Da qualche giorno Paolo Mieli, divulgatore di storia in tv e amante dei paragoni suggestivi, va ripetendo che la carneficina perpetrata da Hamas all’interno del territorio israeliano il 7 ottobre 2023 troverebbe il suo “precedente novecentesco” nella Notte dei cristalli del 9 novembre 1938 in Germania, quando i nazisti presero d’assalto case, sinagoghe e istituzioni ebraiche. E lamenta, Mieli, che, nell’approssimarsi della Giornata della Memoria (sabato prossimo), tanta parte dell’opinione pubblica non colga l’analogia e manifesti incomprensione per la perdurante sofferenza degli ebrei.
Palese dovrebbe risultare l’incongruità di un tale paragone storico: nel 1938 Hitler era al potere da 5 anni e aveva già emanato le famigerate leggi razziali di Norimberga. L’azione terroristica di Hamas, invece, è stata sferrata dall’esterno. Ricordarlo non implica affatto sottovalutarne l’atroce salto qualitativo in una guerra ormai quasi centenaria. La lotta contro l’antisemitismo non trarrà giovamento alcuno da simili boutade propagandistiche. Il fanatismo nazional-jihadista di Hamas è altra cosa, ha altre radici, dal nazifascismo europeo. Tacciare il nemico di nazismo, come fa Putin con gli ucraini e come fa Erdogan con Netanyahu, non solo è un’arma spuntata, ma banalizza la memoria della Shoah che oggi rischia di infrangersi nel fare i conti con la tragedia della guerra di Gaza.
La memoria storica è preziosa proprio in quanto è scomoda. Se prende questa china Mieli finirà per accusare di antisemitismo pure l’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, che ieri denunciava: “Vittime civili, quando è troppo è troppo. Qual è la soluzione di Israele? Cacciare la gente da Gaza? Ucciderli tutti?”. Chi ha a cuore il futuro di Israele e la sorte degli ebrei deve rifuggire la scelta suicida di una guerra prolungata in eterno contro il “nemico assoluto”.