Il Fatto di domani. Destra e centristi uniti per silenziare i cronisti: ecco perché hanno paura. Le “intese storiche” a Bruxelles su migranti e patto di stabilità lasciano l’Italia alla finestra

Di FQ Extra
20 Dicembre 2023

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DESTRA, AZIONE E RENZIANI UNITI PER SILENZIARE LA STAMPA: PASSA L’EMENDAMENTO CHE VIETA DI PUBBLICARE LE ORDINANZE DI ARRESTO . È successo tutto ieri sera, poco prima delle 20. La Camera, con voto palese, ha dato via libera all’emendamento di Enrico Costa di Azione alla legge di delegazione europea che introduce il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare. Hanno votato a favore tutti tranne M5S, Pd e Sinistra-Verdi. Tecnicamente, la norma vieta di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare o citarne passi ed estratti finché non siano concluse le indagini preliminari. Si tratta di una retromarcia rispetto alla riforma Orlando del 2017 (che aveva rimosso ogni divieto di pubblicazione delle ordinanze) e si tratta senza mezzi termini dell’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio alla stampa, in un campo delicato come l’informazione giudiziaria. “Una battaglia di civiltà”, dicono in coro i renziani. Il sindacato dei giornalisti ha chiesto al presidente della Repubblica Mattarella di non firmare il testo. Nelle ordinanze d’arresto sono contenute le intercettazioni e i risultati delle indagini che motivano la misura, e quindi informano sulle ragioni del procedimento. La maggioranza “garantista”, che va da FdI a Renzi e Calenda, è la stessa che vuole limitare la possibilità di intercettare, demolire l’abuso d’ufficio e aprire le porte agli evasori. Con quest’ultima norma punta a togliere di mezzo il fastidio di vedere pubblicate sui giornali le inchieste sulle malefatte di politici e loro amici. Del resto, è la stessa maggioranza che ha voluto la riforma Cartabia. Sul Fatto di domani faremo esempi documentati di tutto quello che non potrete più leggere sulle inchieste, se dovessimo dare seguito alle disposizioni.


MIGRANTI E PATTO DI STABILITÀ: A BRUXELLES “INTESE STORICHE”, MA TRA FRANCIA E GERMANIA. L’ITALIA RESTA A PIEDI E SI ALLINEA. È un giorno di accordi storici, a Bruxelles. O almeno così pare ad alcuni. Stanotte il Consiglio e il parlamento Ue hanno trovato un accordo sull’insieme di norme che regolano il diritto d’asilo e la gestione dei flussi migratori. I dettagli non sono stati resi pubblici, ma è noto che secondo l’accordo, comunque ancora provvisorio, i Paesi in prima linea dell’Europa meridionale istituiranno una procedura di asilo più rigorosa alle loro frontiere non Ue e avranno maggiori poteri per allontanare i richiedenti asilo respinti. Quelli più interni avranno la possibilità accettare un certo numero di migranti oppure pagheranno una quota da versare in un fondo comune dell’Ue. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha esultato, come anche il nostro ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. L’Ungheria si oppone già “con forza”. Invece le ong che si occupano di diritti umani e migranti, oltre alla sinistra europea, si scagliano contro un provvedimento che “farà arretrare la legislazione europea di decenni”, come dice Amnesty, e “legalizza gli abusi alla frontiera e causerà più morti in mare”, come scrivono le associazioni umanitarie che operano soccorsi nel Mediterraneo. Approfondiremo sul Fatto di domani, dove parleremo anche di un’altra intesa in sede europea, quella sul Patto di stabilità e crescita, raggiunta oggi dall’Ecofin. Come anticipato da alcuni giornali, la mediazione è stata studiata a tavolino dai ministri di Francia e Germania. Come abbiamo raccontato sul Fatto le nuove condizioni sono peggiorative per l’Italia. Eppure, nonostante i proclami roboanti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini contro “l’Europa burocratica”, il governo rappresentanto dal ministro Giancarlo Giorgetti oggi ha ceduto. Parigi dice che il ministro italiano sarebbe stato non solo informato del testo di accordo, ma avrebbe contribuito a scriverlo. I francesi sottolineano addirittura che “l’Italia ha vinto”. Vedremo se è vero sul giornale di domani. Tra le presunte vittorie si menzionano in particolare due punti: l’estensione da 4 a 7 anni dei piani di aggiustamento del debito, che terrà conto di investimenti e Pnrr, e un ritmo di aggiustamento più progressivo.


