FIRMA LA NOSTRA PETIZIONE – Il salario minimo è dignità: il governo ci ripensi e lo introduca
Tra le ragioni dell’ostilità governativa al salario minimo, c’è anche una banale questione di costi per lo Stato. Lo ha spiegato la Ragioneria ai membri della commissione Cnel che ha istruito il documento sul salario minimo. Un aumento dei salari minimi, nelle aziende interessate ai processi di esternalizzazione della Pubblica amministrazione, aumenterebbe i costi per la finanza pubblica. Nel momento in cui, infatti, le aziende che partecipano alle gare pubbliche avessero maggiori costi salariali, si farebbero pagare di più dallo Stato. Quanto di più?
Qui si entra in terra ignota, non esistono studi certi e si va avanti per approssimazioni e stime, anche se la grandezza dei fenomeni è rintracciabile. Intanto osserviamo il fenomeno delle esternalizzazioni. Era stato Tito Boeri, da presidente dell’Inps, a inquadrare il fenomeno: “Per effetto di quasi 15 anni di blocco del turnover nella Pubblica amministrazione – scriveva nel gennaio 2018 – i confini dell’impiego pubblico sono diventati sempre più porosi. Nessuno sa quale sia il vero perimetro del lavoro pubblico”. Quel blocco, che proprio l’attuale presidente del Cnel, Renato Brunetta, determinò da ministro nel 2010, ha prodotto una riduzione costante dei dipendenti pubblici: erano 3,7 milioni circa nel 2002, sono 3,26 milioni oggi e la discesa più ripida si è avuta proprio dopo il 2010. Questa riduzione si è riversata nella contestuale riduzione dei redditi da lavoro dipendente nel bilancio pubblico: la Nadef attuale li contabilizza in 187 miliardi nel 2022 che diventeranno 188 nel 2026, lo 0,5% di aumento in quattro anni.
I casi di esternalizzazioni sono i più diversi. Boeri indica quello della “sanità dove fioriscono le cooperative che forniscono servizi infermieristici”, l’Inps e i Comuni esternalizzano anche i servizi per pratiche sociali, ci sono poi le pulizie, la vigilanza, i servizi fiduciari di sicurezza.
L’Unione sindacale di base ha denunciato l’appalto nel Comune di Guidonia per la riscossione dei tributi, all’Istat i sindacati si sono mossi contro l’esternalizzazione delle attività informatiche. Durante il governo Draghi, il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, rispondendo a una interrogazione parlamentare, denunciava “un impiego distorto dello strumento dell’appalto di servizi, con un conseguente incremento del fenomeno del precariato e il rischio che le prestazioni vengano affidate a soggetti non sempre in possesso delle necessarie competenze”.
Ora, se si prendono le tabelle dei principali contratti al di sotto di una paga oraria lorda di 9 euro l’ora, si troveranno molte di queste funzioni. Gli addetti delle imprese artigiane di pulizia che sono 126 mila, guadagnano 8,1 euro l’ora. Quelli delle cooperative del settore sanitario sono circa 300 mila e hanno un contratto che sfiora il minimo, 8,8 euro l’ora come gli addetti ai multiservizi anch’essi intorno ai 300 mila. Il contratto di vigilanza firmato da Cgil, Cisl e Uil, e che riguarda circa 100 mila addetti, porta nell’anno 2023, a 5,3 euro la paga oraria nei servizi di sicurezza e a 6,2 nella vigilanza. Un aumento di 1 euro l’ora solo per queste categorie produrrebbe una massa salariale aggiuntiva di circa 2 miliardi l’anno che potrebbe trasferirsi, almeno in parte, sui costi per i servizi delle imprese. Un indicatore della spesa per le esternalizzazioni può essere la voce della Contabilità nazionale (Istat) “Acquisto di beni e servizi prodotti da produttori market” che nel 2021 ammontava a 47 miliardi e che è in costante crescita.
Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, sentito dal Fatto, si dice consapevole del fenomeno e dei problemi che potrebbe provocare, ad esempio con l’utilizzo del massimo ribasso nelle gare di appalti pubblici. Ma, riferendosi a quanto il Parlamento dovrà discutere il 18 ottobre, giorno in cui ricomincia la discussione sul salario minimo, si dice convinto che occorre “incentivare la contrattazione collettiva”. Sul problema salari, spiega, “abbiamo già dato un segnale con la riduzione del cuneo fiscale e continueremo su questa strada”, ma il salario minimo creerebbe un problema di “rialzo complessivo dei salari mediani”. L’obiettivo suo e del governo, invece, è quello di “rafforzare la contrattazione collettiva e di porre dei paletti più serrati ai rinnovi che spesso giacciono da più anni”.
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