Milano. “Questa è una giornata per recuperare un terreno che non abbiamo saputo calpestare nel modo giusto”. Gianni Cuperlo presenta così la lunga giornata del convegno “La parola Pace – L’utopia che deve farsi realtà”, promosso a Milano dalla sua associazione Promessa democratica. Sul palco si alternano decine di dirigenti del Pd, fino alla segretaria Elly Schlein. E l’evento, oltre ai validi contributi sul Medio Oriente (tra cui quelli di Lucia Annunziata e Domenico Quirico), suona soprattutto come un netto cambio di atteggiamento del partito nei confronti della guerra in Ucraina. Persino un mea culpa, a giudicare dai toni di alcuni contributi. Non solo dall’ala più a sinistra, ma pure da Base Riformista, la corrente guidata da Lorenzo Guerini, seduto in prima fila per tutta la mattinata.
Per rendersene conto basta affiancare, appunto, le parole di Guerini a quelle di Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd. L’ex ministro della Difesa, convinto atlantista e oggi numero 1 del Copasir, parla con franchezza: “Non dobbiamo avere paura delle contraddizioni che sono nelle nostre coscienze e riguardano anche le relazioni internazionali. Da mesi assegniamo patenti che non dovremmo assegnare, creando un dibattito non serio. Le mie posizioni sono note, ma non mi sognerei mai di dire a persone come Andrea Riccardi e Mario Giro (della Comunità di Sant’Egidio e contrari all’invio di armi a Kiev, ndr) che possono essere arruolate tra gli amici di Putin. Così come chi ha dovuto assumere decisioni, peraltro dentro a un quadro di alleanze, non dovrebbe essere chiamato guerrafondaio”. Poi, l’analisi: “Fatico a immaginare un elemento risolutivo del conflitto dal punto di vista militare”. Insomma la posizione non può più essere quella impostata da Draghi (e quindi sostenuta dal Pd) e poi ripresa da Meloni delle armi a oltranza, fino alla vittoria contro la Russia. Tesi ormai sconfessata pure dagli Usa.
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Guerini dialoga a lungo con Cuperlo e Pierfrancesco Majorino, il quale dal palco richiama le parole dell’ex ministro aggiungendo però un punto chiave: “Mi piacerebbe che come partito rimettessimo in discussione l’obiettivo del 2 per cento del Pil in spese militari”. Tema ripreso anche da Romano Prodi in video-messaggio: “In Europa c’è una terribile rincorsa agli armamenti che non serve a niente”. Provenzano, collegato da remoto perché in partenza per il Medio Oriente con il Pse, è forse il più netto: “Io sono stato favorevole all’invio di armi a Kiev, ma dobbiamo dire la verità. C’è stata una freddezza, anche da parte nostra, nei confronti della parola ‘pace’. E c’è stata una criminalizzazione di molti pacifisti autentici, che meritavano dialogo e non accuse di putinismo”.
Con queste premesse a metà pomeriggio arriva Schlein, che qualche ora prima aveva partecipato a Roma all’assemblea dei Popolari con Pierluigi Castagnetti e Graziano Delrio. Un’area cattolica molto agitata al momento della sua vittoria alle primarie. Anche per questo Schlein tende la mano: “Il pluralismo del Pd è il più prezioso valore aggiunto e ho il dovere di garantirlo. Senza i cattolici democratici non esisterebbe il Pd”. A Milano la leader torna sulla pace, non a caso già inserita nella piattaforma della manifestazione dem in Piazza del Popolo, anche perché con l’avvicinarsi delle Europee c’è un enorme spazio politico che il Pd non può permettersi di lasciare al M5S. E quindi Schlein rilancia: “Avete ragione a chiedere che nel nostro linguaggio e nelle nostre rivendicazioni ci sia con forza la pace. Non abbiamo mai avuto dubbi nel condannare Putin, ma al contempo dobbiamo insistere perché l’Europa abbia un ruolo di diplomazia”.
Mario Giro, già viceministro degli Esteri, indica la strada: “Dopo pochi mesi la narrazione del conflitto si è trasformata nel bisogno di vincere la guerra, di eliminare Putin. I conflitti si risolvono con i compromessi. Pace significa anche rinunciare a qualcosa”. La segretaria lombarda Silvia Roggiani lo riconosce: “In questo anno e mezzo troppo spesso chi ha parlato di pace è stato tacciato di essere di parte”. E Cuperlo, che con Barbara Pollastrini tira le fila della giornata, dà il senso del convegno: “Senza compromessi e senza intese le speranze di pace muoiono. Questo nostro tempo si è illuso che bastasse imporre la dottrina del mercato unico globale per garantire pace. Ma la pace richiede la politica”. E nel Pd qualcosa sembra essere cambiato.