Il Fatto di domani. I cachet d’oro di Sgarbi, l’inchiesta del Fatto prosegue. Manovra, il governo si rimangia le promesse per pensionati e famiglie, ma aiuta le banche sugli extraprofitti

Di FQ Extra
24 Ottobre 2023

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CASO CACHET, SGARBI NEL CICLONE DIFFIDA TRAMITE AVVOCATO. L’INCHIESTA DEL FATTO PROSEGUE. Almeno 300 mila euro da febbraio a oggi, che Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura del governo Meloni, avrebbe incassato per consulenze a enti pubblici e privati, convegni e giurie di premi. In barba alla legge che da vent’anni impone ai titolari di incarichi politici di dedicarsi esclusivamente alla “cura degli interessi pubblici” vietando “attività professionali in materie connesse alla carica di governo”. A guardare gli impegni dei prossimi mesi di Sgarbi, quella legge è sistematicamente ignorata, e il ministro Gennaro Sangiuliano e il resto del governo non hanno avuto nulla da ridire finora. La storia è stata raccontata in esclusiva da Thomas Mackinson sul Fatto Quotidiano di oggi. Tra i vari impegni pagati da privati o istituzioni tipo Comuni c’è anche la giuria della finale di Miss Italia l’11 novembre prossimo. Oggi il nostro giornale ha ricevuto una diffida da parte dell’avvocato di Sgarbi, Giampaolo Cicconi, che scrive: “Considerato che il Fatto ha ripreso, amplificato e utilizzato, dandogli dignità di notizia, una lettera anonima (per la quale è stata depositata una denuncia alla Polizia Postale) con allegati ottenuti in maniera fraudolenta e violando apparecchi informatici e telefonici in uso al sottosegretario e ai suoi collaboratori, diffondendo altresì anche dati coperti dal vincolo della riservatezza e della privacy, si diffida dal pubblicare notizie di questo tenore, con riserva di ricorso al Garante della Privacy”. Cicconi argomenta che “non si capisce affatto dove stia il conflitto d’interesse tra il ruolo di sottosegretario e la presentazione di una mostra su Andy Warhol (pagata da privati), una lectio magistralis su Caravaggio (pagata da privati), la partecipazione a una mostra di artisti contemporanei (anch’essa pagata da privati) o uno spettacolo teatrale su Michelangelo (pagato da un Comune)”. I fatti sono chiari, sul giornale di domani leggerete il seguito della nostra inchiesta.


MANOVRA 2024, IL FALÒ DELLE PROMESSE ELETTORALI: SPICCIOLI PER LE FAMIGLIE, IN PENSIONE CON QUOTA 104 (PEGGIO DELLA FORNERO). Durante la Conferenza stampa per presentare la Manovra, il 17 ottobre, Giorgia Meloni aveva sparato il titolo: “Asili nido gratis per il secondo figlio”. Poco dopo Palazzo Chigi aveva corretto il tiro: l’asilo si continuerà a pagare, il fondo per i nidi sarà rimpinguato con 150 milioni di euro. Oggi la bozza della Manovra offre dettagli in più: il bonus vale solo per i figli nati dal 2024, destinato alle famiglie con almeno un altro pargolo sotto i 10 anni e con un reddito Isee fino a 40 mila euro. Sul Fatto di domani faremo i conti per capire l’ammontare del beneficio. Di sicuro, sono tagliate fuori le famiglie che hanno già figli. La premier aveva annunciato grandi interventi a favore della natalità, a partire da un drastico taglio delle tasse per le famiglie con 3 figli. Le cose sono andate un po’ diversamente. Solo per le madri lavoratrici, la bozza prevede uno sgravio fiscale fino ad un massimo di 3 mila euro l’anno: per le mamme con due figli dura fino ai 10 anni del secondogenito; per chi ha almeno tre figli, lo sconto vale fino ai 18 anni dell’ultimo nato. Il taglio fiscale – senza vincoli di reddito – vale per i ricchi e per i poveri, con tanti saluti alla progressività del fisco. Mentre le famiglie risparmiano qualcosa sulle tasse, con la legge di Bilancio rincarano i beni per l’infanzia, per via della mancata conferma del taglio dell’Iva. L’imposta risale dal 5 al 10% per prodotti come il latte in polvere o i cibi per neonati. Sulle pensioni, il governo ha fatto tabula rasa delle promesse elettorali. La Lega aveva sbandierato l’abolizione della legge Fornero, invece arriva Quota 104, pure “penalizzata”. Si potrà smettere di lavorare con almeno 63 anni di età (erano 62 nel 2023) e 41 anni di contributi: a patto di accettare un taglio dell’assegno sulla quota retributiva.


TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI DELLE BANCHE: UNICREDIT NON PAGA UN EURO E CELEBRA IL FUNERALE DELL’IMPOSTA TARGATA MELONI. Non solo pensioni, anche sugli extraprofitti bancari il governo ha ingranato la retromarcia. La prova arriva da Unicredit. Il colosso avrebbe dovuto versare nelle casse dello Stato 1,1 miliardi di euro, invece l’erario non vedrà un euro. L’amministratore delegato Andrea Orcel ha illustrato la scelta così: “Avevamo due opzioni: pagare, o rafforzare le nostre riserve e non pagare la tassa. Abbiamo scelto la seconda”. La scappatoia imboccata dall’istituto era stata indicata dall’esecutivo, con una modifica ad hoc inserita nel decreto Asset. In principio, la legge doveva colpire i profitti delle banche dovuti ai rialzi dei tassi d’interesse decisi dalla Bce: un’aliquota del 40% sulla differenza tra il margine d’interesse del bilancio 2023 rispetto al 2021. Gli istituti infatti hanno continuato a pagare interessi (quasi) nulli sui conti corrente dei risparmiatori, mentre volavano quelli sui prestiti concessi a famiglie e imprese. Ecco come si spiega l’impennata dei ricavi. Eppure, la tassa sugli extraprofitti è stata accolta in certi ambienti come un colpo di mano bolscevico. Tra gli istituti più penalizzati c’era Mediobanca, il gioiello di casa Berlusconi. Ma con l’emendamento al decreto Asset, è arrivato il colpo di spugna dando libera scelta alle banche: pagare la gabella, oppure accantonare a bilancio due volte e mezza l’importo della tassa. Unicredit ha scelto la seconda via, festeggiando i profitti record del 2023: 6,7 miliardi di euro, il 67% in più rispetto ai primi 9 mesi dell’anno scorso. Da gennaio a settembre, il margine d’interesse è cresciuto del 43%, esentasse. Sul Fatto di domani vi racconteremo la triste fine della legge sugli extraprofitti.


