Il Fatto di domani. Sciopero generale: Landini e Bombardieri snobbano Salvini. Israele-Gaza, i parenti degli ostaggi marciano contro il governo

Di FQ Extra
14 Novembre 2023

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SCIOPERO DEL 17 NOVEMBRE, SALVINI CONVOCA I SINDACATI, CHE LO SNOBBANO. COME FUNZIONA L’ASTENSIONE DAL LAVORO IN EUROPA. Ieri la Commissione di garanzia sugli scioperi ha bacchettato i sindacati perché mancherebbero le condizioni per lo sciopero generale. Salvini insiste e dal Ministero dei Trasporti ha fatto inviare una lettera per invitarli “a rivedere la propria posizione, anche alla luce delle indicazioni del Garante, auspicando il rispetto delle regole e del buonsenso”. Poi il segretario leghista ha convocato i leader di Cgil e Uil al ministero, alle 18 “alla luce del mancato accordo dopo la l’intervento del Garante”. Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri lo hanno snobbato: hanno mandato i loro segretari organizzativi alla riunione, facendoli precedere da una nota in cui chiarivano che “non sono venute meno le ragioni dello sciopero”. A fine incontro il Mit ha confermato che precetterà i lavoratori. I sindacati sollevano la questione dell’assenza di imparzialità da parte del Garante, i cui componenti hanno rapporti precedenti con la destra al governo. Il primo ad adombrare l’ipotesi è stato Bombardieri, ieri, parlando di una decisione ispirata da “logiche politiche”. Anche Landini aveva parlato di “compiacenza” rispetto al governo. I legami dei commissari del Garante scioperi con la maggioranza non mancano, per almeno tre su cinque. La presidente Paola Bellocchi e Fabrizio Ghera sarebbero vicini ai leghisti Alberto Bagnai e Claudio Durigon. Peppino Mariano ha un link diretto con Meloni, di cui fu consulente tra il 2008 e il 2011 (quando la leader di FdI era ministra della Gioventù). Paolo Reboani in anni passati è stato invece consulente per ministri del Lavoro Roberto Maroni e Maurizio Sacconi, nonché sherpa internazionale della ministra Emma Bonino durante il governo Prodi. Luca Tozzi ha lavorato come consulente giuridico del ministro della Famiglia nel biennio 2018-19: Lorenzo Fontana, oggi presidente della Camera, organo che ha designato Tozzi e tutti gli altri quattro membri della Commissione. Domani mattina alle 8.30 Bellocchi sarà in audizione al ministero di Salvini. Nel frattempo anche le organizzazioni della sinistra studentesca hanno annunciato che scenderanno in piazza insieme ai sindacati. Sul Fatto di domani analizzeremo le valutazioni della Commissione con l’aiuto del giuslavorista Andrea Lassandari e vedremo anche come questa vicenda sta radicalizzando le posizioni all’interno delle opposizioni, Pd e 5S. Poi leggerete un approfondimento su come funziona e come viene esercitato il diritto di sciopero in altri Paesi europei.


GIORGETTI AMMETTE, PIL VA RIVISTO AL RIBASSO. E L’UPB STRONCA LA MANOVRA. Il ministro Giorgetti ci ha provato a mettere le mani avanti: la manovra è stato predisposta “in un frangente estremamente complicato, nel quale l’incertezza legata ai recenti avvenimenti in Medio Oriente si aggiunge alle difficoltà che già da tempo caratterizzano il contesto economico e geopolitico”. E ammette anche che probabilmente la crescita prevista nella legge per il 2024 “dovrà essere rivista al ribasso”. La manovra che non piace a nessuno è difficile da difendere, poi lo stesso giorno in cui arriva la stroncatura dell’Ufficio Parlamentare di bilancio. La legge è “improntata a un’ottica di breve periodo, con interventi temporanei e frammentati”, spiega l’Upb che aggiunge: le previsioni di crescita sono raggiungibili “solo sotto l’ipotesi che si rafforzi consistentemente la domanda estera e che avanzino speditamente i progetti del Pnrr“. Pnrr che – come abbiamo visto – arranca. Ma la parte più dura viene riservata al comparto sanità, checché ne dica il governo: non c’è nessun “potenziamento strutturale” del servizio sanitario nazionale, anzi, il finanziamento per il 2024 “potrebbe non coprire integralmente le spese”. Una mazzata per un comparto che si misura ogni giorno con le esigenze degli italiani che fa il paio con quella arrivata ieri dalla Corte dei Conti, secondo cui le risorse non sono sufficienti a garantire “la tenuta del sistema”. Sul Fatto di domani vedremo nel dettaglio cosa sta succedendo.


