Ieri l’annuncio: l’Italia ha il suo Piano per l’Adattamento ai cambiamenti climatici. Evviva. Eppure per la prima volta se n’era parlato nel 2007 quando qui si tenne la Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici, e nel 2012 quando il ministero dell’Ambiente avviò un percorso per dare all’Italia una Strategia Nazionale di Adattamento in linea con l’Ue che iniziava a spingere in questa direzione. Si voleva elaborare una visione nazionale su come affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici per ridurre al minimo i rischi sulle persone e l’economia. Eppure, per 15 anni, mentre il Paese crollava sotto pioggia e siccità, non se n’è vista traccia. La sua redazione fu avviata nel 2016, nel 2018 il dialogo propedeutico con la Conferenza Stato-Regioni. E ancora, la decisione di una Valutazione Ambientale Strategica, la verifica dell’assoggettabilità (è il 2020) e poi nel 2021, con l’allora neo ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, l’avvio. Dopo 18 mesi, però, la Vas non aveva fatto passi avanti e i beninformati raccontavano che la bozza del documento giaceva in un cassetto complici le pressioni di lobbisti vari. Sarà proprio Pichetto Fratin a riparlarne, subito dopo l’alluvione di Ischia, un anno fa. Anche stavolta un iter lungo, segno di una fitta trattativa, e molti annunci: “Prima dell’estate”, “dopo l’estate”, “entro fine anno”. Alla fine è arrivato a inizio anno.
Nella pratica si tratti di una sorta di database con 361 azioni di adattamento raccolte per urgenza, tipologia, tempi e istituzione competente. Soprattutto, con le stime dei costi e dei fondi già disponibili. Fornisce agli enti locali le indicazioni per attuare la strategia di adattamento italiana. In pratica dice di cosa si debba tenere conto quanto si progetta qualcosa che abbia un impatto ambientale. Prevede interventi soft e altri più forti, li distingue per settore e interviene sulla governance, limitandosi a creare al ministero “l’osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici”. Insomma, arriva la visione, le intenzioni, una grande strategia che però non è vincolante nonostante gli scenari catastrofici descritti nella prima parte. È una sorta di manuale per gli amministratori. La misura 45, per dire, recita: “promozione della diffusione dell’agricoltura di precisione”. Mentre la numero 80 prescrive di “programmare la spesa pubblica relativa alle opere di prevenzione dei rischi idraulico e geomorfologico”. O ancora, “investimenti in immobilizzazioni materiali per l’efficientamento delle reti e risparmio idrico”. O ancora interventi per il “benessere animale”. Il tutto mentre il governo va nella direzione opposta anche, e soprattutto, a Pichetto Fratin stesso.