Il Fatto di domani. Appalti Rai sulla cybersecurity: Gasparri si difende, il M5S chiede le sue dimissioni. Se è un crimine gridare “Italia antifascista” alla Scala

Di FQ Extra
8 Dicembre 2023

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APPALTI RAI E CONFLITTO D’INTERESSI, GASPARRI SI DIFENDE: “VIALE MAZZINI CONFERMA LA MIA CORRETTEZZA”. IL M5S CHIEDE LE SUE DIMISSIONI. Per Maurizio Gasparri quanto dice la Rai è il timbro sul suo buon operato. Secondo il M5s, le risposte di viale Mazzini dovrebbero indurre il senatore a lasciare la poltrona in Commissione di vigilanza. Riavvolgiamo il nastro: Gasparri è il presidente di Cyberealm (società nel ramo della sicurezza informatica) da giugno 2021, secondo quanto ricostruito da Report e dal Fatto Quotidiano. Il senatore non aveva avvisato neppure Palazzo Madama del suo ruolo aziendale, malgrado l’obbligo per gli eletti di pubblicare i loro incarichi societari nella dichiarazione patrimoniale. Dopo lo scoop del programma d’inchiesta condotto da Sigfrido Ranucci, l’alto papavero ha giustificato l’omissis dichiarandosi del tutto estraneo alla gestione di Cyberealm. Il Fatto, tuttavia, ha documentato un certo attivismo da parte di Gasparri nel settore della sicurezza digitale: partecipazione a convegni, presentazione di emendamenti, infine gli appalti Rai. Non è Cyberealm ad essersi aggiudicata i bandi della tv pubblica, bensì un’altra azienda della sua “rete”: la Atlantica Digital Spa. Quest’ultima infatti possiede una quota del 26% della società Atlantica Cyber Security Srl. Anche Cyberealm possiede azioni di Atlantica srl: per l’esattezza, il 24%. Un intreccio societario che espone Gasparri al fuoco delle opposizioni. Il Movimento 5 Stelle ne chiede le dimissioni dalla Commissione di vigilanza Rai. Per limitare i danni, Forza Italia aveva già spostato il senatore dal ruolo di vicepresidente di Palazzo Madama a quello di capogruppo: così, l’onta non avrebbe investito direttamente l’Aula. Lui invece aveva giocato la carta dell’intimidazione al giornalista, provocando Ranucci in Commissione di Vigilanza con la scenetta della carota e del cognac. Anche oggi Gasparri tira dritto: “la risposta di viale Mazzini conferma la totale assenza di qualunque rapporto tra Cyberealm e Rai”. Sul Fatto di domani torneremo sul caso Gasparri.


MANOVRA, UN’ALTRA RETROMARCIA DEL GOVERNO SULLE PENSIONI DEI MEDICI. BOLLETTE, FACT-CHECKING SUL MERCATO LIBERO. Mentre a Bruxelles Giancarlo Giorgetti fatica a far sentire la posizione italiana in sede Ecofin, che sta discutendo la revisione del Patto di stabilità, in Italia la Manovra di bilancio sembra sfuggire di mano al governo Meloni. O meglio, come già capitato in tante altre occasioni, il centrodestra si trova a dover fare retromarcia rispetto ai suoi stessi annunci. Dopo lo sciopero di 24 ore dei medici, il governo si è rassegnato a emendare la legge di Bilancio ridimensionando il taglio previsto sul trattamento retributivo delle loro pensioni (piuttosto favorevole rispetto ad altre categorie). L’escamotage consiste nell’allungare l’età pensionabile per i medici e permettere agli infermieri di annullare il contraccolpo del taglio restando in attività 3 anni in più. Insomma, un correttivo che costa 9,15 miliardi subito e in prospettiva anche di più. Ma soprattutto un beneficio che non riguarderà tutti: così il governo ha finito per salvare alcuni e scontentare tanti altri. Sul Fatto di domani vedremo nel dettaglio i sommersi e i salvati della Manovra, dopo questa ennesima retromarcia. Torneremo anche a occuparci di bollette. Perché oggi Assoutenti ha criticato il dossier dell’Istat, presentato alla Camera ieri, in cui si stimava che le tariffe del mercato libero dell’energia sono in media più care del 56,7% rispetto al mercato tutelato. Lo studio è stato condotto su base semestrale, dice Assoutenti, e quindi non tiene conto di tutte le condizioni. Con la fine decretata del mercato tutelato e il passaggio obbligatorio al mercato libero, in molti si chiedono cosa fare per evitare salassi sulla bolletta dell’energia. Per fare chiarezza, sul giornale di domani faremo un’ampia analisi di numeri e condizioni delle nostre bollette.


SE È UN CRIMINE GRIDARE “ITALIA ANTIFASCISTA” ALLA SCALA. Dice che non si aspettava tutto questo clamore Marco Vizzardelli, e ora oscilla tra l’inquietudine e l’ilarità. Privato cittadino, spettatore pagante della Prima della Scala di ieri, dal loggione ha gridato la frase “Viva l’Italia antifascista”, giusto alla fine dell’Inno di Mameli. Fin qui niente di strano: i loggionisti hanno gridato di tutto, negli anni. Il problema è che è stato identificato dalla Digos. Vizzardelli ne ha parlato con il Corriere e tutto sommato dice di esserne fiero “perché dire che l’Italia è antifascista è lapalissiano oltre che costituzionale. Non mi aspettavo proprio tutto questo can can”. Inutile dire che la frase non costituisce nessun profilo di reato. Anche se non è un mistero che a qualche altro spettatore non sarà piaciuta, vedi il presidente del Senato Ignazio La Russa. Che poi fa anche finta di niente e dichiara di non aver sentito il grido. Invece, l’immancabile Matteo Salvini si è tuffato a pesce sulla polemica, sbagliando bersaglio. Ha commentato: “chi viene a urlare a teatro ha qualche problema”, dando prova certificata di non conoscere la storia del teatro lirico, dove si è sempre gridato, soprattutto nei momenti di tensione politica. Resta un problema, che ci porremo sul Fatto di domani: per quale motivo la Digos ha ritenuto di dover identificare la persona? “Trovo un po’ inquietante che io sia stato identificato, non può non venirmi il dubbio che siamo alla soglia di uno stato parafascista”, è l’analisi di Vizzardelli. Sui social qualcuno ha lanciato l’hashtag #identificarsi insieme alla frase incriminata accompagnata dalle generalità dell’utente. Hanno partecipato massicciamente i parlamentari del Partito democratico. Fiorello ci ha scherzato sopra (“ho urlato io”), e anche il sindaco di Milano Beppe Sala fa ironia: “Ora al loggionista che gli facciamo?”. Per altri, oltre all’ironia servirebbe l’indignazione.


