Il Fatto di domani. Israele-Hamas: sei settimane di tregua per Gaza. La Rai dei partiti voluta da Renzi viola le norme Ue

Di FQ Extra
31 Gennaio 2024

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GUERRA ISRAELE-HAMAS, LA PROPOSTA PER UNA TREGUA: 6 SETTIMANE DI PAUSA PER IL RILASCIO DEGLI OSTAGGI. L’anticipazione è del Washington Post, che ha visionato un documento di 2-3 pagine; dai colloqui di Parigi tra i rappresentanti di Stati Uniti, Qatar ed Egitto, emerge una proposta per tentare un accordo tra Israele e Hamas, dopo 117 giorni di guerra. Il piano prevede una pausa di sei settimane dai combattimenti in cambio della liberazione di tutti gli ostaggi civili nelle mani di Hamas. Israele avrebbe accettato in linea di principio, i fondamentalisti islamici si sono riservati di decidere anche se più volte hanno ribadito che per loro il rilascio degli ostaggi – il loro bottino, assieme a 1.200 morti causati nel massacro del 7 ottobre – è legato al ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia. La proposta prevede anche la liberazione di palestinesi detenuti da Israele, con una proporzione di 3 per ogni ostaggio, come era avvenuto lo scorso novembre e un riposizionamento temporaneo delle truppe israeliane lontano dalle aree popolate di Gaza; infine, un aumento significativo degli aiuti umanitari. Nel documento, secondo il giornale americano, si configurano pure pause dai combattimenti superiori alle sei settimane durante le quali i prigionieri militari israeliani e i corpi degli ostaggi morti in prigionia verrebbero restituiti, nella speranza di giungere poi a un cessate il fuoco permanente. Secondo lo Stato ebraico, su più di 300 ostaggi presi da Hamas il 7 ottobre, ci sono 109 persone da liberare, tra cui anziani e bambini, oltre ai corpi di 27 vittime che Israele rivuole portare in patria. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari su questa fase della crisi in Medio Oriente.


NON SOLO ILARIA SALIS: MELONI-ORBAN, DIPLOMAZIA IN CORSO. I DOLORI DI ELLY, NEL MIRINO DI CATTOLICI E GIORNALONI. Ieri Giorgia Meloni ha parlato al telefono con il premier ungherese Viktor Orban, non solo per discutere della detenzione a Budapest di Ilaria Salis. I due avrebbero affrontato anche lo spinoso tema dei 50 miliardi per sostenere Kiev. Il leader magiaro ha intenzione di porre il veto al consiglio europeo di domani a Bruxelles. E tira dritto di fronte alle possibili ritorsioni dell’Ue. Per convincere Orbán si agitano due spauracchi: da un lato, la minaccia di congelare tutti i miliardi europei destinati a Budapest; dall’altro, la soluzione estrema di togliere il diritto di voto all’Ungheria per violazione delle regole comunitarie. Una via impervia consentita dall’articolo 7 del Trattato dell’Ue, ma i dubbi sono molti. Sulla questione Ucraina, Giorgia Meloni vuole ritagliarsi un ruolo da mediatrice tra l’Europa e Budapest. Oltretutto, in vista del voto europeo di Giugno, la premier vuole convincere Orbán ad entrare nel gruppo dei conservatori a braccetto con FdI. Non è detto che il Carroccio apprezzi. Anche su Ilaria Salis Meloni e Salvini divergono. La prima tace con i media e tratta nel silenzio. Il secondo ha sparato a zero sulla detenuta: “Qualora fosse ritenuta colpevole, atti di violenza imputabili a un’insegnante elementare sarebbero assolutamente gravi”. Sul Fatto di domani vi racconteremo la diplomazia di Meloni con Orbán, ma anche i dolori di Elly Schlein. La segretaria dem è finita nel mirino dei giornaloni e delle grandi firme, mentre i cattolici e i moderati nel partito tentano di impallinarla sin dalla vittoria alle primarie.