FEMMINICIDIO BALLAN, L’UOMO NON ERA STATO CONSIDERATO PERICOLOSO DALLA PROCURA. Vanessa Ballan, la ragazza uccisa ieri a Riese Pio X (Treviso), aveva denunciato per stalking quello che poi s’è trasformato nel suo presunto assassino, Bujar Fandaj. Solo che la Procura non aveva ritenuto di dover avanzare al Gip richieste di custodia cautelare. “Dopo una perquisizione eseguita nella sua abitazione, da parte di Fandaj non c’erano più stati episodi di molestie, di avvicinamenti o minacce. La valutazione fatta era di non urgenza, cosa purtroppo che si è rivelata infondata”: ad ammettere che probabilmente c’è stata una sottovalutazione del caso, è stato oggi il procuratore capo di Treviso, Marco Martani. La relazione tra i due, ha riferito il magistrato, era nata nel 2022 “ma era stata troncata a giugno dalla donna, che aveva tentato di nascondere le minacce al suo compagno, che però se n’è accorto, e l’ha aiutata e sostenuta nel presentare denuncia, il 26 ottobre scorso”. Eppure Fandaj continuava a minacciarla, presentandosi nel supermercato dove lei lavorava anche quattro volte al giorno; qualche settimana fa, aveva anche scavalcato la recinzione di casa della donna tentando di accedervi. Ieri mattina è arrivato in bicicletta portando con sé un borsone nel quale aveva riposto il martello usato per sfondare la porta a vetri e il coltello con cui poi ha ammazzato Vanessa Ballan. Sul giornale di domani, oltre alla cronaca di questo ennesimo femminicidio (sono oltre 110 le donne uccise nel 2023), con l’aiuto di un’esperta proveremo a capire perché simili casi vengano ancora sottovalutati. E questo nonostante la recente entrata in vigore della legge 168, che potenzia le misure cautelari.


ISRAELE-GAZA, SI TRATTA PER UN’ALTRA TREGUA. TENTATIVI DI PACE ALL’ONU (FUORI TEMPO). Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è preso un supplemento di riflessione, ieri, sul conflitto mediorientale. Finora, nessuna risoluzione è passata per via del veto degli Stati Uniti a qualunque testo chiedesse un cessate il fuoco. Il nuovo testo che si vota oggi, è frutto della mediazione degli Emirati Arabi ed è costruito per far sì che Washington si limiti ad astenersi. Invece del cessate il fuoco, contiene la formula della “pausa dai combattimenti” e ripropone la soluzione dei due popoli, due Stati. Disponibile a una tregua si è detta ieri anche Tel Aviv, nonostante oggi il premier Netanyahu abbia ribadito che “la guerra continuerà finché Hamas non verrà eliminato”. In realtà, da qualche giorno il capo del Mossad Barnea e i leader di Hamas e del Qatar stanno lavorando a una nuova pausa dei combattimenti in cambio del rilascio di ostaggi. Ha colpito molti analisti la notizia del viaggio del leader di Hamas in persona, Ismail Haniyeh al Cairo (da Doha, dove risiede) per negoziati. Dalle ultime indiscrezioni, l’accordo prevederebbe una tregua di una settimana in cambio di 40 ostaggi (e 120 prigionieri palestinesi, secondo la proporzione 1:3 adottata anche l’ultima volta). Nella Striscia, mentre i morti civili palestinesi sfiorano i 20 mila, i soldati israeliani caduti sono ufficialmente 134. Il Washington Post è tornato a ricordare che l’idea dell’amministrazione Biden è che Israele metta fine all’offensiva nel giro di poche settimane. Nel frattempo, dopo l’annuncio dell’intenzione Usa di creare una coalizione per difendere il transito delle navi commerciali occidentali del Mar Rosso, la milizia yemenita degli Houthi, appoggiata dall’Iran, ha fatto sapere che intende reagire: “Renderemo le navi Usa bersaglio dei nostri missili e droni” in risposta “ad ogni attacco americano al nostro Paese”, minacciano. Resta aperta la questione di cosa farà la fregata militare italiana che domenica passerà il canale di Suez per schierarsi nella regione (ne ha parlato oggi sul Fatto Alessandro Mantovani).


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Antonio Ingroia assolto dall’accusa di peculato. In appello, l’ex Procuratore aggiunto di Palermo è stato assolto dall’accusa di peculato, dopo la condanna in primo grado a un anno e dieci mesi (sospesa) per i rimborsi e assolto per i 117 mila euro percepiti a titolo di indennità di risultato.

Caso Sgarbi, Sangiuliano non risponde. Al question time alla Camera sul caso del quadro di dubbia provenienza portato dal sottosegretario alla Cultura in una mostra, rivelato dal Fatto, il ministro della Cultura ha sviato le domande dei parlamentari, con la scusa che si tratterebbe di casi personali.

Assalto alla Cgil, condanna a 8 anni per Castellino e Fiore. Otto anni e 7 mesi per Giuliano Castellino e otto anni a 6 mesi per Roberto Fiore, rispettivamente vice e leader di Forza Nuova, per l’assalto alla Cgil durante una manifestazione “no green pass” il 9 ottobre 2021. Lo ha stabilito il Tribunale di Roma. La procura ne aveva chiesti dieci. All’ex Nar Luigi Aronica inflitti 8 anni e mezzo. Alla lettura della sentenza, saluti romani, cori e il grido: “Mo famo la guerra”.


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Iran, la denuncia di Amnesty: “Il regime usa lo stupro come arma contro il movimento delle donne”

di Riccardo Antoniucci

È una delle conseguenze più terribili dei conflitti, ma anche della repressione di regime. Lo stupro è stato riconosciuto nel 2019 come un’arma di guerra dall’Onu e oggi è parte integrante della definizione di genocidio. Ma è anche un’arma della repressione da parte delle dittature o dei governi autoritari, lo dimostra chiaramente il caso dell’Iran. Un rapporto di Amnesty International mette a fuoco l’uso della violenza sessuale da parte delle forze di sicurezza di Teheran e dal corpo paramilitare delle Guardie rivoluzionarie islamiche, con l’obiettivo di stroncare il movimento “Donna, vita, libertà” nato dall’ondata di proteste conseguenti alla morte della 22enne Mahsa Amini nel 2022.

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