Una Bmw scura da Roma risale l’Italia. Dietro c’è il sottosegretario ai Beni culturali, nel bagagliaio c’è un dipinto. Per l’autista che lo ha caricato era destinato a un facoltoso committente a Montecarlo. È la notte del 14 maggio. Quell’autista guida da 20 ore. Insiste per fermarsi, ma Sgarbi lo lascia lì, in piena notte in autostrada, a 650 km da casa. “Io ho il mio di autista, la mia macchina, mi pago la benzina!”, sbraita Vittorio Sgarbi in tv. La verità? Gli autisti Sgarbi non li usa, né li assume: li consuma. E poi li rottama. Uno era finito in coma, un altro sotto una montagna di multe. Questo è sparito quel giorno, il giorno in cui Sgarbi diventa sindaco di Arpino (Frosinone), dove però voleva andare a spese del ministero, con auto e conducente che si è fatto autorizzare come “missione istituzionale”: riconsegnare ai suoi elettori un dipinto di Francesco Trevisani, “incautamente finito in una stanza degli uffici del Distretto sanitario di Sora”. Ma non è tutta la verità: Sgarbi quel 15 maggio chiede l’auto con conducente al ministero perché il suo l’aveva mollato lui dall’altra parte dell’Italia.
Non chiamateli autisti però, chiamateli “eroi”. Spiega uno di loro: “Il ruolo dell’autista è fondamentale nella vita di Vittorio che è attivo 20 ore su 24 con appuntamenti di ogni tipo in tutta Italia. Una resistenza fisica non indifferente. Pesantissimo in termini di ritmi e chilometri. Vittorio in un mese ne macina 30-40 mila, ma nel mezzo lui dorme, noi no”. Lo racconterà lo stesso Sgarbi imitando il protagonista del celebre romanzo di Michael Connelly: “L’auto è il mio ufficio” scrive, postando una foto che lo ritrae al telefono, steso sul sedile, coi piedi fuori dal finestrino e libri e giornali sui tappetini.
Il penultimo noto è appunto R.R.K., un rumeno dai modi eleganti che parla quattro lingue, al volante dall’estate 2022. S’è fatto tutta la campagna elettorale per Arpino e le Regionali in Lombardia, su e giù per l’Italia. Il carburante misura la sua dedizione: in due giorni, dal 13 al 15 maggio, Sgarbi gli bonifica 600 euro come “rimborso benzina”. Fino alla notte del 14 maggio. In meno di 24 ore in cui si accumulano trasferte, il viaggio sembra volgere al termine in una remota località Piemontese (Elva) al confine con le Alpi Francesi. In auto Sgarbi e Giuseppe D’Angelo, commerciante d’arte che lo segue nelle sue “missioni”. Perché in quell’angolo dimenticato del Piemonte? L’autista ha un’ipotesi: “Quella volta era per un committente a Montecarlo, non ricordo se ho caricato uno o più quadri. Capitava di portarli a persone ricche, anche principi e imprenditori che ho conosciuto. Non è che mi dicevano le cose chiaramente, ma c’era un tema di evasione delle notificazioni allo Stato”. Sgarbi è indagato su questo reato: un’opera che si trovava a casa sua è stata ritrovata a Monaco. L’ex autista racconta: “Ero pagato 6/7 euro l’ora, con contratto di prestazione occasionale, che occasionale non era”.
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L’indomani c’è la proclamazione ad Arpino e Sgarbi vuole tornar lì a tutti i costi. L’autista però non ce la fa più e si ferma all’autogrill di Rio Ghidone Ovest, dalle parti di Fossano, entra e prende un caffé. “Quando esco la Bmw non c’era più: mi avevano abbandonato lì, in piena notte”. Alle 2:15 del mattino posta un video in cui lo racconta. Lo chiamano: “togli tutto”. Gli bonificano 1500 euro. Il posto però l’ha perso.
A qualcuno è andata peggio. A.L.G. ha 30 anni la notte del 2012 in cui l’auto del critico si sfracella all’altezza di Frosinone. Sgarbi esce dall’ospedale rilasciando autografi e interviste, solo fratture per lui. L’autista ne esce in coma, non si trovò mai il copertone in mezzo all’A1 che nella versione di Sgarbi aveva provocato l’incidente.
Il molisano D.V. lavora per Sgarbi dal 2019. Era lui alla guida della Bmw quando nel 2022 l’auto venne fermata alla dogana svizzera per via d’un lampeggiante acceso che gli agenti contestano. Sgarbi se la prende con loro ma verrà fuori che all’epoca non aveva titolo per averlo: 500 euro di multa. “Colpa dell’autista, dormivo o leggevo”, dirà allora Sgarbi. Che, suo malgrado, era l’intestatario della macchina e il conducente registrato. Con un patto però: mille euro in più al mese, se arrivano multe fino a 300 euro le paga lui, sopra intervengono Vittorio e la compagna Sabrina Colle, o la sorella Elisabetta. Più d’uno aveva intimato a Sgarbi di smetterla con le auto a noleggio, catorci (una è andata a fuoco) troppo cari. Ma lui una soluzione alle multe l’aveva pure trovata: una concessionaria in Romagna, che il sottosegretario incenserà più volte (ci sono i video), offre un servizio esclusivo “Multe Comprese”: 3.400 euro al mese e il locatario è libero dalle contravvenzioni. Ci pensa la società a dichiarare come conducenti, per la decurtazione dei punti, prestanome nullatenenti. Non così il povero D.V. che figura invece nei pubblici registri e sui contratti e, a detta degli altri autisti, si ritrova presto foderato di multe e spogliato dei punti patente. Chiede che vengano pagate, finirà per vendere l’auto per rifarsi, motivo per cui non guiderà più. Contattato dal Fatto, non ha voluto commentare.
Che dire di M.G., ex autista del ministero in pensione. “Sgarbi lo portavo al tempo di Berlusconi, sono diventato amico, si fida di me”. A 67 anni non disdegna di rimettersi al volante, perché Sgarbi è unico, ma di autisti ne servono tre, da far turnare ogni 10 giorni. “Da tre mesi gli faccio qualche favore, se ha un foglio da portare da casa al ministero, pure lo spazzolino”. Lo fa in amicizia dice, per i colleghi spera che il posto si trasmetta al figlio. “Ma non vengo pagato”, ripete, convinto che le ricariche via Poste Pay da Sgarbi&C non siano tracciate, quando sono bonifici a tutti gli effetti, e si vedono: 1.200 euro al mese con causale “Anticipo costi per Sgarbi”. È un problema: in pensione non potrebbe lavorare, senza contratto poi…
Ma rallentiamo, fermiamo quell’auto che corre al ministero, a un comizio o a uno dei tanti “eventi” a pagamento. Davanti c’è un autista mortificato (“Di là, di là, no no diritto: incapace!”) e abbandonato come un cane all’autogrill. Dietro il sottosegretario al telefono con politici, imprenditori e giornalisti. Parla di affari (opere d’arte) e manovre politiche, come l’ “operazione scoiattolo” che ha condotto con Dell’Utri per mandare Berlusconi al Quirinale. Molti colleghi di governo vorrebbero levarselo dai piedi ma aspettano. Magari i magistrati che indagano sui debiti col Fisco oppure l’Antitrust, che deve dire se il sottosegretario “a gettone” può stare al Ministero. In caso debba traslocare, un autista non mancherà.