“Siamo virtuosi, gli unici in Italia”. Era il 30 novembre 2012 quando il Consiglio regionale pugliese annunciò l’abolizione del vitalizio e dei costi della politica. Undici anni dopo, con il favore della tenebre e di una lunga e sfiancante seduta del Consiglio, pian piano ecco tornare molti benefit. Trattamento di fine mandato, contributi pieni anche senza i cinque anni di mandato e blindatura totale dei vitalizi ai condannati. Tutto in una notte. O quasi. Il primo colpo messo a segno riguarda i contributi. In buona sostanza, con un emendamento alla manovra di bilancio, passato all’unanimità, gli eletti che sono subentrati a legislatura iniziata o – con una buona previsione – che interromperanno il mandato a meno di 30 mesi, per saltare su treni nazionali o europei, potranno riscattare l’intero quinquennio, così da maturare la pensione contributiva. Tutto regolare, si dirà. Non tanto. Perché, è vero che il consigliere regionale verserà di tasca propria circa 600 euro al mese, ma da ora la restante parte da 1.600 euro mensili sarà a carico della Regione. Insomma, le casse pubbliche verseranno i contributi agli eletti anche per il periodo in cui non erano in carica e facevano tutt’altro nella vita. “Funziona così in tutte le Regioni – dicono – anche in Parlamento, perché qui no?”.
Il secondo colpo che si sta tentando di mettere a segno – in questo caso con qualche difficoltà in più, viste le rumorose proteste di Confindustria e sindacati – , riguarda la liquidazione. Con una clausola aggiuntiva: la retroattività. A guadagnarne maggiormente saranno i veterani del Consiglio regionale, quelli arrivati alla terza o quarta legislatura che potranno sommare 15 o 20 anni di mandato incassando un assegno di tutto rispetto. La spesa già preventivata è di 3 milioni e 700 mila euro. “È un nostro diritto” tuonano. La tesi è che alcuni degli eletti sono in aspettativa dal loro vero lavoro e la liquidazione sarebbe una sorta di ristoro per l’accantonamento del Tfr sospeso. Essendo ritenuti insufficienti, evidentemente, gli 11 mila euro lordi che percepisce un consigliere regionale pugliese, senza altri incarichi. Ma questo non varrebbe per la libera professione che in molti portano ugualmente avanti. Il presidente della Regione Michele Emiliano ha chiesto alla sua maggioranza quantomeno di “spiegarlo bene ai pugliesi, di essere chiari”.
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L’ultimo tassello riguarda il vitalizio ai condannati. Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Francesco Ventola, ha proposto la sospensione della pensione d’oro agli ex consiglieri regionali condannati in via definitiva per reati contro la Pubblica amministrazione, anche se la pena è stata condonata da indulto. Non un caso ipotetico, in Puglia ne esiste uno specifico. Si tratta di Andrea Silvestri, ex assessore alla Formazione professionale quando a capo del governo regionale c’era l’attuale ministro Raffaele Fitto. Silvestri nel 2004 fu indagato, e arrestato, dalla Procura di Bari con l’accusa di truffa e peculato per viaggi, soggiorni e acquisti personali a spese della Regione. Patteggiò risarcendo alle casse pubbliche 9mila euro di spese indebite e, nel 2006, usufruì dell’indulto concesso dal governo Prodi. Silvestri nel frattempo ha anche raggiunto i 55 anni di età – requisito minimo richiesto – e da 7 anni percepisce il vitalizio da 2 mila euro per i cinque anni di mandato. E il mirino di Ventola è puntato proprio sul caso pugliese. Ma il centrosinistra ha fatto muro, respingendo la richiesta e considerando la pena e l’indulto come riabilitazione. Silvestri, interpellato dal Fatto Quotidiano, annunciando querele per diffamazione, ritiene tutta la vicenda mossa da “finalità estorsive”. Ma Ventola non sente ragioni: “Consentiamo a chi ha rubato soldi e tradito un mandato elettorale – ha detto – di vivere con un vitalizio, che è e resta un privilegio. Una bella lezione di vita”.