle contro i palestinesi perché sono un difensore dei diritti umani”. Ieri Fabio Fazio ha annunciato di aver rimandato l’intervista a Zaki a data da destinarsi: l’attivista era previsto nella prima puntata.
Strage di Mestre, ci sono tre indagati. L’ad della società che gestisce il servizio navetta, un dirigente e il responsabile del settore Viabilità terraferma e Mobilità del Comune di Venezia sono stati iscritti nel registro degli indagati dopo l’incidente costato la vita a 21 persone. I pm ipotizzano i reati di omicidio stradale, omicidio colposo plurimo, lesioni personali stradali gravi o gravissime e lesioni personali colpose.
Il racconto di Emma. Esce domani il nuovo album della cantautrice salentina, “Souvenir”. L’abbiamo intervistata
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