Fermi tutti, nessuno si muova: “Gentiloni prepara l’addio a Bruxelles: ‘Torno a Roma, non vado in pensione’” (Rep), “Gentiloni lascia l’Europa e scalda i centristi Pd” (Messaggero), “Si agitano le correnti” (Libero). Mecojoni, direbbero i francesi. Su Rep il maresciallo Tito assicura che sarà lui, Er Moviola, “il federatore in grado di unire il centrosinistra”, forse per via del suo incontenibile dinamismo. Sul Corriere Maria Teresa Renzi assicura che “il ritorno di Gentiloni scatena le ipotesi tra i dem. E c’è chi spera: sarà lui il federatore”. L’idea che qualcuno fra i dem “speri” in lui (parlandone da sveglio), o si “scaldi” con quella stufa spenta, o si “scateni” e “agiti” per quel ficus da interni dà l’idea di com’è ridotto il Pd. Che non necessiterebbe di un segretario o di un federatore, ma di un partito, visto che su Kiev ha appena espresso quattro posizioni, sull’abuso d’ufficio due, sui mandati dei “governatori” c’è chi ne vuole due e chi tre e chi infiniti, sulla candidatura-civetta della Schlein alle Europee sono tutti contro tranne lei, su Israele e Palestina peggio mi sento, sulle alleanze c’è chi le vuole con Conte e chi con Renzi e Calenda e chi solo con Calenda e chi solo con Renzi. Del resto la Schlein assicura che il “risveglio dell’Europa” (quale? quando?) è tutto merito di Gentiloni, a cui nessuno sospettava si attagliasse il concetto di risveglio, semmai quello di letargo.
Frattanto Paolo Gentiloni Silveri, conte di Filottrano, Cingoli, Macerata e Tolentino commemora Sassoli, che dieci anni fa sfidò lui e Marino alle primarie per Roma. Risultato: Marino 50%, Sassoli 30, Gentiloni 15 (terzo su tre). Ma qui le disfatte fanno curriculum e, anziché ritirarsi, il trombatissimo Paolo fu promosso ministro degli Esteri come Gentiloni, premier come Silveri, commissario Ue come Filottrano e presidente del Pd come Cingoli. Restandogli da spendere i bonus di Macerata e Tolentino, ora è atteso da nuove elettrizzanti avventure. Federatore o segretario o allenatore della Roma (anche se tifa Juve, o forse proprio per questo), si vedrà. Se Elly non l’hanno vista arrivare, lui non lo vedi tornare, anche perché non ti eri manco accorto che fosse partito. Il suo motto è “Fate come se non ci fossi” e quello degli astanti “Ah, ci sei? Buono a sapersi”. Se la Schlein dovesse perdere la battaglia per cambiare il Pd, peraltro mai iniziata, lui sarebbe il segretario perfetto e, diversamente dagli altri, potrebbe persino durare. Lo sport del tiro al leader con lui non funzionerebbe: provate a sparare a un ectoplasma. Il rischio è che poi gli elettori, non vedendolo, non lo votino. Ma c’è sempre il caso che, dopo aver votato Pd per abitudine, per disperazione, per rassegnazione e per sbaglio, la gente si trascini a votarlo per ipnosi.