MEDIO ORIENTE, LE FAMIGLIE DEGLI OSTAGGI ISRAELIANI MARCIANO DA TEL AVIV A GERUSALEMME. IL GOVERNO: “NON ABBIAMO PROVE CHE SIANO VIVI”. Dopo 39 giorni di guerra – scaturita dal raid del 7 ottobre di Hamas, che ha causato 1200 morti e la cattura di 240 ostaggi – l’esercito israeliano è entrato nelle sedi delle istituzioni governative del movimento islamico e continua gli scontri a fuoco vicino agli ospedali. A pagarne le conseguenze sono i ricoverati, rimasti ormai quasi senza cure. Secondo alcune fonti, citate da al Jazeera, ad Al-Shifa sono morti 40 pazienti. L’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che 22 ospedali su 36 siano fuori uso. Il premier Bibi Netanyahu continua a legittimare la battaglia intrapresa dentro la Striscia e all’emittente americana Fox News afferma: “Se non vinciamo adesso, allora l’Europa sarà la prossima e voi sarete i prossimi. Dobbiamo vincere non solo per il nostro bene, ma per il bene del Medioriente, per il bene dei nostri vicini arabi”. Ma Netanyahu in patria è considerato dalla maggior parte degli israeliani il responsabile del disastro del 7 ottobre; oggi le famiglie degli ostaggi in mano ad Hamas hanno marciato a Tel Aviv – e si dirigeranno poi a Gerusalemme – per chiedere al governo di fare in modo che i loro parenti siano rilasciati. Il ministro degli Esteri Eli Cohen, a Ginevra con una delegazione dei familiari dei rapiti, ha spiegato che la Croce Rossa non li ha incontrati: “Non abbiamo prove che siano ancora in vita”, ha concluso Cohen. Più ottimista il presidente americano Biden: “Lo scambio ci sarà”. In ogni caso, per il ministro Benny Gantz “anche se fosse necessario un cessate il fuoco per la restituzione dei nostri ostaggi, la guerra non si fermerà”. La situazione resta critica anche in Cisgiordania, al confine con il Libano e in Siria; nel primo caso, a Tulkarem, nel corso di scontri a fuoco con l’esercito israeliano, sono morti sette palestinesi, 12 sono rimati feriti. Per quanto riguarda gli scambi di colpi con Hezbollah, l’artiglieria israeliana ha bombardato le zone del sud del Libano a ridosso della linea di demarcazione tra i due Paesi, perchè i miliziani legati all’Iran hanno sparato razzi anticarro e lanciato droni. In Siria le milizie filo iraniane hanno attaccato due basi americane. Sul Fatto di domani leggeremo altri particolari sulla giornata, e un articolo sulle conseguenze economiche del conflitto.


