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L’ULTIMA PORCHERIA DEL GOVERNO MELONI: UN “CONDONO DI MASSA” PER GLI AUTONOMI. Mentre vota per abolire l’abuso d’ufficio, sbianchettare i nomi degli intercettati e fare la vita più facile ai potenti che commettono reati, la maggioranza non dimentica gli evasori. Dal giorno del suo insediamento, il governo Meloni ha promesso una riforma fiscale per dare vantaggi ai lavoratori autonomi. Il vice ministro Maurizio Leo è incaricato di scriverla, e aveva già proposto la formula del concordato preventivo. Cioè la possibilità per imprenditori o autonomi di fare un patto con l’Agenzia delle entrate per pagare una quota fissa di tasse per due anni (rinnovabili per altri due) e non avere controlli fiscali. Nella formulazione originaria, però, per aderire bisognava avere un buon punteggio fiscale, cioè di essere in regola con le tasse. Ieri, invece, la maggioranza in commissione bilancio al Senato ha proposto di modificare la norma per estenderla a tutti, cioè anche a chi ha cattivi precedenti con il fisco (quindi ha evaso o eluso). Lo stesso ministero dell’Economia, nell’ultimo rapporto sull’economia sommersa, ha messo nero su bianco che l’evasione dell’Irpef tra atuonomi e imprenditori è del 69,7%. Nel 2020, dei 76 miliardi di mancate entrate tributarie 28,2 miliardi erano dovuti a mancati versamenti Irpef da parte di imprese e autonomi, 22,8 miliardi dall’evasione Iva. In poche parole, più che di un concordato preventivo il governo sta preparando un “condono di massa”, come l’ha definito oggi la Cgil. Sul Fatto di domani leggerete la nostra analisi.
RENZI, ONOREVOLE E LOBBISTA: ALL’ESTERO SAREBBE IN CARCERE. Da settimane stiamo pubblicando notizie sui movimenti di Matteo Renzi e del suo socio in affari Marco Carrai per facilitare accordi con Paesi esteri. È il momento di chiarire che in molti Paesi europei il caso di un senatore in carica, leader di partito e allo stesso tempo consulente retribuito da società e Stati esteri non solo non potrebbe esistere, ma sarebbe anche punito con il carcere. Per esempio in Francia. Non potrebbe esistere neanche il caso di un parlamentare che ha una sua società privata di consulenza. Senza parlare della questione regali, prebende e compensi vari. Renzi fa tutte queste cose insieme e senza problemi. Questo perché l’Italia è l’unico grande Stato Ue che non ha definito le regole del conflitto d’interessi per i politici. Sul Fatto di domani leggerete un’altra puntata della nostra inchiesta sul duo affarista, oltre che un’analisi della legislazione su conflitto di interesse e lobbismo nel resto dell’Ue.
ISRAELE SI DIFENDE DALL’ACCUSA DI GENOCIDIO A GAZA: “NON CI SONO PROVE”. YEMEN, IL RAID CONTRO GLI HOUTHI DECISO DA BIDEN IL 3 GENNAIO. Il quotidiano Haaretz, considerato il più progressista e molto critico con il premier Netanyahu, affrontando la giornata di oggi titola: “Alla Corte internazionale di giustizia Israele presenta una solida difesa nonostante i suoi politici mezzi ritardati”. Un team di avvocati ha replicato al Sudafrica che il giorno precedente aveva avanzato le sue conclusioni dichiarando: Israele ha intenti genocidi verso i palestinesi di Gaza. “Non vi è alcuna base per le affermazioni del Sudafrica contro Israele. Anzi. Non è stata presentata alcuna prova a riguardo, solo l’evidenza di una guerra difensiva morale come nessun’altra”, ha detto il ministro degli esteri Katz, aggiungendo: “Lo stesso Sudafrica viola la Convenzione sul genocidio sostenendo l’organizzazione terroristica Hamas che chiede l’eliminazione dello Stato di Israele”. Si contrappongono due visioni: il Paese africano ritiene che Israele si sia scagliato contro i palestinesi per porre fine alla loro esistenza, lo Stato Ebraico sostiene di aver diritto di rispondere alla minaccia dopo il massacro subito il 7 ottobre ad opera dei fondamentalisti, con 1.200 morti e più di 300 ostaggi tra bambini e anziani, 132 dei quali ancora nelle mani di Hamas. Nel frattempo lo scontro si allarga. Gli Houthi che dalle basi in Yemen hanno effettuato diversi attacchi a navi occidentali nel Mar Rosso, hanno subito la scorsa notte un raid aereo anglo-americano. I miliziani sono sostenuti dall’Iran, lo stesso sponsor di Hamas. Secondo la ricostruzione dei media Usa, la situazione si è aggravata dopo il 3 gennaio, quando un avvertimento degli Stati Uniti e altri 13 Paesi non ha sortito alcun effetto e, sei giorni dopo, gli Houthi hanno messo in atto il loro attacco più vasto lanciando una raffica di droni e missili contro navi commerciali e militari statunitensi. A quel punto il presidente Biden ha convocato il consiglio di sicurezza. Sul Fatto di domani ci saranno altri particolari sulla giornata e sui vari fronti mediorientali.
