I sistemi alimentari di tutto il mondo stanno affrontando sfide sempre più complesse e, per molti aspetti, senza precedenti: agli effetti sempre più evidenti del cambiamento climatico – a partire dalla maggiore frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi – si uniscono perdita di biodiversità, degrado del suolo, volatilità dei mercati agricoli e altre crisi ambientali e socioeconomiche. Parallelamente, la domanda globale di cibo è in aumento: sulla Terra siamo già più di 8 miliardi di persone e, sebbene la popolazione stia crescendo ad un ritmo inferiore rispetto al passato, si stima che entro il 2050 saremo quasi 10 miliardi. Di questo passo, la sicurezza alimentare è a rischio, denuncia il WWF con la sua annuale analisi sugli effetti della crisi climatica sul mercato alimentare: “L’effetto del Clima sull’agricoltura nel 2023”.
Il nostro attuale sistema alimentare è causa del 37% delle emissioni totali di gas serra, dunque uno dei principali motori del cambiamento climatico in atto, di cui l’Italia e il Mediterraneo sono purtroppo identificati come hotspot degli impatti di questo fenomeno. Questo ha delle ripercussioni enormi sulla nostra agricoltura, soprattutto a seguito dei picchi di calore registrati in questi ultimi due anni. In Italia, infatti, da qualche anno si registra un fenomeno di “tropicalizzazione del clima” che si manifesta con una più elevata frequenza di sbalzi termici significativi, siccità, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ma intense. Alterazioni climatiche che finiscono per compromettere la resa delle coltivazioni nei campi e causano danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne. Gli eventi estremi hanno quindi conseguenze a cascata sulle funzioni ecologiche, sulle aziende agricole e sul mercato alimentare, nazionale e internazionale.
L’ultimo rapporto ISMEA evidenzia che l’agroalimentare italiano è sceso al terzo posto nella graduatoria Ue per valore alla produzione, colpa della siccità senza tregua degli ultimi due anni, che ha peggiorato il posizionamento competitivo nel settore agricolo. Secondo le associazioni di categoria, tra coltivazioni e infrastrutture, i danni nel 2023 supereranno i 6 miliardi dello scorso anno con cali a livello nazionale nei settori chiave, tipici della nostra alimentazione mediterranea, ad esempio meno 60% per le ciliegie, meno 63% per le pere, meno 12% per il pomodoro e la vendemmia, mentre il miele fa registrare un calo del 70% rispetto allo scorso anno. Per il pomodoro il calo del 12% è frutto di una resa media in campo disomogenea sul territorio, dove nel Nord Italia è stata più bassa della resa media del quinquennio precedente, soprattutto nell’area est.
Anche vino e l’olio hanno subito un calo significativo in termini di resa numerica con un conseguente aumento dei prezzi, già esasperato dall’inflazione. Per l’olio, l’annus horribilis 2022-2023 si è chiuso con un calo del 27% della produzione. In particolare, l’Umbria rischia un calo di oltre il 50%, cifra che ci si attende anche al centro Italia, con l’eccezione della Toscana dove, come al sud, sembrerebbe esserci un calo più contenuto, tra il 10 e il 20%. Per il vino il settore ha registrato un calo del 12% rispetto allo scorso anno, soprattutto per un incremento del 70% della pioggia nelle giornate più importanti per i trattamenti contro le fitopatie, cosa che ha reso la vendemmia più “povera” al centro e al sud con flessioni medie del 20% e del 30% rispettivamente. Un livello produttivo che non permetterebbe all’Italia di mantenere il primato mondiale.
“L’agricoltura è causa e vittima del suo stesso impatto ambientale. A fronte di un clima sempre più estremo e di una crescente scarsità di risorse, nei prossimi anni sarà necessario un utilizzo delle risorse sempre più mirato e monitorato. Occorre lavorare sulla resilienza delle colture agricole, cercando di rendere più sostenibile il sistema agroalimentare, limitando gli input esterni, quali i fertilizzanti e prodotti per la difesa chimici e favorendo un approccio agroecologico, più efficace per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura e far fronte alla scarsità di risorse e ai cali di produzione dovuti al cambiamento climatico. Questo approccio è necessario anche per eliminare pesticidi e fertilizzanti di sintesi, utilizzare tecniche meno intensive e filiere corte, azioni che consentirebbero di tagliare di un terzo i consumi energetici”, afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del WWF Italia. “Dall’altro i cittadini nella loro veste di consumatori hanno un ruolo chiave, perché ogni scelta di acquisto ha ripercussioni non solo dirette, ma anche indirette sulle emissioni totali di gas serra. I consumatori hanno il potere di orientare l’economia e, quindi, contribuire alla lotta al cambiamento climatico con la loro spesa”.