GUERRA RUSSIA-UCRAINA, L’UE E LE FALSE PROMESSE A KIEV: I PROIETTILI DI ARTIGLIERIA NON ARRIVANO. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, dichiara che l’Unione europea è in ritardo sulla consegna di un milione di proiettili di artiglieria, che aveva promesso in precedenza. Secondo il sito di Politico, solo 300 mila munizioni sono state consegnate, e questo stallo si può ricondurre ad un problema di produzione e capacità industriale. In altri termini, l’Europa non ha un’industria bellica capace di far fronte alle esigenze di Kiev e di una guerra di posizione che richiede l’utilizzo di 30 mila proiettili di cannoni sparati ogni giorno da entrambe le parti. Oggi, al termine del Consiglio Difesa Ue, l’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell ha annunciato 120mila proiettili da Francia e Germania da consegnare entro il 2024. Per il segretario della Nato, Stoltenberg “la situazione sul campo di battaglia è difficile”, e per questo motivo ha rinnovato l’appello per “aumentare il sostegno a Kiev, perché non possiamo consentire che il presidente Vladimir Putin vinca”. Una fonte militare conferma all’agenzia Ansa: “Avdiivka probabilmente cadrà e rischiamo di perdere il controllo della linea. Abbiamo bisogno di rinforzi ma non ci sono”. Sul Fatto di domani leggeremo un focus sullo stato del conflitto e un articolo sul fronte interno che contesta il presidente ucraino Zelensky, le cui visioni di vittoria si stanno rivelando poco concrete.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Figli di coppie omogenitoriali, al via le cause per “cancellare” una delle due madri: la procura si rivolge alla Corte Costituzionale . Il tribunale di Padova ha aperto le udienze sui casi di 33 bambini. I loro atti di nascita – registrati sin dal 2017 – includono due mamme: il pubblico ministero li aveva impugnati il 19 giugno scorso, per via della circolare del ministero degli Interni che da metà marzo impone la rettifica nei casi di coppie omogenitoriali. La procura ha chiesto al Tribunale di Padova di sollevare la questione di legittimità di fronte alla Corte costituzionale, perché valuti la legittimità della legge 40, che che limita l’accesso alla fecondazione eterologa alle coppie eterosessuali.

Clima, secondo l’Onu il taglio delle emissioni scende dal 41% al 2%. L’Organizzazione delle nazione unite stronca i Piani nazionali per il clima (quelli elaborati dai singoli Paesi) per ridurre le emissioni inquinanti, raggiungere gli obiettivi di Parigi e impedire l’aumento della temperatura globale di a 1,5 gradi centigradi. Secondo un rapporto pubblicato dal Palazzo di vetro, la riduzione dei gas serra – rispetto al 2019 – dovrebbe essere del 41% entro il 2030: invece non supererà il 2%.

’Ndrangheta a Milano, il boss Bandiera condannato a 10 anni e 10 mesi. Voleva ricostituire la “locale” di Rho: la procura aveva chiesto una pena di 16 anni per il boss 75enne Gaetano Bandiera; il giudice ha dichiarato l’imputato colpevole accorciando la reclusione di 6 anni. L’inchiesta meneghina aveva portato ad un blitz nel novembre 2022, con 47 arresti. Per quasi tutti sono arrivate le condanne.

Le app anti-spam che aiutano i call center. Hiya e Truecaller contano circa mezzo miliardo di utenti. Sulla carta difendono le persone dalle chiamate promozionali indesiderate, in realtà raccolgono dati in modo invasivo e offrono servizi alle stesse aziende di telemarketing.


OGGI LA NEWSLETTER FATTO FOR FUTURE

Parco della Maiella da 10 anni senza direttore, gli esperti: il ministero lo commissari

di Lilli Mandara (Pescara)

Un traccheggio che dura da dieci anni e che deve finire al più presto: il Parco nazionale della Maiella non ha un direttore e quelli che nell’ultimo decennio si sono accomodati sulla poltrona più prestigiosa dell’ente erano tutti privi di requisiti o selezionati ignorando le procedure di legge.

Scontri legali, sentenze ignorate, ricorsi e controricorsi al Tar, procedure scorrette e vincitori a un passo dalla pensione o nominati ad personam: a mettere nero su bianco la storia del Parco nazionale abruzzese sono tre esperti di aree protette (ma senza interesse alcuno per la nomina, precisano, visto che sono a riposo da parecchio tempo: Dario Febbo, ex direttore del Parco del Gran Sasso, Giorgio Boscagli, ex direttore del Parco delle Foreste casentinesi e del parco Sirente-Velino, e Massimo Pellegrini, ex funzionario regionale responsabile per l’attuazione del Patom, l’accordo istituzionale per l’orso) che hanno scritto al ministero dell’Ambiente per chiedere il commissariamento del Parco, a causa dei “gravissimi e ingiustificati ritardi nella definizione della procedura concorsuale attivata nel lontano 2013 con un regolare bando pubblico”.

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