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L’INCHIESTA CHE INCHIODA IL PD ALLA QUESTIONE MORALE. APPALTI TRUCCATI A POZZUOLI: ARRESTATO IL DEM NICOLA ODDATI, EX BRACCIO DESTRO DI ZINGARETTI. Appalti truccati nel comune di Pozzuoli. L’ipotesi della procura di Napoli, guidata da Nicola Gratteri, stamattina ha portato all’esecuzione di 11 misure cautelari. Al centro dell’operazione l’imprenditore Salvatore Musella e il politico del partito democratico Nicola Oddati, entrambi in carcere. Il primo – secondo gli inquirenti – si aggiudicava i bandi pubblici grazie alle informazioni e alle relazioni politiche dell’esponente dem. Quest’ultimo, in cambio riceveva omaggi in denaro, abiti sartoriali, automobili, soggiorni spesati in hotel, benefici per la sua compagna. Oddati è l’ex capo della segreteria del Pd, a lungo braccio destro di Nicola Zingaretti: oggi è dirigente di staff della Regione Campania grazie alla nomina del governatore Vincenzo De Luca; cura i rapporti istituzionali con la Conferenza delle Regioni e dispone di un ufficio a Roma. Per lui l’ipotesi di accusa è turbativa d’asta e traffico d’influenze. Musella è sospettato di corruzione e traffico d’influenze. Con loro, altri nomi di spicco hanno ricevuto l’ordine delle misure cautelari: come l’ex presidente Enit Giorgio Palmucci e l’ex sindaco di Pozzuoli del centrosinistra Vincenzo Figliolia. L’inchiesta si è concentrata sugli appalti di riqualificazione del Rione Terra proprio a Pozzuoli. Poi si è focalizzata sulla gara per la realizzazione e gestione di un imponente complesso turistico-alberghiero sulla Antica Rocca della città puteolana. I riflettori sulle indagini si accesero nell’aprile 2022 con le perquisizioni di una dozzina di indagati. Oddati era stato trovato alla Stazione Termini di Roma con 14 mila euro in contanti. Soldi del tesseramento, si giustificò lui. Ma a smentirlo fu il tesoriere dem Walter Verini. Sul Fatto di domani vi racconteremo tutti i dettagli dell’inchiesta. La questione morale forse non investe solo le destre. Nell’ordinanza d’arresto, Oddati è definito come “spregiudicato esponente politico…costantemente al soldo” di Salvatore Musella, uno “scaltro imprenditore”. Se la legge bavaglio fosse già in vigore, i lettori non potrebbero leggere alcun virgolettato.
LA DESTRA CAVALCA LA MORTE DI GIOVANNA PEDRETTI, LA RISTORATRICE DELLA RECENSIONE CONTESTATA. La storia è tristemente diventata virale. Si rafforza l’ipotesi del suicidio per Giovanna Pedretti, titolare di una pizzeria di Sant’Angelo Lodigiano, trovata morta ieri nel fiume Lambro. Nei giorni scorsi era diventata popolare per via di una recensione di un cliente che protestava per la presenza di gay e disabili a un tavolo del suo locale, cui lei aveva duramente risposto. Molti giornali e tv l’avevano elogiata, portandola a esempio di umanità. Il post era stato rilanciato sui social anche dal ministero per la Disabilità guidato da Alessandra Locatelli. Poco dopo erano emersi dubbi sulla veridicità di quella recensione, che secondo un’analisi di Lorenzo Biagiarelli rilanciata dalla sua compagna Selvaggia Lucarelli, mostrava diversi elementi dubbi: il font, il fatto che online non se ne trovasse traccia, tra gli altri. Ciò aveva fatto pensare a un fake orchestrato per ragioni di marketing. Ne era scaturita una polemica, diretta più che altro contro i media che avevano pubblicato inizialmente la notizia senza le adeguate verifiche. Le indagini sulla morte della donna sono in corso e si orientano verso la tesi del suicidio, ma si attende l’esito dell’autopsia. È emerso che per quel post era stata sentita in questura come persona informata sui fatti. Nella sua auto, trovata vicino al cadavere, sono state rinvenute tracce di sangue. Biagiarelli, che per primo ha esternato dei dubbi sull’autenticità della recensione, ha respinto le accuse di “odio social” e invitato “a riflettere sulle conseguenze del tentativo di ristabilire la verità”. Cavalcano invece cinicamente il caso Lega e Fratelli d’Italia, usandolo come grimaldello per giustificare i loro piani di censura ai giornalisti che indagano sulle vicende che li riguardano. Sul Fatto di domani vedremo perché urlare alla “gogna mediatica” è una strategia strumentale per la destra italiana.
DOPO LO STOP USA, L’UE ALLA PROVA DELLE ARMI A KIEV. Quella che si apre oggi è un’altra settimana decisiva a Bruxelles. Decisiva per la tenuta delle posizioni europee sullo scenario internazionale e anche per la capacità di superare gli ostacoli posti dai suoi contorti sistemi decisionali. Il tema, caldissimo, è l’approvazione del nuovo bilancio dell’Unione, ultimo atto della Commissione europea uscente prima delle elezioni di giugno, con dentro un pacchetto da 50 miliardi di euro di aiuti militari all’Ucraina. Com’è noto, il presidente ungherese Viktor Orban è contrario e ha messo il veto. Il problema per gli altri 26 capi di Stato è evitare che il suo no continui a bloccare la pratica. Sul Fatto di domani vedremo qual è la strategia in discussione e in che modo mette a rischio i meccanismi europei. Venerdì, 120 eurodeputati dei cinque maggiori gruppi politici hanno firmato una petizione per limitare i diritti di voto dell’Ungheria. La decisione sarà presa giovedì, quando sarà votata una risoluzione all’Eurocamera. Mercoledì gli eurodeputati discuteranno con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio Charles Michel sul motivo per cui la Commissione ha sbloccato i fondi per Orbán. La Gran Bretagna ha già garantito 2,9 miliardi a Kiev per il 2024, Paesi Bassi e gli altri Paesi membri più grandi hanno garantito che lotteranno fino alla fine per strappare il risultato. Tutto questo mentre negli Usa il nuovo pacchetto di aiuti militari per l’Ucraina è bloccato per volontà dei Repubblicani.