ISRAELE- GAZA, L’IDF AI PALESTINESI: “AIUTATECI A TROVARE GLI OSTAGGI”. L’ANZIANA EBREA LIBERATA DICE “SHALOM” AL MILIZIANO ISLAMICO. TEL AVIV CHIEDE LE DIMISSIONI DI GUTERRES (ONU). Il raid di Hamas del 7 ottobre, oltre a provocare la morte di 1.400 persone, ha permesso ai miliziani di portare dentro la Striscia 220 ostaggi. Ed è attorno alla loro sorte che ora ruota il futuro della guerra tra l’esercito israeliano e il movimento islamista. L’Idf ha lanciato oggi nella zona di Khan Yunis, nella zona sud, volantini per chiedere alla popolazione di collaborare: “Se volete un futuro migliore per voi e i vostri figli, inviateci informazioni credibili ed utili circa gli ostaggi nella vostra zona”. Nella sera di lunedì si era diffusa la voce che Hamas avrebbe rilasciato decine di ostaggi, in realtà poi sono state liberate solo due anziane israeliane. Una di loro, Yocheved Lifshitz, 85 anni, che al momento del rilascio ha detto shalom al miliziano di Hamas che l’ha affidata alla Croce Rossa, ha raccontato: “Ho attraversato l’inferno. Sono stata presa in ostaggio, non c’era distinzione tra vecchi e giovani. Mi hanno colpito le costole e mi hanno reso difficile respirare. Abbiamo raggiunto un tunnel – ha aggiunto – poi abbiamo camminato per chilometri sulla terra bagnata, c’è un gigantesco sistema di tunnel, come ragnatele”.La questione del rilascio degli ostaggi, secondo alcune fonti, passa dalla richiesta degli estremisti islamici di avere il carburante attraverso i convogli umanitari al valico di Rafah. Senza quella fonte di energia, il sistema sanitario è paralizzato. L’esercito israeliano però non concorda e sostiene che il nemico “ha messo da parte mezzo milione di litri di diesel”. In attesa che il governo israeliano dia il via ad una operazione di terra, che sarebbe stata ritardata su indicazione dell’alleato americano e per lo scontro politico tra il premier Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant, i bombardamenti proseguono: oggi è stato colpito anche un mercato, e secondo il ministero della Sanità palestinese i morti nella Striscia sono 5.791. Hamas ha risposto con un lancio di razzi su tel Aviv. Sul piano diplomatico, oggi il presidente francese Macron è stato accolto a Tel Aviv dal premier Netanyahu. Il capo dell’Eliseo ha paragonato l’attacco di Hamas alle stragi dei terroristi dell’Isis messe a segno in Francia nel 2015. Scontro all’Onu: l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, ha chiesto le dimissioni del segretario generale Antonio Guterres, che aveva dichiarato: “Gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla”. Sul Fatto di domani leggeremo altri particolari sulla giornata di cronaca, e sui timori del presidente americano Biden in vista delle elezioni presidenziali di avallare la decisione dello Stato Ebraico di dare il via all’operazione di terra; una scelta che potrebbe avere ripercussioni sulle presidenziali del 2024.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Il “miracolo foggiano”. La vittoria di Maria Aida Episcopo mette d’accordo l’opposizione: “Uniti si vince”, dice Schlein. Conte rivendica: “Episcopo scelta da noi”. Esulta anche Calenda, che diceva “mai con i 5S”.

Prescrizione, manca l’accordo ma il rinvio è temporaneo. Sulla prescrizione non c’è ancora accordo nella maggioranza e la seduta della Commissione Giustizia slitta di almeno un giorno. Allo stato, però, resta la scadenza per l’approodo in aula per il 27 ottobre.

Clima, il disastro è in arrivo, dice l’Aiea. La domanda di combustibili fossili nel mondo è ancora troppo alta. In questa situazione, l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali non è raggiungibile, ma anzi marciamo dritti verso un aumento delle temperature di 2,4 gradi nel 2100. A dirlo non è una ong ambientalista, ma l’Agenzia internazionale dell’energia, organismo dell’Ocse.


OGGI LA NEWSLETTER FATTO FOR FUTURE

Dopo Sainte-Soline, la rivolta degli eco-attivisti contro l’autostrada di Macron

di Luana De Micco (Parigi)

Il nuovo simbolo delle lotte ambientaliste in Francia è un’autostrada. I media francesi la chiamano “l’autostrada della discordia”: 53 km di asfalto che collegheranno la città di Castres, 44 mila abitanti, in Occitania, a Tolosa, capoluogo della regione, che di abitanti ne conta dieci volte tanto. Sabato scorso, su appello di collettivi come Extinction Rebellion e Les Soulevements de la Terre, circa 10 mila militanti si sono dati appuntamento a Saix, nel dipartimento Tarn, per dire no alla futura autostrada. Sei cortei sono partiti prendendo percorsi diversi, anche non autorizzati. Data la presenza di circa 200 attivisti “radicali”, secondo la prefettura, erano stati inviati sul posto centinaia di poliziotti. L’ecologia è al centro di forti tensioni in Francia. A marzo, a Sainte-Soline, nel centro rurale della Francia, una protesta contro il progetto di costruzione di “mega-bacini” idrici, finalizzati ad aiutare l’agricoltura intensiva di fronte ai frequenti fenomeni di siccità, aveva provocato decine di feriti negli scontri tra manifestanti e polizia, di cui alcuni gravi.

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