È stato pubblicato qualche giorno fa lo studio scientifico di un importante gruppo di ricercatori europei, fra i quali l’italiano Francesco Forastiere, direttore della Rivista Epidemiologia e Prevenzione, che mostra le conseguenze sulla salute delle persone che avrebbe il rinvio dei nuovi obiettivi di qualità dell’aria dell’Ue – attualmente in discussione in Europa nell’ambito del trilogo sulla negoziazione della nuova Direttiva sulla qualità dell’aria.
Lo studio stima in quasi 330.000 le vite umane che sarebbero sacrificate in Europa dal rinvio di 10 anni dell’adempimento ai nuovi limiti sulla qualità dell’aria e dettaglia il costo umano per ciascun paese Ue nel quale le concentrazioni medie di PM 2.5 oggi superano i 10 μg/m3: un terzo circa della mortalità aggiuntiva si verificherebbe in Italia.
Il Piano d’azione Zero Pollution 2021 della Commissione europea impegna l’Ue a modificare l’obsoleta direttiva sulla qualità dell’aria del 2008, strumento giuridico cruciale nella regolamentazione dell’inquinamento atmosferico negli Stati membri dell’Ue, sottolineando la necessità che la legislazione dell’Ue si allinei agli studi scientifici e alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Questo, considerando che gli attuali limiti agli inquinanti dell’aria come il particolato (PM2,5) e il biossido di azoto (NO2) sono lontani da quelli indicati dalle linee guida dell’Oms del 2021. La revisione della Direttiva, come proposta dalla Commissione Europea nell’ottobre 2022, prevede valori limite di qualità dell’aria per PM2,5 e NO2 da raggiungere entro il 2030 addirittura doppi di quelli indicati dalle linee guida dell’Oms: una proposta che non è all’altezza delle raccomandazioni dell’Oms.
Nel settembre 2023, il Parlamento europeo ha poi votato per l’allineamento alle linee guida dell’Oms entro il 2035, ma il Consiglio – formato dai rappresentanti degli Stati Membri – osteggia tale indicazione proponendo inoltre deroghe ampie e poco chiare e, dunque, tali da ostacolare l’effettività del diritto a respirare l’aria pulita. I meccanismi ipotizzati (fra questi Pil inferiore alla media dell’Ue o particolari condizioni orografiche) consentirebbero agli Stati membri di ritardare il raggiungimento dei limiti addirittura al 2040: questo porterebbe alla consacrazione di un’idea di Europa a più velocità, con cittadini di seconda categoria, destinati a vedere compromesso il loro diritto alla salute.
In questa situazione, l’Italia ha sin dall’inizio osteggiato il testo della Direttiva formulato dal Parlamento, prediligendo, ancora una volta, compromessi politici che ostacolano la soluzione del grave problema dell’inquinamento dell’aria nel nostro Paese, mettendo a rischio la salute pubblica e l’ambiente: il rinvio al 2040 comporterebbe infatti la morte prematura di oltre 100.000 persone, come se una città come Piacenza o Novara o Ancona sparisse.
Il governo italiano, e in special modo le Regioni della Pianura Padana, stanno supportando una visione delle politiche che mette a rischio la vita dei propri cittadini, ancorandosi a motivazioni deboli e fuorvianti. Sono proprio le persone più vulnerabili – da un punto di vista sanitario, sociale ed economico, oltre ai bambini e agli anziani – a risentire degli effetti di una proroga al 2040 dell’attuazione dei limiti. Se si considera che, già solo dall’inizio del 2024, in diverse città italiane e per molti giorni – prime fra tutte Milano e Torino – sono stati superati i limiti giornalieri indicati dall’Oms, è evidente come la tutela della salute sia messa a repentaglio.
Le associazioni si appellano al senso di responsabilità delle istituzioni del nostro Paese affinché la posizione italiana nell’ambito dell’attuale negoziazione europea sia ridefinita garantendo il diritto costituzionalmente sancito alla tutela della salute umana. “L’Italia sarà il Paese più colpito da questo ritardo e si pone al livello dei paesi dell’Est Europa che hanno sicuramente meno mezzi a disposizione per affrontare il problema. L’andamento dell’inquinamento nella pianura padana richiederebbe ben altre decisioni per essere invertito e le azioni condotte finora sono chiaramente insufficienti”, afferma Roberto Mezzalama, presidente del Comitato Torino Respira.
“Ogni proroga significa aumentare i rischi per la salute pubblica, causare sofferenza, aumento delle malattie, morti premature e costi per l’assistenza. È un momento delicato in cui le implicazioni del ritardo vanno valutate con attenzione e con responsabilità. Occorre cercare soluzioni tempestive per garantire un ambiente più sicuro e salutare per tutti”, spiega Francesco Forastiere, direttore della rivista Epidemiologia e Prevenzione.
“L’attuale posizione dell’Italia è irresponsabile non solo per la richiesta di un rinvio che condanna a morte oltre centomila cittadini italiani ma, soprattutto, in quanto il rinvio richiesto – piegando per l’ennesima volta alla volontà politica il rispetto dell’evidenza scientifica e il diritto alla salute – ha il mero scopo di legittimare l’assoluta inazione che ormai da decenni caratterizza le politiche dell’aria in Italia dove, non solo non si fanno le cose che servono, ma assistiamo quotidianamente alla messa in campo di azioni gravemente controproducenti per sostenere interessi elettorali e/o piccole e grandi lobby a spese della salute dei cittadini” sottolinea Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria onlus.
“I governi nazionali che stanno investendo tutti i loro sforzi per garantire il loro diritto a inquinare per altri 10 anni dovrebbero essere trasparenti al riguardo, in modo che le loro scelte siano chiare e i cittadini possano esserne consapevoli e valutarle. Rinviare di 10 anni, dal 2030 al 2040, il raggiungimento dei nuovi standard di qualità dell’aria, come richiesto da alcuni Paesi chiave in seno al Consiglio, è inaccettabile. Questo studio mostra quante morti premature questo ritardo causerà in alcuni paesi dell’Ue. Anche le implicazioni finanziarie sono rilevanti, poiché dobbiamo tenere presente che il costo dell’inazione è molto più elevato del costo dell’azione per ridurre l’inquinamento atmosferico” dichiara Margherita Tolotto, Policy Manager Aria e Rumore, European Environmental Bureau (Ufficio Europeo per l’Ambiente).