ISRAELE APPROVA IL BILANCIO: 15 MILIARDI IN PIÙ PER LA GUERRA CONTRO HAMAS. YEMEN, MISSILE COLPISCE UN CARGO USA. Sono 101 i giorni di conflitto a Gaza in seguito al massacro firmato da Hamas il 7 ottobre, con 1.200 vittime e più di 300 ostaggi. 130 di loro restano nelle mani dei fondamentalisti. Ieri Hamas aveva mostrato un video con tre ostaggi che parlavano alla telecamera. Oggi si apprende che Yossi Sharabi e Itay Svirsky sono morti. Lo fa intendere in un nuovo filmato pubblicato in serata Noa Argamani, la ragazza rapita che compariva nello stesso video messo su Telegram dal gruppo terroristico. Il suo racconto non è verificabile al momento. Dentro il gabinetto di guerra è in atto uno scontro sulla strategia più utile per salvare il resto degli ostaggi. Il primo ministro Benyamin Netanyahu e il titolare della Difesa, Yoav Gallant, insistono che solo la pressione militare costringerà Hamas ad un nuovo accordo; sul fronte opposto Benny Gantz e Gadi Eisenkot, i due generali ex capi di Stato maggiore, chiedono che siano considerate “nuove idee”. Intanto oggi è stata approvata la nuova legge di bilancio per il 2024 che prevede 15 miliardi di dollari in più (+55 mld di shekel) rispetto al precedente provvedimento, per far fronte ai costi della guerra contro Hamas. I finanziamenti extra includono risorse per la Difesa e risarcimenti per coloro che sono stati colpiti dalla guerra, stanziamenti per l’assistenza sanitaria, la polizia, il welfare e l’istruzione. La violenza non è solo a Gaza: oggi due palestinesi, che sono stati arrestati, hanno compiuto un attentato a Ranana, prima falciando con l’auto alcuni passanti, poi accoltellandoli; una donna di 70 anni è morta, ci sono altri 17 feriti, due dei quali in gravi condizioni. Sangue pure in Cisgiordania, dove vicino Hebron tre palestinesi hanno perso la vita negli scontri con i soldati israeliani. Non meno tesa la situazione nella penisola arabica, ed in particolare nel Mar Rosso, dove gli Houthi, sostenuti dall’Iran – lo stesso sponsor di Hamas – dallo Yemen tengono sotto scacco il traffico commerciale. Oggi, al largo di Aden, un cargo americano è stato colpito da un missile: non ci sono stati feriti e la nave ha proseguito la rotta. Sul Fatto di domani leggerete altre notizie sulla giornata e una nuova puntata del diario da Gaza.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Walter Biot, chiesta la condanna anche dalla procura civile. La Procura di Roma ha chiesto una condanna a 18 anni di carcere per l’ufficiale della Marina Militare arrestato nel marzo del 2021 mentre cedeva documenti riservati ad un agente russo. Nei confronti di Biot il pm Gianfederica Dito contesta, tra gli altri, i reati di spionaggio e corruzione. L’ufficiale di Marina è già stato condannato a 30 anni di carcere dal tribunale militare.
14enne ucciso alla periferia di Roma, un uomo si costituisce, altri tre in fuga. Sono ancora in corso le indagini dei carabinieri per rintracciare le quattro persone a bordo dell’auto da cui sono partiti i colpi di pistola che hanno raggiunto Alexandru Ivan, il 14enne romeno ucciso nella notte tra venerdì e sabato scorsi a pochi metri dalla fermata della metro C Pantano, nel comune di Montecomprati, alla periferia della Capitale. Ieri sera in caserma si è costituito uno dei quattro, Petrov Corum, 24 anni, anche lui romeno, che è stato fermato e portato in carcere. Un altro uomo è stato identificato ed è ricercato, mentre gli altri due non sono stati ancora identificati. Secondo le ultime ipotesi, il killer sarebbe il cugino del 14enne.
Sanremo, si ricomincia! Abbiamo ascoltato le 30 canzoni in gara, sul giornale di domani vi daremo i nostri giudizi. Il Festival della canzone italiana si svolgerà quest’anno dal 6 al 10 febbraio.
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Tether, la moneta preferita dalle mafie del sud-est asiatico
di Virginia Della Sala
Nella settimana in cui l’approvazione da parte della Sec sugli Etf di bitcoin sembrava destinata a cambiare le sorti del mercato (vedremo che accadrà, nel frattempo non si segnalano grossi scossoni in borsa per le società che operano nel campo), si torna a parlare di Tether, la stablecoin più utilizzata al mondo che negli ultimi tempi ha generato enormi scossoni nel mondo cripto, a partire dal fatto che nel 2021, è stata accusata dall’autorità di regolamentazione statunitense, la Commodity Futures Trading Commission, di aver rilasciato dichiarazioni fuorvianti sul fatto di avere abbastanza dollari per sostenere la sua stablecoin e ha pagato una multa di 41 milioni di dollari senza ammettere alcuna responsabilità. A “denunciare” stavolta è un report dell’Onu, raccontato da Financial Times, secondo cui sarebbe stato uno dei principali metodi di pagamento per riciclatori di denaro e truffatori che operano nel sud-est asiatico.
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