MEDIO ORIENTE, NETANYAHU: “NON CI SARÀ HAMAS NEL FUTURO DI GAZA”. L’INDISCREZIONE: “GLI USA HANNO DETTO A ISRAELE CHE DEVE FINIRE LA GUERRA ENTRO L’ANNO”. Al 63° giorno di guerra, dopo il massacro firmato da Hamas il 7 ottobre, con 1.200 morti e 237 ostaggi – 103 dei quali rilasciati in cambio del triplo di detenuti palestinesi – si registra una polemica a distanza tra il premier israeliano Netanyahu e l’Autorità nazionale palestinese. Il primo ministro Shtayeh ha detto che l’Anp potrebbe governare la Striscia, coinvolgendo anche Hamas, seppur in posizione subalterna: “Se Hamas è disposta a un accordo e accetta la piattaforma politica dell’Anp, sarà possibile parlarne. Occorre che i palestinesi non siano divisi”. Ma Netanyahu spazza via questa possibilità: “Non ci sarà Hamas, la elimineremo”. Il dibattito si è svolto anche all’Onu; il segretario generale Guterres chiede un cessate il fuoco immediato e afferma: “La brutalità di Hamas è un fatto, ma non può pagare tutta la popolazione della Striscia”. Gli risponde l’ambasciatore Gilad Erdan: “Hamas è l’unica responsabile per la situazione umanitaria sul terreno”. L’attualità resta drammatica: l’esercito israeliano combatte ormai in tutta la Striscia, i suoi caduti salgono a 97. Fonti di Hamas dicono che le vittime sono 17.487, la maggior parte civili; anche oggi gli estremisti islamici hanno sparato razzi su Tel Aviv. Il media Politico, citando tre funzionari israeliani rimasti anonimi, riferisce che la Casa Bianca ha dato tempo fino alla fine del 2023 ad Israele per concludere il conflitto. Non è detto che il governo di Netanyahu accetti questa indicazione visto che ha sempre parlato di una “guerra lunga” mirata a debellare i fondamentalisti. Sul Fatto di domani leggerete un articolo sul diverso destino dei giovani israeliani; chi risponde alla chiamata per andare al fronte, e perde la vita, e chi, come il figlio di Netanyahu, si trova negli Stati Uniti, a Miami, grazie ad un passaporto diplomatico. Inoltre, ci sarà un approfondimento sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale sul campo di battaglia.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Donna trovata morta in albergo: fermato il marito. Rossella Cominotti, 53 anni, è stata trovata senza vita stamattina in un hotel di Mattarana, provincia di La Spezia. Sul suo corpo erano visibili “ferite d’arma da taglio”. Dopo ore di ricerca le forze dell’ordine hanno fermato Alfredo Zenucchi, il marito, ad un posto di blocco in Toscana, nel Comune di Licciana Nardi.

Case green, l’Ue verso il compromesso al ribasso. La direttiva europea per aumentare l’efficienza energetica degli edifici si è ammorbidita con la cancellazione delle misure più stringenti. Lo stop definitivo alle caldaie alimentate a gas, per esempio, slitta dal 2035 al 2040.

Francia, appropriazione di fondi europei, Le Pen rinviata a giudizio. Il tribunale ha stabilito oggi il rinvio a giudizio di Marine Le Pen, leader della destra francese (Rassemblement national), e di altre 26 persone, nell’ambito di un’inchiesta sull’appropriazione indebita di fondi pubblici europei, tra il 2004 e il 2016. Il processo si terrà a Parigi nell’autunno 2024. Marine Le Pen è sospettata di aver “organizzato un sistema fraudolento di appropriazione indebita di fondi europei a suo vantaggio, attraverso l’assunzione fittizia di assistenti parlamentari”.


OGGI LA NEWSLETTER IL FATTO INTERNAZIONALE

Elezioni, la sfida di Navalny (dalla prigione) al “nonno” Putin

di Michela A.G. Iaccarino

Il “nonno”, come lo chiama il più famoso dissidente russo, a 71 anni, si candiderà per un quinto mandato alla guida della Federazione più estesa al mondo: il presidente russo ha annunciato oggi ufficialmente la sua ricandidatura durante un evento al Cremlino per gli “Eroi della Russia”. “Ci sono stati pensieri diversi” ha ammesso, ma è giunto “il momento di prendere una decisione”. “Per Putin le elezioni 2024 sono solo un referendum per approvare le sue azioni, per approvare la guerra”. Aleksey Navalny, in colonia penale dal 2021, di anni ne ha 47: quelli che gli rimangono da scontare in cella sono 30, ma dalla prigione in cui è rinchiuso, ha lanciato un’altra sfida al presidente prima che si aprano le urne 2024.

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