La giustizia è materia delicata e complessa. Il metodo per governarla dovrebbe essere la ragionevolezza, non il paradosso. E invece…
Primo paradosso: il sottosegretario alla giustizia Delmastro annuncia in Parlamento ispezioni in 13 Procure, per verificare se siano state compiute violazioni della normativa che consente conferenze stampa solo in caso di rilevante interesse pubblico. In altre parole se i magistrati abbiano parlato anche quando avrebbero dovuto tacere: che guarda caso è proprio il succo di quel che la magistratura di Roma contesta a Delmastro per le notizie che questi ha passato (e non avrebbe dovuto) all’amico parlamentare Donzelli.
Secondo paradosso: il processo è liberamente interpretato sugli organi di informazione dalla parte privata, il che dovrebbe consentire, per il naturale riequilibrio delle parti, una lettura speculare ad opera della parte pubblica, anche per precisazioni e chiarimenti a protezione dei soggetti coinvolti.
Tanto più che i problemi sorgono soprattutto nel caso del difensore che abbia un committente “forte”, che tiene a veder soddisfatti i suoi interessi oltre che riconosciuti i suoi diritti; per cui richiede al difensore anche aiuto perché non sia danneggiata la sua immagine presso l’opinione pubblica.
E se questa è la realtà quotidiana, pretendere di ingessare anche con le ispezioni il rapporto dei magistrati con la stampa si risolve in un favore ai potenti a scapito dei cittadini qualunque: una giustizia asimmetrica.