RIFORMARE LA RAI LOTTIZZATA: I PARTITI ALLA PROVA DELLA LEGGE EUROPEA SUI MEDIA. “La governance della Rai non è in linea con i principi del Media Freedom Act. È una questione che l’Italia deve affrontare, per capire come può avere un sistema di governance in linea con questa importante normativa europea”. Il giudizio così netto viene dal direttore generale dell’European Broadcasting Union, Noel Curran, che oggi è stato ascoltato dalla Commissione di Vigilanza Rai. Il punto è la legge Renzi del 2015, che ha reintrodotto il controllo governativo sull’emittente pubblica. E che il nuovo regolamento europeo potesse aiutare a cacciare i partiti da Viale Mazzini lo avevamo già notato sul Fatto di qualche mese fa. Il M5S è partito all’attacco, che parla della necessità di una riforma, da realizzare, dice la consigliera grillina Barbara Floridia, attraverso degli “Stati generali con tutte le forze politiche”. Su questo punto il 5S ha preso le distanze dal Pd, che ha organizzato un sit-in contro la lottizzazione il 7 febbraio ma che è accusato di aver ampiamente approfittato della lottizzazione finora. L’alleanza Verdi-Sinistra ha fatto sapere che parteciperà alla manifestazione dei dem, ma ha scritto alle altre opposizioni per chiedere di unirsi in un’iniziativa di riforma comune. Gli approcci però sono molto distanti. E dentro al Pd questo è un ulteriore tema usato dalla corrente dei moderati per la battaglia intestina contro Elly Schlein. Sul Fatto di domani vedremo come stanno le cose.


EX ILVA, IL GOVERNO VARA DECRETO CHE TUTELA I CREDITORI E IL GRUPPO FA RICORSO CONTRO IL COMMISSARIAMENTO. Il braccio di ferro tra governo e AcelorMittal è arrivato alla fase finale: da una parte l’esecutivo vara un decreto per tutelare i creditori dell’ex Ilva (che ha debiti per 3 miliardi) con una serie di fondi da cui attingere e garanzie statali, oltre alla cassa integrazione per i lavoratori delle imprese dell’indotto. Tradotto: i debiti del colosso dell’acciaio sono a carico nostro. Dall’altra parte della barricata il gruppo Mittal ha presentato ricorso contro il commissariamento voluto da Meloni & C. al tribunale di Milano, chiedendo di “inibire Invitalia dal richiedere al ministero l’emissione del provvedimento di apertura dell’amministrazione straordinaria”. In mezzo c’è l’agonia di un’impresa, il futuro opaco per i lavoratori e le ripercussioni sul tarantino. Sul Fatto di domani vi daremo conto di questi due aspetti dell’intricata vicenda. Per la Fiom, il decreto approvato oggi “non scongiura i licenziamenti, non introduce l’ammortizzatore sociale unico in grado di garantire la continuità occupazionale e l’integrazione salariale per i lavoratori, ma soprattutto non prevede la continuità produttiva degli stabilimenti ex Ilva e delle aziende dell’indotto. L’unica cosa che si sta definendo velocemente è il contenzioso tra socio privato e socio pubblico, e non la salvaguardia degli impianti, dell’occupazione e dell’ambiente”.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Lotta all’evasione, il vice ministro delle Finanza Maurizio Leo (FdI): “Come il terrorismo”. Lega infuriata. Il meloniano, in audizione alla Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria, ha invitato a rafforzare i controlli fiscali usando i dati aperti, come i social network, per verificare il tenore di vita dei contribuenti. Ma il Carroccio è sceso in trincea rispolverando il pericolo del grande fratello: “Persecuzione orwelliana”.

Uccise bimbo col Suv, 4 anni e 4 mesi per lo youtuber Matteo Di Pietro. Grazie al patteggiamento e alle attenuanti generiche, l’imputato ottiene uno sconto della pena per omicidio stradale. Il 14 giugno scorso a Roma (zona Casal palocco) un bambino di 5 anni ha perso la vita a bordo di una Smart, travolto da una Lamborghini. Al volante c’era Matteo Di Pietro, del collettivo online Theborderline.

Missione Ue nel Mar Rosso, Borrell. “Operativa il 19 febbraio”. “Puntiamo a rendere operativa questa missione già la mattina del 19 febbraio”. Lo ha detto l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell al termine della riunione a Bruxelles dei ministri della Difesa; è stata discussa la crisi del Mar Rosso, determinata dai raid degli Houthi, la milizia dello Yemen sostenuta dall’Iran, che da settimane prende di mira con razzi e abbordaggi i cargo occidentali. Borrell ha dichiarato che “la nostra missione nel Mar Rosso è diversa da quella anglo-americana, anche se l’obiettivo è lo stesso. Avremo solo un ruolo difensivo di protezione delle navi”. Sulla missione dell’Unione europea, la Spagna ha ribadito che non parteciperà, ma non voterà contro.


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