Quasi mezzo chilo di rifiuti (0,4286 kg per la precisione, in gran parte oggetti in plastica) per ogni chilometro di escursione sui sentieri alpini. È la fotografia regalata dai primi due anni del progetto CleanAlp, il primo al mondo a studiare l’inquinamento da plastica sulle montagne. Sono stati percorsi 475,43 chilometri, suddivisi in 46 escursioni finalizzate alla ricerca scientifica. I fazzolettini di carta sono stati il singolo oggetto più rinvenuto: 1832, media di 3,75/km. Precedono i mozziconi di sigarette: 1307, 2,67/km. Ma le confezioni per alimenti sono di gran lunga le più numerose: 2713, 5,55/km.
L’inquinamento da plastica è normalmente associato al mare e alle aree urbane, pochissimo si è indagato invece sulle aree montane e quel poco limitatamente alle microplastiche. Generalmente si ritiene che le Terre Alte ne siano esenti. Sbagliando.
Negli anni, con European Research Institute di Torino abbiamo maturato una grande esperienza nella ricerca riguardante la diffusione dell’inquinamento da plastica nei vari ambienti. Abbiamo collaborato a spedizioni e ricerche in Artico, Mediterraneo, sulle spiagge, lungo i fiumi… Ci è sembrato quindi importante completare lo studio coprendo anche i luoghi in cui inizia il ciclo dell’acqua, ovvero le montagne.
Il progetto ha realizzato una ricerca di citizen science (scienza partecipata), ovvero un’attività scientifica a cui possono collaborare tutti, partecipando alle varie attività in programma (basta seguire le pagine FB e Instagram del progetto) e seguendo le istruzioni dei ricercatori e il protocollo stabilito. Le escursioni per la ricerca si sono svolte solo in aree naturali e selvagge, in alta montagna, su percorsi escursionistici. Quindi: niente parcheggi, niente zone con piste da sci, ecc…
L’attività ha coperto tutto l’arco alpino nord-occidentale italiano, visitando 26 vallate dal Parco Nazionale della Valgrande alla Val Tanaro con un totale di 203,815 kg di rifiuti raccolti. I metri di dislivello sono stati 26.931, 810 i partecipanti-volontari coinvolti. 11.357 gli oggetti rinvenuti e censiti, con una media di 23,2 a chilometro.
Alla realizzazione delle attività del progetto, finanziato da The North Face Explore Fund attraverso EOCA-European Outdoor Conservation Association, hanno dato un importante supporto le Aree Protette delle Alpi Marittime-Parco Naturale Alpi Marittime, il Parco del Monviso, il Parco Naturale Mont Avic, l’AGRAP – Associazione Gestori Rifugi alpini, Escursionistici e Posti Tappa del Piemonte. I rifugisti, in particolare, sono stati coinvolti anche in attività di formazione e di prevenzione, con l’obiettivo di ridurre a zero l’utilizzo della plastica, in particolare quella monouso.
La varietà degli oggetti trovati è stata estremamente varia e per certi versi davvero stupefacente: mutande e biancheria intima in generale, pneumatici, preservativi, lattine e confezioni risalenti agli anni ’70, cotton fioc, puntine da disegno, sacchetti con le feci dei cani… Notevole la quantità di materiali rinvenuti e riconducibili ad oltre 40 anni fa: una percentuale stimabile in circa il 30% del totale.
Le Alpi sono l’elemento chiave per la vita di tutta l’Europa centro meridionale. Da secoli forniscono acqua, materie prime, energia, cibo… Questo ha favorito lo sviluppo di tutte quelle aree di pianura e collina in cui, più a valle, si sono sviluppate agricoltura di grandissima qualità, industria, città. Se questi territori sono tra i più ricchi al mondo, lo devono alle Alpi che andrebbero custodite come gioielli preziosi e invece sono state abusate e poi abbandonate. I mutamenti in corso e l’impatto che abbiamo sulle Alpi sono devastanti per quei territori e quindi gravi per tutti noi. Dobbiamo assolutamente tenerne conto, tutelare noi stessi attraverso le montagne.
Per questo CleanAlp è prezioso e le indicazioni che ne abbiamo tratto e ne trarremo nei prossimi mesi sono fondamentali per correggere i nostri comportamenti, favorendo anche l’economia locale. I dati raccolti sono estremamente importanti per avere piena consapevolezza delle dimensioni del problema e per mettere in atto azioni di prevenzione che, in montagna, sono certamente più semplici rispetto ai territori più a valle o in mare: questi sono risultati di accumuli che possono arrivare anche da migliaia di chilometri di distanza, in montagna troviamo soltanto quello che qualcuno ha portato lì.
La prevenzione si può sviluppare con modalità diverse: per i fazzolettini, ad esempio, molto dipende dalla consapevolezza e per questo abbiamo realizzato una campagna apposita, con cartoline dedicate. Le persone sono convinte che quel materiale si sciolga subito, ma quella è carta trattata per resistere e in un ambiente severo potrà durare anni; basta portarsi un sacchettino e riporre quel fazzoletto con gli altri rifiuti che riportiamo a casa. Altre soluzioni importanti riguardano la collaborazione con chi lavora ad alta quota, pastori, gestori di rifugi ecc.., e lo sviluppo della vendita di prodotti sfusi, per pranzi e spuntini, che andrebbero a vantaggio del commercio nelle comunità locali e dell’ambiente. Infine, una parte importante può venire giocata dalle aziende, riducendo confezioni e packaging e progettando gli oggetti in modo più sostenibile.
Il progetto ha realizzato una lunga serie di altre azioni, oltre alla ricerca. Attività educative, svolte con scuole elementari, medie e superiori, con interventi in classe abbinati ad attività sul campo hanno coinvolto 676 studenti. Le attività di formazione, destinate ai professionisti della montagna, hanno coinvolto 212 persone. Gli eventi pubblici (talk, spettacoli, mostre) hanno coinvolto 867 persone. Oltre 200mila le visualizzazioni dei post sui social.
Il progetto continuerà nei prossimi mesi sia divulgando i risultati acquisiti che percorrendo nuovi sentieri per incamerare nuovi maggiori dati.