L’assegno

Post Rdc, il governo ammette: “Pochi soldi, zero formazione”

I 350 pagati a 22 mila dei 130 mila occupabili - L’anpal: “Corsi minimi non ci sono le capacità per quelli più lunghi”

21 Dicembre 2023

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Quattro su cinque non hanno visto un euro e la formazione non servirà a trovare un impiego. Più che un flop, quella del Supporto formazione e lavoro (Sfl), l’indennità promessa agli ex percettori del Reddito di cittadinanza che seguono corsi o servizi di orientamento, è una fregatura. È quanto emerge dalle parole di un dirigente Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del ministero del Lavoro, che conferma quanto scritto dal Fatto ai primi di dicembre sui ritardi della misura. C’è di più: tra le domande accolte, una su due non ha ancora ricevuto il sussidio. E di peggio: nella maggioranza dei casi la formazione messa in campo non darà ai beneficiari alcuna possibilità di riaffacciarsi sul mercato. Un’illusione ai danni di centinaia di migliaia di poveri che rischia di bruciare i fondi europei del Pnrr.

Partiamo dai numeri, quelli che il Fatto ha inutilmente chiesto al ministero e all’Inps a fine novembre, quando utenti, enti di formazione e centri per l’impiego denunciavano il malfunzionamento del Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), e i mancati versamenti. Negare tutto e nascondere i dati, questa la linea della ministra Marina Calderone. Ma la realtà è saltata fuori lo stesso, durante un webinar organizzato il 19 e 20 dicembre dal ministero e riservato agli addetti ai lavori. Tra i relatori c’è Stefano Raia, dirigente Anpal che coordina la rete dei servizi per il lavoro. A lui è toccato il compito di spiegare il Sfl da 350 euro al mese, per un massimo di 12 non rinnovabili, destinato agli “occupabili”: persone in povertà (Isee sotto i 6.000 euro) senza minori, over 60, disabili o fragili nel nucleo famigliare. Al via dal primo settembre, la misura ha registrato 130 mila domande. Ma ad oggi, riferisce Raia, “i beneficiari ammessi sono 44 mila. Di questi, il 50% sta percependo il beneficio”. Gli altri non ricevono alcun aiuto da mesi, molti sono già sotto sfratto. Che male c’è? Del resto, ha detto Calderone il 1º dicembre, “non si fa la formazione per avere il sussidio. Si fa la formazione per accrescere le proprie competenze”. Non fosse che la formazione, dice oggi Anpal, la stanno facendo in pochi e spesso inutilmente. Raia è chiaro: “L’attività più erogata è l’orientamento individuale o di gruppo: simulazione di colloqui, bilancio di competenze, laboratori sulla ricerca di lavoro”. Per chi è fermo da anni si tratta di acqua fresca. Raia le chiama “misure leggere, che non garantiscono in termini di esito l’identificazione della propria visibilità da parte della persona all’interno del mercato del lavoro”. In altre parole, non danno alcuna chance. “Il 60% delle persone – aggiunge – hanno necessità di riqualificazione lunga, almeno 600 ore di formazione”. Al contrario, “in questo momento la formazione lunga viene esperita per numeri non particolarmente rilevanti nel nostro Paese”, ammette. Perché? “I cataloghi formativi sono rigidi, i tempi della loro attivazione difficilmente guidabili dall’alto, le aule devono essere piene prima di partire: tutte tematiche con le quali la misura si sta scontrando”. Senza formazione adeguata, gli “occupabili” sono tali soltanto a parole.

Scaduti i 12 mesi del Sfl, i beneficiari si trasformeranno un’altra volta in semplici disoccupati, poveri e senza più alcun sostegno. Raia avverte: “Il rafforzamento necessario dei servizi per l’impiego dovrà già preventivamente essere connesso con l’attività formativa, sennò la proposta dovrà curvare verso orientamento e accompagnamento al lavoro”. Tradotto: a oggi c’è ben poco da offrire alla platea del Sfl. E sarà lo stesso per la parte “occupabile” di chi prenderà l’Assegno di inclusione (Adi).

Adeguata o no, la formazione va comunque pagata ai privati che la erogano. Significa che stiamo buttando i soldi chiesti in prestito all’Europa, che ci ha dato 4,4 miliardi da spendere entro il 2025 nel progetto Gol, ambizioso acronimo di “Garanzia occupabilità lavoratori”. Stando alle parole di Raia, però, la maggior parte dei servizi attualmente erogati “non garantisce una continuità tale da poter immaginare un’attivazione” della persona. Altro che occupabilità.

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