Il Fatto di domani. Sgarbi no limits contro Report: “Mi tiro fuori l’uccello”, “Se muori sono contento”. E chiede 5 milioni di danni. Trattori, la protesta dilaga in Europa, in Italia la destra antisindacale soffia sul malcontento

29 Gennaio 2024

VITTORIO SGARBI SENZA FRENI CONTRO REPORT: “SE MUORI SONO CONTENTO…”. POI FA LA VITTIMA E CHIEDE 5 MILIONI DI RISARCIMENTO. Vittorio Sgarbi ha alzato ancora un po’ l’asticella dell’indicibile, ma a lui tutto è concesso. Perfino la minaccia di “tirarsi fuori l’uccello”, rivolta alle telecamere di Report con la mano pronta a sbottonarsi la patta dei pantaloni. Finanche la constatazione che “se tu muori in un incidente d’auto io sono contento”, rivolta ai giornalisti Emanuele Bonaccorsi e Thomas Mackinson. La loro colpa? Chiedere lumi al sottosegretario sulle grane che lo riguardano. In primo luogo, il dipinto seicentesco del Manetti che risulta rubato, ma misteriosamente riapparso a una mostra a Lucca nel 2021 come una tela di Vittorio Sgarbi. Sul dipinto sparito dal castello di Buriasco nel 2013, il critico d’arte è indagato a Macerata per riciclaggio di beni culturali. Non è l’unico guaio: a Imperia la procura indaga per l’esportazione di un quadro di Valentin De Boulogne. Ma il sottosegretario è sempre all’attacco, mai sulla difensiva: così oggi ha diffuso una nota con la richiesta di risarcimento danni da 5 milioni di euro, all’indirizzo degli “autori della finta inchiesta e la Rai”. Domani il Parlamento potrebbe votare la mozione di sfiducia all’indirizzo del sottosegretario, già discussa il 22 gennaio con l’aula di Montecitorio disertata dalle destre. Tra le firmatarie delle mozione ci sono Irene Manzi (Pd) e Elisabetta Piccolotti (Avs): entrambe “bullizzate” sui suoi canali social dal sottosegretario alla Cultura, dipinte come incompetenti e raccomandate. Buoni motivi per lasciare la poltrona, Sgarbi ne ha offerti a iosa. Sul Fatto di domani vi racconteremo tutte le balle del sottosegretario e l’ultima intemerata.


VERTICE ITALIA-AFRICA, CACCIA AL GAS: IL PIANO MATTEI E IL GREENWASHING DI GOVERNO. Al vertice Italia-Africa in un Senato blindato – neppure gli eletti si sono potuti accomodare al seggio di Palazzo Madama – finalmente Giorgia Meloni ha incontrato il vero presidente della commissione dell’Unione africana. Il finto Moussa Faki, imitato al telefono dai due comici russi, aveva convinto la premier a sbottonarsi sull’Ucraina mostrando una fede atlantica meno salda del previsto. Ma oggi al centro del dibattito c’è il Piano Mattei del governo Meloni. Servirebbe a portare energia (soprattutto il gas) nelle riserve italiane e frenare l’ondata migratoria verso le nostre coste. In cambio, Paesi africani riceverebbero aiuti per la crescita dell’economia e dell’industria. Il 10 gennaio è stato convertito in legge il decreto che istituisce la cabina di regia a palazzo Chigi: sui contenuti, fino ad oggi, buio fitto. Al vertice hanno sfilato una settantina di delegazioni, 25 capi di Stato e di governo, 11 ministri degli Esteri, i vertici dell’Unione europea (Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Charles Michel), la direttrice del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva. La premier stamane ha aperto i lavori contando i denari in cassa. Il Piano ha una dote di 5,5 miliardi in tutto: 3 arriveranno dal fondo italiano per il clima e 2,5 dal fondo per la Cooperazione allo sviluppo. Il sospetto è che i finanziamenti per l’ambiente possano trasformarsi in investimenti sulle fonti fossili. Del resto, Meloni ha già sbandierato il Piano Mattei come la via per trasformare l’Italia nell’hub europeo del gas. Meloni ha rassicurato illustrando uno dei progetti pilota, in Marocco: un centro per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili. Sul Fatto di domani, vi racconteremo i contenuti (per ora fumosi) del Piano voluto da Giorgia Meloni.


LA RIVOLTA DEI TRATTORI. AUTOSTRADE BLOCCATE IN FRANCIA, PROTESTE IN GERMANIA. IN ITALIA LA DESTRA SOFFIA SUL MALCONTENTO. Gli agricoltori francesi l’avevano promesso: da questo pomeriggio sono iniziati i blocchi stradali su alcune autostrade che portano a Parigi. Un Consiglio dei ministri urgente si è riunito all’Eliseo con il presidente Emmanuel Macron, per fare il punto della situazione; 15.000 fra poliziotti e gendarmi sono in strada per evitare il blocco di aeroporti e mercati generali. Il primo ministro Gabriel Attal ha accettato di incontrare Arnaud Rousseau, il leader del principale sindacato degli agricoltori, la Fnsea; tra le rivendicazioni, la celerità dei rimborsi in casi di disastri naturali e più fondi per i settori in crisi, come il biologico. Tensioni anche in Germania: ad Amburgo gli agricoltori hanno attuato nuove azioni di protesta contro i tagli ai sussidi; 1.500 tra trattori e veicoli agricoli hanno bloccato l’ingresso del porto. In Belgio, la Federazione dei giovani agricoltori minaccia di isolare Bruxelles tra domani e giovedì. In Italia la protesta è portata avanti dal movimento Riscatto Agricolo, che si professa autonomo, spontaneo e apolitico, in rotta con la Coldiretti. Oggi disagi sull’autostrada A1 al casello di Orte. In Calabria, sulla statale 106 in provincia di Catanzaro, un automobilista è morto per un malore, mentre la strada era bloccata. Inutile l’intervento dell’elisoccorso. Domani previste manifestazioni con i trattori in varie regioni: Lombardia, Toscana, Umbria, Lazio e Sardegna. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari su questo movimento italiano su cui soffia la destra anti sindacale – come ai tempi dei Forconi – per alimentare la rabbia di una categoria.


