“Questa sentenza odora più di politica che di diritto, la Cassazione si è spinta oltre le colonne d’Ercole”. Tra quelli che sono stati rappresentanti della pubblica accusa, Antonio Ingroia è l’unico a commentare le motivazioni della Cassazione sulla cosiddetta Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. D’altra parte fu lui il “regista” dell’inchiesta capace di contrapporre il Quirinale alla Procura di Palermo, col conflitto d’attribuzione sollevato davanti alla Consulta per ottenere la distruzione delle intercettazioni tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino. E con lo stesso capo dello Stato chiamato a testimoniare.
Avvocato Ingroia, perché parla di sentenza che odora di politica?
Con tutto il rispetto per i giudici della Cassazione, questa sentenza ha passaggi molto deboli in punta di diritto. Mi sembra che si fosse pregiudizialmente deciso di chiudere questo capitolo. E di doverlo chiudere con l’assoluzione più ampia possibile per gli uomini dello Stato.
Quali sono questi passaggi deboli?
Una percentuale molto elevata di ricorsi viene dichiarata inammissibile perché si chiede alla Corte di entrare nel merito. E questo la Cassazione non lo può fare. Questa volta i giudici sono andati ben al di là di quanto mai fatto in passato.
Perché?
Scrivono che hanno ritenuto ammissibile il ricorso perché non gli è stata chiesta una diversa valutazione degli elementi di prova. E dunque hanno verificato se fossero stati rispettati i canoni probatori al di là di ogni ragionevole dubbio.
Qual è il problema?
Al di là di ogni ragionevole dubbio è un criterio solo per chi viene condannato, non per chi è stato assolto. Mori, Subranni e De Donno erano stati assolti in appello.
E quindi?
A mio parere la Cassazione non può cambiare la formula assolutoria – da il fatto non costituisce reato a non hanno commesso il fatto – solo perché il medesimo fatto non è provato al di là di ogni ragionevole dubbio. Si può fare solo nei confronti di chi è stato condannato. E questo lo prevede la giurisprudenza della stessa Cassazione: i precedenti citati sono tutti casi di annullamento di sentenze di colpevolezza.
Per questo dice che la Cassazione si è spinta oltre le colonne d’Ercole?
Non è sembrata convincente la motivazione dell’appello: credo che sia un caso classico in cui occorreva un nuovo processo di secondo grado. Soprattutto per approfondire il passaggio del transito della minaccia dai carabinieri al governo.
Per la Corte non c’è prova che la minaccia mafiosa sia arrivata ai governi Amato e Ciampi: quindi, lo Stato non capì perché i boss mettevano le bombe nel ’92 e nel ’93?
Questa è l’ennesima contraddizione di questa sentenza, che da una parte – per assolvere i carabinieri – valorizza percorsi alternativi attraverso i quali le minacce sarebbero arrivate al governo. Dall’altra, però, dice che il reato di minaccia non è stato consumato. Ecco perché occorreva un altro processo. Ed ecco perché per me questa è una sentenza che odora di politica. Non mi spiego altrimenti questa sentenza saracinesca.
Cosa intende con sentenza saracinesca?
Una sentenza con la quale bisogna chiudere definitivamente un capitolo giudiziario e storico. La magistratura non deve avventurarsi su questi terreni.
In alcuni passaggi la Corte contesta il lavoro dei giudici di merito, accusandoli di aver fatto una ricostruzione “con approccio storiografico”. Sembrano le stesse critiche lanciate dal professor Fiandaca: non trova?
Fiandaca era in compagnia di vari editorialisti e politici. Per questo è un po’ triste che la Cassazione si accodi al coro, invece di fare un attento esame della trama motivazionale di una sentenza.
È la pietra tombale sulle indagini sui misteri d’Italia?
Spero che dentro e fuori dalla magistratura ci siano delle resistenze alla spinta verso l’oblio. Anzi vorrei lanciare un suggerimento agli avvocati di parte civile.
Quale?
Mi chiedo se non ci siano i presupposti per fare ricorso alla Corte europea.
Non pensa di aver commesso anche qualche errore?
Sì: aver creduto che la legge fosse uguale per tutti.