Meglio scordarsi di andare in pensione prima del tempo (con un assegno più basso, s’intende). Quota 104 non è veramente “104 piena”, ma una specie. E ancora: addio al rinnovo dell’Ape sociale e di Opzione donna che saranno inglobate in un calderone finanziato con pochi spiccioli. Eccolo il piano sulle pensioni messo a punto dal governo Meloni che, dalle roboanti promesse (mai discusse con i sindacati), ha messo sul piatto minime misure.
Per rendersene conto, è bastato ascoltare la conferenza stampa di ieri dove il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, arrivato in ritardo, ha cercato di spiegare il superamento di Quota 103. “Non è Quota 104 piena, c’è un meccanismo di incentivi per rimanere al lavoro”. ha detto. Ma quando con ben tre domande gli è stato fatto notare che Quota 104 compare in un titolo dell’indice della bozza, il ministro ha aggiunto che “c’è la modifica del requisito e non delle finestre” (rimangono i 41 anni di contributi per accedere alla pensione) e che si tratta di “un accesso al pensionamento anticipato molto più restrittivo, perché ci sono incentivi a rimanere a lavoro”, cioè il bonus Maroni, e che saranno penalizzati quelli che decidono di andare in pensione prima. Insomma, un meccanismo ancora poco delineato per una misura che – se ne farà una ragione il leader della Lega Matteo Salvini – non va certo nella direzione di a cancellare la riforma Fornero del 2012.
Concreta, invece, l’eliminazione dell’Ape sociale che da un decennio consente l’uscita anticipata ai lavoratori “deboli”, come disoccupati, disabili (almeno al 74%), caregiver, addetti a mansioni gravose. Via anche Opzione donna, misura ridotta al lumicino già lo scorso anno (sempre per mancanza di soldi) dopo che è stato introdotto il vincolo di limitare l’anticipo pensionistico a tre sole categorie di lavoratrici (caregiver, disoccupate e invalide al 75%), con sconti per chi ha figli. Tecnicamente, nel nuovo “Fondo per la flessibilità in uscita” finiscono caregiver, disoccupati, gli impegnati nei lavori gravosi e disabili con 63 anni di età e 36 di contributi e le donne con 35 anni di contributi. Ma oggi per l’Ape sociale (il primo gruppo) servono “solo” 30 anni di contributi, mentre per le lavoratrici di Opzione donna il requisito anagrafico aumenta di 3 anni. Potranno, invece, accedere alla pensione a 67 anni coloro che maturano una pensione inferiore a 1,5 volte la pensione sociale e sono nel sistema contributivo che fino a oggi devono attendere i 71 anni.
È prevista poi la rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione per una spesa di circa 14 miliardi (ma resta piena al 100 solo per quelle fino a 4 volte il minimo; è al 90% da 4 a 5 volte il minimo; poi si procede a scalare). Non cambia, invece, nulla per la super rivalutazione per le pensioni minime degli over 75.
C’è anche un contentino per Forza Italia che aveva chiesto di sostenere le pensioni minime: non sono arrivati gli sperati mille euro, per gli over 65 si passa da 600 a 618 euro.