BP si vende come Beyond Petroleum, oltre il petrolio. La norvegese Statoil ha cambiato il suo nome in Equinor. Ma le multinazionali petrolifere, pur sbandierando piani di decarbonizzazione, restano quel che erano. Le società nazionali del petrolio come la saudita Aramco – che detengono il 60% delle riserve di idrocarburi contro il 12% delle altre multinazionali – hanno piani ancor più ambiziosi di aumento della capacità produttiva.
Il risultato è che gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 paiono fantascienza: per raggiungerli servirebbe almeno un calo del 45% del consumo di fossili di qui al 2050. Preso da un controllato sconforto Fatih Birol, capo dell’Agenzia internazionale dell’energia, ha lanciato il suo “j’accuse”: le società petrolifere oggi coprono solo l’1% degli investimenti globali in rinnovabili o, in altre parole, solo il 2,5% dei loro investimenti va alle rinnovabili mentre dovrebbero arrivare almeno al 50% entro il 2030.
Trump la vede all’opposto e ha fatto sapere che cancellerà i fondi per il green: “Perforeremo così tanto petrolio”. Una minaccia nucleare considerando che gli Usa sono già il maggior produttore mondiale di gas e petrolio. Più sobriamente si potrebbe obiettare a Birol che Big Oil risponde alla logica di mercato investendo dove c’è più profitto: gas e petrolio. E le società petrolifere nazionali investono dove sono garantite più entrate per i governi: gas e petrolio. Eppure un’altra strada è possibile: diminuire i consumi energetici redistribuendo la ricchezza verso i cittadini più poveri e i Paesi meno sviluppati.
Gli Stati dovrebbero entrare direttamente nella produzione di rinnovabili, visto che hanno obiettivi di più lungo periodo della pura remunerazione degli azionisti. Infine andrebbero bloccate le perforazioni più costose nei Paesi più ricchi (tipo shale americano) per lasciare spazio ai Paesi Opec+ garantendogli prezzi stabili nel medio termine in cambio di un loro impegno a contenere la capacità produttiva.
Sembrano obiettivi utopistici di fronte al ritorno di Trump, ma certo meno che chiedere alle società petrolifere di rinunciare ai profitti per salvare il Pianeta…