L’accusa è di turbativa d’asta. Ma tra le righe dell’inchiesta c’è qualcosa di più imbarazzante: l’inerzia, per non dire benevolenza, che il Comune di Vado Ligure avrebbe avuto nei confronti di Pietro Fotia, imprenditore di Africo che per la Dda ligure è legato alla ’ndrangheta. Fotia, arrestato pochi mesi fa in una maxi-operazione antimafia perché ritenuto il luogotenente del boss-narcos Rocco Morabito, è indagato anche a Savona insieme al capo dell’ufficio tecnico di Vado Ligure, Alessandro Veronese; quest’ultimo è accusato di aver favorito la Rebirth, l’impresa controllata da Fotia che gestiva il centro di raccolta dei rifiuti ospitato su un terreno comunale. In gran segreto nei mesi scorsi la Procura di Savona ha interrogato anche la sindaca Monica Giuliano (non indagata). Un’audizione in cui le è stato chiesto conto dei suoi rapporti con Fotia.
Eletta con il Pd, Giuliano era stata protagonista di un ribaltone clamoroso, passando alla corte di Giovanni Toti poco prima delle ultime elezioni regionali del 2020. Di lei si è parlato anche più di recente: quest’estate, nei giorni in cui il governatore ligure annunciava di aver scelto Vado per ospitare il rigassificatore di Piombino, Giuliano è stata promossa da Toti commissario regionale per i rifiuti, un incarico da 140mila euro l’anno. Una nomina che non è piaciuta a Vado, dove è in atto una mobilitazione popolare senza precedenti, che ha portato a manifestare 16mila persone contro l’impianto.
“Ritardo per favorire la ditta del boss”
L’indagine sui rifiuti, rimasta finora segreta, è stata chiusa pochi giorni fa dalla Procura di Savona. Tutto ruota intorno ai Fotia, sfiorati per anni da inchieste antimafia, mai approdate a prove certe, almeno fino a tempi molto recenti. Di quell’aura di impunità loro ne facevano addirittura un vanto. Destinatari di confische, non avevano mai smesso di occupare gli immobili messi all’asta. E per dissuadere i potenziali acquirenti, li terrorizzavano mostrando loro articoli di giornale che li dipingevano come mafiosi, per dimostrare che nessun tribunale poteva davvero incastrarli. Una doppia condanna alla fine è arrivata: nell’aprile del 2023 Pietro e Francesco Fotia vengono condannati a 3 anni e 6 mesi e 2 anni di carcere per turbativa d’asta aggravata dal metodo mafioso.
La famiglia Fotia gestisce da anni il centro di raccolta dei rifiuti di San Genesio, che sorge su un terreno pubblico, e intrattiene rapporti stretti con varie amministrazioni comunali di Vado. Dal 2019, però, la Rebirth, ultima concessionaria del trattamento dei rifiuti nata dalle ceneri della Scavoter, riceve un’interdittiva antimafia. Il Comune di Vado dovrebbe farla sloggiare immediatamente. Invece – qui secondo il pm Luca Traversa si concretizza la turbativa d’asta – l’amministrazione impiega ben due anni per farsi restituire le chiavi del centro. Così facendo, dà tutto il tempo alla Rebirth di rientrare nella White List, grazie all’espediente del controllo giudiziario (una misura antimafia che, paradossalmente, finisce per favorire la ditta colpita), di presentarsi alla nuova gara e addirittura di vincerla.
Il messaggino alla sindaca
Alla gara, siamo nel 2022, si presentano solo loro: i Fotia. Tra le varie stranezze di questa storia c’è l’apertura delle buste: avviene il 5 maggio del 2022, insieme a Veronese sono presenti fisicamente un geometra del Comune e il vincitore, Pietro Fotia. Solo che quest’ultimo nel verbale non compare. “Non mi so spiegare il fatto che a quella gara sia stata presentata una sola offerta – dice la sindaca Monica Giuliano, interrogata dal pm Traversa il 15 novembre del 2022 – Non credo sia l’unica ditta che fa queste attività. Non penso che la sola presenza di Rebirth abbia allontanato eventuali altri interessati”.
