Lo staff del rapper di “Casa mia”: “L’intervista prevista sabato non è uscita”
Su Sanremo è calato il sipario, ma sulle polemiche no. È stato anche ieri il caso del giorno. “Stop al genocidio”, l’appello di Ghali dal palco dell’Ariston alla fine della sua esibizione, lo hanno visto e sentito milioni di persone. E lo stesso vale per la lettura del comunicato “riparatorio” dell’ad Rai, Roberto Sergio, fatta […]
Su Sanremo è calato il sipario, ma sulle polemiche no. È stato anche ieri il caso del giorno. “Stop al genocidio”, l’appello di Ghali dal palco dell’Ariston alla fine della sua esibizione, lo hanno visto e sentito milioni di persone. E lo stesso vale per la lettura del comunicato “riparatorio” dell’ad Rai, Roberto Sergio, fatta da Mara Venier domenica scorsa per “correggere” le esternazioni del rapper milanese e di un altro artista, Dargen D’Amico. Ma Ghali è stato al centro di un altro caso: un mistero che si è consumato venerdì scorso, dopo le 23, a Festival ancora in corso, ma a Roma. Ai piani alti del palazzo a vetri di Repubblica, diretta da Maurizio Molinari.
Sono le ore della chiusura del giornale, in via Cristoforo Colombo. È in pagina un’intervista a Ghali. Ed è proprio a sera tarda che l’intervista esce dal giornale, per ordine della direzione del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Perché? Perché il messaggio – una sorta di esortazione alla pace – non conteneva riferimenti (e condanne) alla strage del 7 ottobre, e dunque ad Hamas.
Il giallo sanremese ha iniziato a farsi largo tra la sala stampa dell’Ariston già nel fine settimana: che fine ha fatto l’intervista a Ghali? Insomma, lui l’ha rilasciata. Il suo entourage, contattato dal Fatto, ha precisato: “Sapevamo che l’intervista sarebbe uscita il sabato, ma poi non è successo”. E l’artista è all’oscuro di tutto. Un’intervista come tante in quei giorni ai diversi artisti di Sanremo: ci si confronta sulle canzoni in gara, sul testo, sulle polemiche che, in questo caso, erano state sollevate dalla Comunità ebraica di Milano che aveva accusato il rapper di “propaganda anti-israeliana”, per il riferimento nel suo brano Casa mia ai “bombardamenti sugli ospedali per un pezzo di terra”.
Il sabato su Repubblica l’intervista in pagina non c’è. E, secondo lo staff, l’artista viene ricontattato dalla redazione con la richiesta di aggiungere una domanda, sugli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Richiesta che Ghali – o il suo staff – ha respinto. Anche perché l’intervista concordata era su Sanremo.
Per inquadrare bene il mistero bisogna ricordare i fatti. Ghali scrive la canzone che porta al Festival, Casa mia, prima del 7 ottobre. Si esibisce martedì 6 febbraio e il giorno dopo iniziano le polemiche: per il presidente della comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi, Ghali “ha ferito molti spettatori, a differenza sua non possiamo dimenticare che questa terribile guerra è il prodotto di quanto successo il 7 ottobre”; il rapper milanese risponde su Instagram: “Ho portato un messaggio di pace al Festival, se la mia canzone fa luce su quello che si finge di non vedere, allora ben venga”. A quel punto, è venerdì, Ghali rilascia l’intervista mai pubblicata a Repubblica. Lui dal palco, la sera stessa, dice: “Stop al genocidio”. E via, altre polemiche.
La vicenda si inserisce nel (nuovo) corso che Molinari ha impresso a Repubblica da quando la dirige. Una direzione che è stata duramente criticata anche dal Comitato di redazione del quotidiano a inizio gennaio: “Siamo come una nave che affonda, abbiamo perso la nostra identità e i lettori non ci riconoscono più”. Dopo l’affaire Zerocalcare, quando Francesco Merlo aveva scritto che il fumettista “somiglia ad Hamas” solo per aver rinunciato a partecipare al Lucca Comics, ora il caso Ghali. Un caso che una volta, perlomeno nella vecchia Repubblica, qualcuno avrebbe chiamato con una parola semplice ma chiara: “Censura”.
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