GUERRA RUSSIA-UCRAINA, IL CONGRESSO USA LITIGA SUGLI AIUTI A KIEV E LONDRA LANCIA UN SALVAGENTE A ZELENSKY: 2,5 MILIARDI DI STERLINE IN FORNITURE MILITARI. Washington segna il passo, ma Londra è presente. La visita a sorpresa del premier inglese Sunak a Kiev ha avuto come immediata conseguenza la firma di un “accordo di sicurezza senza precedenti”, come lo ha definito il presidente Zelensky. L’intesa impegna il Regno Unito a garantire uno scambio di informazioni tra i servizi militari di intelligence, sicurezza informatica, formazione medica, training per i soldati e cooperazione industriale nel settore della difesa. Londra fornirà 2,5 miliardi di sterline in aiuti militari nel 2024-25, per un aumento di 200 milioni di sterline rispetto ai due anni precedenti. Circa 200 milioni di sterline saranno spesi anche per l’acquisto e la produzione di droni militari. Per il primo ministro Sunak questa è l’unica via: “Esitare sugli aiuti a Kiev incoraggia Putin”. Ma dagli Stati Uniti non arrivano buone notizie. I fondi stanziati dal Congresso sono finiti, e l’assistenza per permettere all’alleato di resistere all’assalto della Russia si è interrotta. Insomma, per avere la certezza di poter spedire nuove forniture militari, è necessario che a Washington i negoziati tra democratici e repubblicani giungano ad una soluzione. Il Gop pretende una moneta di scambio: diranno sì agli aiuti all’Ucraina se il presidente Biden in quest’ultima parte del suo mandato – si voterà a novembre – varerà le nuove misure di sicurezza al confine col Messico contro la crisi migratoria. Di questa situazione cerca di approfittare la Russia; lo stesso comando ucraino parla di una sessantina di attacchi delle truppe di Mosca con i reparti di Kiev che cercano di mantenere le posizioni su Kupyansk, Liman, Bakhmut, Avdiivka, Maryinsky, Zaporizhia e Kherson. Sul giornale di domani leggerete altri particolari sull’incontro tra il premier Sunak e il presidente Zelensky, e un reportage da Kharkiv.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Perquisite le case di Sgarbi, sequestrato il quadro di Manetti. I carabinieri del Nucleo tutela patrimonio hanno sottoposto a sequestro probatorio, su attività delegata dalla Procura di Macerata, il quadro attribuito a Rutilio Manetti, Seicento senese, La Cattura di San Pietro nella disponibilità del sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, indagato per riciclaggio di beni culturali. È il quadro al centro dell’inchiesta del Fatto Quotidiano e di Report, quello che assomiglia molto a un dipinto rubato nel 2013. I militari hanno perquisito tre abitazioni del critico d’arte, che respinge ogni accusa e che ha consegnato spontaneamente il dipinto. Il sequestro è un atto dovuto per compiere tutti gli accertamenti sul quadro.
Il Vaticano dice no alla donazione di Leonardo perché produce armi. L’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, di proprietà del Vaticano, ha rinunciato alla donazione di un milione e mezzo di euro offerta dal colosso della Difesa nazionale Leonardo perché la donazione è stata considerata “inopportuna in periodo di guerra”.
Salvini al processo Open Arms: “Quando c’ero io meno sbarchi e meno morti”. In numeri assoluti è vero, potrebbe essere un messaggio indirizzato alla premier e rivale Giorgia Meloni.
La Spagna aumenta il salario minimo, l’Italia resta senza. Mentre la ministra del lavoro Maria Elvira Calderone ha ribadito che “Una soglia oraria (di paga) non cambia niente”, il governo spagnolo guidato da Pedro Sanchez ha deciso di aumentare del 5% la retribuzione minima legale oraria.
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Mi manda Sarkozy: il ritorno di Rachida Dati, la ministra che trasforma la politica in show
di Luana De Micco
La stampa francese parla oggi di “bottino di guerra”. L’arrivo di Rachida Dati, l’ex Guardasigilli di Nicolas Sarkozy, al ministero della Cultura del nuovo governo Attal, è una delle più grosse sorprese del rimpasto di governo annunciato ieri. “Show politico garantito”, scrive oggi Libération. Impetuosa, combattiva, carismatica, senza peli sulla lingua, c’è chi dice pure incontrollabile, Rachida Dati, 59 anni, è balzata agli onori della cronaca nel 2007 quando l’ex presidente Sarkozy le affidò il ministero della Giustizia. Vi restò fino al 2009 e in due anni sollevò enormi polveroni mediatici tra stile bling bling, spese a più zeri e gossip legati alla sua vita privata. Sollevò anche l’ira delle femministe per essere tornata al lavoro solo cinque giorni dopo il parto. Rachida Dati è anche dal 2008 sindaca del settimo arrondissement di Parigi, quello della Tour Eiffel, e rivale di Anne Hidalgo, l’attuale sindaca socialista, per la conquista dell’Hôtel de Ville. Le due donne, che si detestano, si sono già sfidate nel 2020.
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