GUERRA A GAZA, ISRAELE: “NAZIONI UNITE, IL 10% DEI DIPENDENTI LEGATO AD HAMAS”. OSTAGGI, BOZZA DI ACCORDO: 35 RILASCIATI IN CAMBIO DI 45 GIORNI DI TREGUA. PER NETANYAHU È “INACCETTABILE”. Il conflitto nella Striscia tra Israele e Hamas è giunto al 115° giorno, in seguito al massacro del 7 ottobre compiuto dai fondamentalisti, con 1.200 morti e più di 300 ostaggi. Si cerca ancora la tregua. I colloqui di Parigi tra i negoziatori di Israele, Stati Uniti, Egitto e Qatar si sono conclusi con una bozza di accordo: il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas – circa 120 – in più fasi in cambio di detenuti palestinesi. Nella prima fase, sarebbero rilasciati 35 ostaggi per avere una tregua di 45 giorni e tra i 100 e i 25o palestinesi. Per il premier Netanyahu sono “condizioni inaccettabili”. Resta delicato il caso delle connivenze tra l’Agenzia delle Nazioni Unite che assiste i rifugiati palestinesi, e i jihadisti. Secondo un dossier dell’intelligence israeliana, il 10% dei 12mila dipendenti dell’Unrwa è legato ad Hamas o alla Jihad Islamica. A darne notizia il Wall Street Journal che ha esaminato il documento: 12 dipendenti dell’Onu sono stati già identificati come complici del massacro del 7 ottobre. Sul campo, le forze armate israeliane hanno ordinato oggi agli abitanti di diversi quartieri di Gaza City di raggiungere le “zone umanitarie” approntate a sud della Striscia. Fronte Usa-Iran: dopo l’attacco alla base Tower 22 in Giordania messo a segno dalle milizie pro Iran, che ha causato la morte di tre soldati americani e il ferimento di almeno 30 militari, il Washington Post scrive: “L’Iran ha superato la linea rossa”. Il consigliere alla sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby conferma: “Risponderemo, ma non cerchiamo una guerra con l’Iran”. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari sul conflitto che minaccia tutto il Medio oriente, ad iniziare dal raid israeliano che in Siria, a sud di Damasco, ha colpito le milizie filo iraniane di Hezbollah, con 7 morti.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Ucraina, l’Europa decide l’1 febbraio sugli aiuti a Kiev che è ancora alle prese con la corruzione. Il presidente Zelensky ha ribadito l’importanza di sbloccare i 50 miliardi di euro promessi dall’Unione Europea; il vertice è previsto l’1 febbraio. Kiev è economicamente dipendente da questi fondi. Ma l’Ucraina resta ostaggio della sua corruzione, non avendo ancora messo in pratica quelle norme che Bruxelles gli chiede per farla entrare nell’Unione. Sul Fatto di domani leggerete un focus su questo tema, che tratterà anche la posizione dell’Ungheria, non allineata ai 27.

Fascicolo in procura sul carabiniere che ha detto: “Mattarella non è il mio presidente”. I magistrati milanesi sono al lavoro e l’Arma disporrà l’immediato trasferimento dell’agente, presente al sit-in pro Palestina nel capoluogo lombardo di sabato scorso. Alla manifestante Franca Caffa, 94 anni ed ex consigliera comunale di Rifondazione comunista, il carabiniere aveva detto di non riconoscersi nell’inquilino del Quirinale. La scena è stata registrata in video dalle telecamere di Local Team. Si può ipotizzare il reato di “offesa all’onore o al prestigio del presidente della Repubblica”.

Ferragni, indagato anche il manager Fabio D’Amato. Per lo stretto collaboratore dell’influencer, l’ipotesi di reato è truffa aggravata sui casi del pandoro Balocco e delle uova pasquali. Il nome del manager compare nel provvedimento del procuratore della Cassazione sulla competenza territoriale. Gli ermellini hanno stabilito che sarà la procura di Milano a condurre le indagini, dopo che i magistrati di Cuneo avevano sollevato il conflitto di competenza.


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Il video della donna che abbandona il figlio neonato finisce sui media, no della privacy

di Virginia Della Sala

Il rischio, malgrado un cursus honorum di tutto rispetto, c’è: di venire sottovalutato, ché la storia è ordinaria, e il racconto non molto di meno. Eppure, si sbaglierebbe a (de)rubricare How to Have Sex al romanzo di formazione spiccio, il coming-of-age minuto, il piano resoconto della prima volta et similia. Battezzato a Un Certain Regard di Cannes 2023, che ha vinto, e film d’apertura dell’ultima Alice nella Città, l’esordio alla regia della londinese classe 1993 Molly Manning Walker arriva giovedì in sala con Teodora per poi approdare sul servizio streaming d’autore Mubi, e merita i vostri occhi. Sedicenni, o giù di lì, apprezzerete in tempo reale le premesse, promesse e disconferme della fatidica “migliore vacanza della nostra vita”; trentenni, o su di lì, navigherete nei ricordi, tenendo la barra dritta tra nostalgia canaglia e prevalente sollievo, alla voce “ne siamo usciti”.

(Continua)

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