Il sangue in Medio Oriente trasforma il tema della sovranità in una drammatica urgenza democratica. Due giuristi, Geminello Preterossi e Dieter Grimm, uno tedesco l’altro italiano, spiegano cos’è la sovranità e cosa il sovranismo. Quali sono i vizi del dibattito pubblico e quali le ipocrisie degli Stati.
Cos’è la sovranità?
Grimm: È un attributo degli Stati. Sovranità significa la capacità di imporsi nelle relazioni internazionali. È una questione di forza e gli Stati sono diseguali in senso politico. Ma sovranità significa il potere di ogni Stato di autodeterminarsi e in tal senso è una questione giuridica. Sotto questo profilo tutti gli Stati sono ugualmente sovrani. La sovranità giuridica limita quella politica: lo Stato più forte non ha alcun diritto di soggiogare il più debole.
Preterossi: Sovranità vuol dire esistenza politica di un popolo, organizzato in uno Stato. In uno Stato democratico, l’indirizzo politico è autonomo, non può piegarsi a poteri “indiretti”. In particolare, l’interesse della collettività deve prevalere su quello della finanza e dei mercati.
Perché in questi anni abbiamo trasformato il concetto di sovranità, principio e destino di ogni democrazia, in una battaglia sovranista?
Grimm: Questo concetto è insolito in Germania. “Sovranismo” è una reazione al fatto che oggi gli Stati sono condizionati da una rete più o meno fitta di relazioni giuridiche, è il tentativo di recuperare il terreno perduto dallo Stato nazionale. Ma il numero dei problemi che non possono essere risolti nell’ambito nazionale cresce costantemente.
Preterossi: Il cosiddetto “sovranismo” è il contraccolpo dell’Italia del vincolo esterno. Trent’anni di assoggettamento alle logiche tecnocratiche dell’Eurozona non ci hanno migliorato, ma hanno prodotto governi tecnico-emergenziali come quello di Monti e l’Agenda Draghi. La rivendicazione di sovranità democratica è il segno di un risveglio, ma se non trova sbocco, produce una profonda disillusione e conduce allo sciopero del voto.
Cos’è successo nel dibattito politico per produrre una confusione semantica e logica di tale portata?
Grimm: La globalizzazione ha prodotto vincitori e vinti. Molti auspicano il ritorno al passato e “sovranità nazionale” appare la parola chiave con cui le forze politiche fanno proseliti. La Brexit è stata propagandata come un ripristino della sovranità britannica. Si è scoperto che era un’illusione.
Preterossi: La polemica sul “sovranismo” è una trappola ideologica e propagandistica. Porta a non comprendere, e quindi a liquidare, le questioni – serie e profonde – sottese al problema della sovranità. Il lemma “sovranismo” non ha quasi storia: nasce, in tempi recenti, per stigmatizzare il movimento di Marine Le Pen. La sovranità ha invece una lunga storia, decisiva per la modernità politica e giuridica. Un’Italia subalterna, come quella di oggi, non difende gli interessi del popolo italiano e non può svolgere il proprio ruolo nel Mediterraneo e in Europa.
In queste ore la tragedia israelo-palestinese ci restituisce l’idea del conflitto nato dopo aver spogliato un popolo della sua sovranità. È così?
Grimm: Non vorrei rispondere a questa domanda.
Preterossi: La formula “due popoli, due Stati” fu sostenuta, tra gli altri, da Aldo Moro quando era ministro degli Esteri nei primi anni Settanta, e fu fatta propria dall’Europa. Questa è la via maestra, altrimenti un popolo (quello palestinese) sarà sempre oppresso, e un altro (quello israeliano) dovrà sempre temere per la propria sicurezza. È impressionante notare come la causa palestinese sia semplicemente sparita dall’orizzonte. Eppure le risoluzioni dell’Onu sono tutte lì, a ricordarci che l’occupazione dei territori da parte di Israele è illegale, e che Gerusalemme deve essere una città libera, internazionale. La convivenza dei due popoli sarà possibile solo su basi paritarie, ristabilendo la legalità internazionale e garantendo, con un difficile compromesso, la sicurezza e l’autonomia politica di entrambi. Purtroppo, ci sono gli imprenditori della paura da una parte e dall’altra. Questi vanno marginalizzati, per far ripartire un difficile processo di pace. Ma l’impressione è che oggi la comunità internazionale, e l’Occidente in particolare, sia diventata sordi e preferisca rimuovere il problema.
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