Sarà un caso, ma appena la Procura di Savona manda la squadra mobile in Comune, ad acquisire i documenti della gara, l’assegnazione viene annullata. Alla Rebirth viene contestato il fatto di non essere in regola con i documenti relativi alla fideiussione bancaria. Ma solo dopo che a muoversi sono i magistrati.
Gli inquirenti monitorano le telefonate e scoprono che Pietro Fotia intrattiene rapporti amichevoli con Veronese, ovvero il funzionario comunale che avrebbe dovuto sfrattare la Rebirth. I due si danno del tu e, secondo la squadra mobile savonese, non si evince alcuna intimidazione del funzionario comunale. Fra le comunicazioni agli atti dell’indagine c’è anche un messaggio di Fotia inviato sul cellulare della sindaca Giuliano a ridosso della gara: “Buongiorno, scusa il disturbo avrei bisogno di parlarti del centro riciclo, quando è possibile? Sono Piero”.
Il pm chiede conto alla sindaca di quella confidenza: “Non ricordavo il messaggio – dice ancora Giuliano nel corso dell’interrogatorio – Mi dà del tu perché mi conosce di vista da vent’anni. Il mio numero ce l’hanno tutti. Non avevo rapporti diretti con lui per quel procedimento. Probabilmente lui (Fotia, ndr) è abituato a dare del tu a tutti. Sono quasi sicura di non avergli risposto”. Giuliano ha spontaneamente mostrato i contenuti del telefono ai magistrati e il numero di Fotia nella rubrica non c’è. A onor del vero, non c’è nemmeno più traccia di quel messaggio.
Quanto all’affaire del centro rifiuti – pur ammettendo “l’inopportunità” e la poca “sollecitudine” – Giuliano sostiene di aver avuto cose più importanti di cui occuparsi e scarica la responsabilità sui tecnici: “Non mi occupavo io delle gare”.
I rapporti della Scavoter con le amministrazioni
Andando a ritroso, si scopre che le entrature dei Fotia con il Comune di Vado vanno avanti da molti anni e risalgono ancora ai tempi in cui il nome della famiglia era legato a un’altra società di movimento terra che faceva incetta di appalti in questa fetta di Liguria, la Scavoter. Nel 2010 la Provincia di Savona autorizza la Scavoter alla gestione dell’impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti non pericolosi di San Genesio. Già nel 2012, tuttavia, la ditta viene colpita da un’interdittiva antimafia. Il sindaco di allora, Attilio Caviglia, si propone di togliere la concessione ai Fotia, una volontà che però rimarrà solo sulla carta. Nonostante le ditte dei Fotia, per lunghi periodi, non paghino nemmeno il canone al Comune. Nel 2015 Scavoter e l’amministrazione di Vado firmano un accordo transattivo. Per aggirare i problemi giudiziari che si addensano sul loro impero economico i Fotia creano la Rebirth. E continuano a gestire i loro affari indisturbati.
Il pm Luca Traversa domanda alla sindaca Giuliano, eletta nel 2014, come tutto ciò sia stato possibile: “Sinceramente non ricordo la vicenda – dice lei – avevo in quel momento altri problemi più urgenti, la chiusura di Tirreno Power e la piattaforma Maersk”.
Eppure dei Fotia ormai parlavano informative antimafia, provvedimenti delle Prefetture e giornali. Già nel 2009 la squadra mobile registra la presenza di Pietro Fotia al funerale di Francesco Fazzari, boss calabrese radicato nel ponente ligure. Nel 2011 un’inchiesta della Guardia di Finanza sulla Scavoter porta all’arresto per corruzione di un candidato del Partito democratico locale in grande ascesa, Roberto Drocchi, presidente della squadra di pallacanestro Riviera Basket, finanziata dai Fotia e sospettata di false fatture finalizzate alla creazione di fondi neri. Drocchi in quel momento è capo dell’ufficio lavori pubblici del Comune di Vado. Segnala agli imprenditori calabresi i lavori che saranno assegnati prima ancora della pubblicazione dei bandi e i Fotia fanno incetta di appalti di somma urgenza.
Insomma, i rapporti della famiglia Fotia con il Comune di Vado Ligure vengono da lontano. Anche se oggi sembra non conoscerli nessuno.